Quante delle nostre scelte ogni giorno sono condizionate da stereotipi di genere? E’ una domanda a cui è molto difficile dare una risposta dal momento che quello che in cui crediamo è il risultato di un’insieme di stimoli, esperienze, letture, pensieri che si intrecciano fino a rendere impossibile dipanarne la matassa. Anche chi quotidianamente lavora sugli stereotipi, la diversità, l’incluione, non si può dire immune da pensieri automatici, associazioni d’idee, narrazioni che nascono dall’inconscio.
Così a casa, nello studio, nel lavoro e nel tempo libero donne e uomini sono ancora limitati nelle proprie scelte e azioni da una cultura condizionata da stereotipi di genere (fra le altre cose), che continuano a pesare sulle scelte familiari e individuali anche tra le nuove generazioni. Questo il quadro emerso dalla seconda edizione dell’’Osservatorio “Genere e Stereotipi” promosso da Henkel Italia in collaborazione con Eumetra.
Scuola: è davvero una questione di genere?
La scelta del percorso di studi dipende in alcuni casi dal genere. Secondo la ricerca 2024, infatti, è popolare l’idea che almeno uno tra gli indirizzi di istruzione superiore abbia una connotazione di genere: lo dice il 52% delle donne e il 64% degli uomini. Lo stesso vale per le facoltà universitarie (lo pensa il 30% delle donne e il 46% degli uomini).
Questa forte connotazione di genere è motivata dalla convinzione che maschi e femmine abbiano predisposizioni diverse (lo pensa il 53% degli uomini, il 52% delle donne, il 45% dei ragazzi GenZ e il 38% delle ragazze GenZ), capacità pratiche diverse (43% degli uomini, 33% delle donne, 42% dei ragazzi GenZ, 32% delle ragazze GenZ) e capacità cognitive diverse (27% degli uomini, 26% delle donne, 33% dei ragazzi GenZ, 25% delle ragazze GenZ).
Persiste così l’idea che materie scientifiche, tecnologiche o pratiche siano più indicate per i maschi, mentre le materie umanistiche e quelle dedicate alla cura della persona sono per natura più affini alle donne.
Lavoro: la donna dà priorità alla famiglia anziché alla carriera
Il 62% della popolazione femminile crede che esistano lavori per uomini e lavori per donne, un’affermazione a cui si unisce anche il 74% degli uomini. Il dato più significativo nell’ambito lavorativo riguarda quello salariale: il 56% delle donne ritiene infatti di avere una retribuzione bassa rispetto ai colleghi uomini e solo il 38% delle donne pensa di ricevere uno stipendio equo. Una fotografia della società di oggi che sottolinea le difficoltà delle donne a emergere in contesti di lavoro, a fronte anche degli ostacoli dati dalla conciliazione vita-lavoro che si ripercuote soprattutto su di loro: il 33% della popolazione femminile dichiara infatti di aver dato priorità alla famiglia anziché alla carriera.
Come confermano i dati Eurostat, in Italia, il tasso di occupazione delle donne di età compresa tra i 20 e i 64 anni è pari al 55% (IV trimestre 2022), il più basso tra gli stati dell’Unione Europea (la cui media è del 69,3%), e una donna su 5 esce dal mercato del lavoro a seguito della maternità. Allo stesso tempo però, emerge una diversità di percezione tra uomini e donne: secondo l’Osservatorio anche i maschi affermano infatti di aver fatto delle rinunce per favorire la famiglia (25%), ma solo il 5% è rimasto a casa.
Famiglia: i ruoli in casa ancora definiti in base al genere
Anche nella seconda edizione, la ricerca ha evidenziato quanto i mestieri e le incombenze domestiche siano ancora soprattutto compito delle donne. Infatti, pur con alcuni lievi miglioramenti, le donne continuano a sostenere il peso maggiore dei lavori domestici e della cura della famiglia, mentre nelle questioni finanziarie ed economiche a guidare le scelte è ancora l’uomo. Il diverso peso nella gestione delle attività in casa è motivato dal differente contributo al reddito famigliare, con il 18% degli intervistati che ritiene che chi guadagna di più, ovvero l’uomo nel 64% dei casi, influenzi le decisioni economiche della famiglia. Da questa tendenza si dissocia l’80% della GenZ, che crede che ci si debba occupare delle necessità familiari in maniera paritaria.
Gli stereotipi di genere influenzano anche l’educazione dei figli, con i padri che tendono a adottare una mentalità più rigida rispetto alle madri. Il 47% dei papà è condizionato nelle scelte dei giocattoli per i propri figli, contro il 62% delle mamme che ritiene che i giocattoli non abbiano genere; tuttavia, il 68% degli uomini ritiene necessario impegnarsi perché tutte le attività di casa siano insegnate ai figli a prescindere dal genere, un dato che sale al 100% considerando i rispondenti della GenZ. Sebbene i genitori ritengano di essere equi nelle decisioni con i figli, le ragazze rivendicano una minore libertà rispetto ai fratelli, rinunciando spesso a chiedere: il 64% dei maschi riceve la paghetta, ha ricevuto l’opportunità dai genitori di studiare all’estero (64%) e può uscire senza coprifuoco (74%), mentre solo il 53% delle femmine riceve la paghetta, il 66% non ha mai affrontato il tema di studiare fuori e solo il 57% può uscire senza coprifuoco.
Sport e tempo libero: soprattutto per gli uomini
Sono soprattutto gli uomini a delineare precisi confini laddove si tratta di sport: il 63% degli uomini ritiene che il calcio sia uno sport maschile, contro il 76% delle donne che ritiene sia una disciplina adatta a tutti. Allo stesso modo, il 64% degli uomini etichetta la danza come femminile, ma l’83% delle donne la vede diversamente. Sebbene la scelta sportiva sia principalmente guidata dall’inclinazione individuale, l’indagine ha rivelato che il 18% della Generazione Z sceglie lo sport in base al proprio genere, con il 17% dei ragazzi e il 14% delle ragazze influenzato rispettivamente dalle scelte degli amici maschi o femmine.
L’indagine Eumetra
Dal 2022 l’indagine analizza i diversi ruoli nell’organizzazione e nella cura della famiglia su un campione rappresentativo della popolazione italiana, composto da 2.000 individui tra i 18 e i 55 anni appartenenti alla community dell’online magazine DonnaD, Amica Fidata. La seconda stagione ha visto un aggiornamento dei dati su un campione comparabile e, in aggiunta, ha previsto un approfondimento sul condizionamento degli stereotipi di genere nelle scelte di studio, lavoro, sport e tempo libero, intervistando 1.000 individui reclutati mediante Online Access Panel, con 100 casi tra i 15 e 25 anni rappresentativi della GenZ.
«L’Osservatorio Henkel mette in evidenza una realtà preoccupante, ma forse più radicata di quanto ci aspettassimo: la persistenza di disuguaglianze di genere continua a limitare l’espressione delle potenzialità di uomini e donne, anche tra le nuove generazioni, e di conseguenza le loro opportunità» osserva dichiara Mara Panajia, presidente e ceo Henkel Italia, che prosegue: «In Henkel adottiamo approcci inclusivi nei processi di assunzione, garantendo pari opportunità sia per candidati che per le candidate, supportiamo percorsi di mentorship e sponsorship per assicurare visibilità e riconoscimento equo per tutti, investiamo nel talento delle persone. Inoltre, abbiamo superato il concetto di maternità per lavorare su una più ampia base di genitorialità affinché la cura dei figli non sia solo un tema femminile ma riguardi la famiglia. A questo proposito abbiamo esteso il congedo parentale per i neopapà, portando ad un totale di 8 settimane, retribuite al 100%. Un significativo impegno per permettere ai padri di essere parte della vita dei loro figli fin dall’inizio, un desiderio sentito e sempre più espresso dalle giovani famiglie. Sono fermamente convinta del fatto che le aziende abbiano la responsabilità sociale di incidere positivamente sulla vita della comunità in cui operano»