Giustizia, in un libro il lungo cammino delle magistrate

Si intitola “Magistrate, finalmente” l’ultimo libro di Eliana Di Caro edito da Il Mulino. Il volume della giornalista del Sole 24 Ore, autrice meno di due anni fa di “Le madri della Costituzione”, ha il pregio di risultare – ancora una volta – un luogo dove trattenere memoria.

In circa 170 pagine Di Caro fissa le vite di quelle che furono le prime giudici del nostro Paese. Siamo nel 1963 e a vincere un concorso che non era mai stato aperto se non agli uomini sono Graziana Calcagno, Emilia Capelli, Raffaella d’Antonio, Giulia De Marco, Letizia De Martino, Annunziata Izzo, Ada Lepore, Gabriella Luccioli.

Il volume dedica tutta la prima parte a una premessa che si dipana come attraversando lo spazio e il tempo, e traccia il lungo cammino delle magistrate d’Italia. L’idea, per la stessa ammissione dell’autrice, viene proprio dagli studi sull’Assemblea Costituente, dove il nodo dell’accesso delle donne alla carriera giudiziaria appare irrisolvibile. Fra le righe si intravedono l’ignoranza e il pregiudizio, il grumo di preconcetti e stereotipi contro cui devono scontrarsi le protagoniste dell’elaborazione della nostra Carta Costituzionale.

A cominciare da Lina Merlin. A lei, rimasta nella memoria per la legge che ha messo al bando le case chiuse e lo sfruttamento della prostituzione, dobbiamo l’art. 3 della Costituzione nella formulazione che vieta le discriminazioni a partire proprio dalle distinzioni di sesso. La senatrice socialista, come le esponenti comuniste. Teresa Mattei e Maria Maddalena Rossi spingono perché si metta nero su bianco che “le donne hanno diritto di accesso a tutti gli ordini e gradi della Magistratura”.

Vi si oppongono gli argomenti feroci di chi resiste. Al tavolo, posizioni che paiono inconciliabili. Si guardi alle parole dell’avvocato Bruno Villabruna, dell’Unione democratica nazionale, per avere un’idea precisa. Secondo colui che poi diventerà segretario del Partito liberale, il giorno in cui si affidasse l’amministrazione della giustizia a un corpo giudiziario misto si porterebbe nel “sacro tempio” “un elemento in più di confusione, di dissonanza, di contrasto”, si creerebbe, addirittura, una giustizia bilingue” in grado di parlare linguaggi diversi. “Se tutto questo possa giovare al prestigio, alla serietà della giustizia, alla certezza nell’applicazione della legge, lo lascio giudicare a voi”, conclude. Questa è la considerazione di cui godono le donne nell’immediato dopoguerra, anche ai più alti livelli dello Stato. 

Il libro racconta l’Italia: quella degli uomini certamente, segnata dall’arroganza di chi sa che tutto gli è concesso e non intende cedere di un passo il privilegio che nasce semplicemente dall’essere maschio. Ma racconta allo stesso modo quella delle donne e delle battaglie che percorrono come corrente elettrica il nostro mondo, per incendiarlo e farlo brillare.

A metà degli anni Sessanta e soprattutto dopo gli anni Settanta, nulla sarà più come prima. Il cambiamento avviene con una gradualità che è lentezza. Arrivano lo Statuto dei lavoratori, la riforma del diritto di famiglia che pone le basi per la parità tra i coniugi, la legge sull’aborto e quella sul divorzio. Ma resta molto ancora da fare. Il delitto d’onore sarà cancellato solo nel 1981, lo stupro riconoscerà nella donna la vittima solo nel 1996. E per i ruoli apicali, per le posizioni di prestigio e di potere, non è ancora finita.

Nel 1987 però le vincitrici di quel concorso in magistratura – precluso fino al 1963 – saranno per la prima volta ben più numerose dei colleghi uomini. È il sorpasso che spariglia, il segno della distanza che anno dopo anno si andrà accorciando.

La seconda parte del volume è dedicata tutta a loro, alle magistrate e alle loro vite. Le disegna com’erano: assolute protagoniste di una lotta che fu di poche, ma che in realtà apparteneva a ognuna di noi. Ritratti come camei, fotografie in bianco e nero destinate a colorare l’esistenza di tutte, per tutti gli anni a venire.

Graziana e le altre si muovono tra le pagine e ci accorgiamo che sono scorci di una storia d’Italia troppo poco conosciuta. A loro dobbiamo molto. Se oggi – ci chiamiamo Laura, Adriana o Monica, o con qualsiasi altro nome – entriamo a palazzo di giustizia e sediamo su quegli scranni da protagoniste, è merito dell’impegno e della lucidità di quelle donne. Sappiamo, tuttavia, di dovere – ancora – dimostrare un po’ di più.

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Titolo: “Magistrate, finalmente”
Autrice: Eliana Di Caro
Editore: Il Mulino, 2023
Prezzo: 15 euro

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