L’aspettativa culturale verso le donne è quella di avere un corpo “conforme”. Qual è la condizione di un corpo che soffre di endometriosi, oppure, come si sente una persona in transizione rispetto al suo ciclo mestruale? Molti stereotipi sul corpo femminile vengono continuamente alimentati a discapito del concetto di inclusività, creando gerarchie di corpi più belli o più “normali”. Il progetto editoriale Dàme (edito da Frabs’ Magazines) rivendica i diritti dei corpi e lo fa dentro e fuori le pagine come fosse una community, raccoglie storie di donne che passano dalla carta stampata alle scuole, con l’obiettivo di supportare chi vive un disagio sociale o psicologico con il proprio corpo.
Sara Augugliario, fondatrice ed Editor-in-Chief di Dàme, è nata a Gualtieri (Reggio Emilia), vive a Milano lavora come freelance media relations account. Si è laureata presso la London College of Fashion – University of the Arts London in Fashion Journalism, portando come progetto di laurea proprio Dàme e una tesi sui filtri AR di Instagram. Ecco come racconta ad Alley Oop il concept del magazine e il suo rapporto con le storie che ha scelto per i primi due numeri.
Dàme è il tuo strumento per raccontare, confortare, e spalancare le porte dell’inclusività. Contiene storie intervallate da fotografie e illustrazioni sperimentali e impattanti. Raccontaci i suoi obiettivi principali.
Con il mio magazine Dàme voglio stimolare un dibattito sulla consapevolezza, la normalizzazione e l’accettazione di sé partendo proprio dal corpo delle donne. Veicoliamo il messaggio che ogni corpo ha un valore indipendente dal suo essere abile, disabile, nero, bianco, dal genere o dall’orientamento sessuale. Io ho un corpo conforme, questo porta le persone spesso a non voler considerare la tua opinione, perché risulti nello “standard” ma non è questo il parametro per comprendere un corpo. Ecco, attraverso le storie di Dàme voglio far capire che nessuno è solo, il nostro corpo possiede un’identità e dei diritti.
Ad oggi hai pubblicato due numeri, entrambi annuali, usando come cavallo di battaglia una parte del corpo. Nel primo numero il protagonista è la pancia.
Abbiamo scelto la pancia perché è il simbolo dello stereotipo della donna che deve avere la pancia piatta. La pancia in copertina è una pancia con dei rotoli, non è la tipica pancia che vedi rappresentata su qualsiasi mezzo di comunicazione. Siamo partiti da qui anche perché, nei secoli, la pancia è sempre stata associata alla procreazione e alla maternità, ma è invece molto più ricca di rimandi. Tra i miei articoli preferiti ci sono quelli sul ciclo mestruale.
Dàme raccoglie storie dei corpi che includono artiste, fotografe, modelle, e molto altro. A proposito del ciclo mestruale e dei tuoi articoli preferiti, raccontaci qualche brief accattivante.
Ti posso citare Kimbra Audrey, ex modella e fotografa, che ha proprio aspettato di avere il ciclo per scattarsi le foto, rappresentandolo in maniera realistica e cruda. Lei soffre di endometriosi, esprime come il ciclo sia legato anche alla salute mentale. Dice: “Io per anni ho fatto fatica ad accettare che il mio corpo avesse bisogno di riposo”. È una cosa che tutte facciamo fatica ad accettare in quel momento. E ancora l’articolo “Periods aren’t just a female issues”, dove raccogliamo il vissuto di persone trans e non binarie che ho intervistato personalmente. Ho parlato con una persona in transizione che soffre quando ha il ciclo, perché avendo l’obiettivo di diventare un ragazzo prova una disforia di genere fortissima, come se io mi sentissi un uomo ma ogni mese il mio corpo mi ricordasse che sono nata donna.
E per quanto riguarda la maternità?
L’artista Andi Gáldi Vinkó ha contribuito con un racconto dal titolo molto particolare: “Sorry I Gave Birth I disappeared But Now I Am Back”. C’è sempre questa pressione sociale di scegliere tra carriera e maternità, o voler far sembrare quest’ultima più “glamour” di come sia realmente. Dal primo paragrafo: “Quando mi sono accorta di essere incinta, non avevo idea di cosa mi aspettasse. Di quanto sarei stata onnipotente e vulnerabile allo stesso tempo. Quanto disordinata e cruda, quanto imprevedibile e fuori controllo fosse la maternità rispetto alle immagini che avevo in mente da film, foto, dipinti fatti da uomini”.
Dàme esce fuori dalle logiche di marketing, non risponde a un filtro mediatico e non è soggetto a censura. Lo consideri un vademecum per creare un nuovo tipo di comunicazione online verso le donne?
Il magazine è una lettura lenta che devi assaporare, capire, che deve darti spunti di riflessione. Anche per questo usciamo una volta all’anno, perché è proprio un prodotto corposo che racchiude testimonianze e temi delicati in continuo divenire. Infatti nel secondo numero abbiamo introdotto lo schwa.
A proposito del secondo volume, hai collaborato con l’associazione Adam (Associazione Disturbi Alimentari Mestre) affrontando la parte del corpo “gambe”.
Le gambe sono il simbolo del nostro costante cambiamento e metafora di cammino, oltre che la parte del corpo richiamata nella figura di “donna che apre le gambe per raggiungere successi lavorativi”. Abbiamo collaborato con Adam perché Rossella Oliva, presidente dell’associazione e psicoterapeuta, è entrata in contatto con noi dicendo che aveva usato il primo numero in terapia con alcune sue pazienti. Abbiamo deciso di lavorare insieme anche per dare il messaggio che Dàme riconosce la necessità di professionisti per trattare temi come i disturbi alimentari. Con ADAM lanciamo uno strumento concreto: all’inizio del numero c’è un lungo articolo dove Rossella ha inserito tre storie di sue pazienti riprendendo i suoi appunti, raccontando i loro vissuti. Queste tre ragazze hanno diagnosi e corpi diversi, ma hanno vissuti simili e partono da un senso di inadeguatezza con il proprio corpo. Non ci sono foto delle donne, ma schizzi fatti da loro.
Su Instagram hai ricondiviso diverse stories che ti ritraggono nelle scuole insieme al magazine. Dàme è anche una community oltre che una rivista? Sei riuscita a creare un contatto con le tue lettrici al di là della carta stampata?
Dàme non è solo una lettura ma vuole essere una community. Da gennaio 2023, Dàme ha parlato di body positive, empowerment e leadership femminili presso la Libreria Verso di Milano, l’Iiss Carlo Maria Carafa di Mazzarino e la scuola di politica per giovani donne Prime Minister di Favara. Ritrovarmi davanti a ragazze giovanissime imbarazzate e desiderose di raccontare il rapporto con il proprio corpo è stata un’esperienza importante e formativa. Il magazine ha partecipato al Flod a Guastalla (RE) e al Mag to Mag a Bologna, e parteciperà a Indiecon Independent Publishing Festival 2023 a settembre ad Amburgo.
Il terzo numero sarà sui capelli, l’open call è aperta fino al 10 giugno per tutte le persone che vogliono proporre il loro contributo.
Il secondo numero di Dàme è disponibile a questo link.
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