Daniela Bonanzinga, la libraia di Messina che “indovina” le letture dei clienti


Daniela Bonanzinga, libraia indipendente da quarant’anni a Messina, è un’imprenditrice che ha sempre analizzato il mercato, l’utenza e ha rivoluzionato il suo modo di vendere libri, esperienze, emozioni, guardando anche i conti, i numeri, con razionalità. Daniela ha una dote fondamentale per una libraia: saper accompagnare le letture dei suoi clienti, intuire quale possa essere il libro giusto per ognuno e difficilmente sbaglia, anzi, mai.

Abbiamo parlato con lei di promozione della lettura, di cosa significhi gestire una libreria in una città tutto sommato piccola e di quanto sia fondamentale curare i rapporti con i lettori, offrendo loro esperienze ed emozioni, oltre che prodotti.

L’insegna su strada recita “Libreria indipendente dal 1969”. Uno dei fondamenti della tua attività è non aver mai abbandonato questa caratteristica. Che tipo di percorso è il tuo?
Il mio è un percorso storico perché fra le librerie con oltre cinquantaquattro anni d’età sono poche quelle sopravvissute. Si tratta di un contesto che inizialmente, nella prima parte della mia vita, ha fruito di qualcosa che avevano creato altri; poi, nel 2000, mio padre mi ha donato la libreria, che dal 2019 ha cambiato anche sede e aspetto.

Come mai non hai mai ceduto al fascino delle librerie di catena?
Ho sempre visto crescere la mia libreria, fino al 2008, anno in cui abbiamo tutti attraversato una grossa crisi. In quel momento (e in un’altra occasione) ho pensato di potere migrare verso una catena. Facendo poi una valutazione, anche insieme con persone con cui collaboro e di cui mi fido, ho deciso di non aderire. Sono sempre molto analitica nei processi e ho capito che il problema finanziario c’è ed è importante, ma la soluzione non è avere delle librerie stracolme di libri che tu non paghi, ma è aumentare il numero delle persone che tu porti dentro la libreria. Quindi una libreria stracolma di libri, che vive di conto deposito e rivisita gli assortimenti, non rappresenta il mio primo obiettivo, il mio ideale di impresa.
Certamente è un lavoro di chirurgia e di difficili equilibri dal punto di vista finanziario. Tutte le volte che attraverso momenti di difficoltà, mi avvalgo di strumenti che mi aiutino ad analizzare l’andamento della libreria, software molto sofisticati, come Macbook, un gestionale multipiattaforma per librai e editori.
Inoltre, a me piace acquistare libri, quelli che reputo giusti, quelli che il mio pubblico può abbracciare, più che assecondare le proposte che arrivano dal grande gruppo e che forse una libreria di catena deve privilegiare rispetto ad altre.

Messina è una città che ha meno di 300mila abitanti, non è facile vendere libri e “fare cultura”, vero?
Meno di 300mila abitanti e il 70% dei siciliani che non compra e non legge più di un libro l’anno. Quindi è un territorio complesso, povero. In città ci sono quattro librerie: un’indipendente e tre librerie di catena (una Mondadori, una Feltrinelli e una Ubik) tutte molto impegnate. Il bacino d’utenza è stretto e quindi fra noi siamo molto competitivi e attivi. È una realtà complicata, stimolante, difficile, ma nel contempo è una città in cui i librai non stanno mai con le braccia conserte.

Come è cambiato il pubblico della libreria in cinquant’anni?
Mentre un tempo la libreria è stato il punto di riferimento importante per chi voleva comprare i libri, man mano il pubblico si è depauperato; i lettori che acquistavano solo nelle librerie fisiche hanno cominciato a utilizzare tanti altri canali, chi leggeva solo libri di carta ha cominciato a utilizzare altri supporti. Non è cambiato il pubblico, sono cambiate le abitudini di acquisto. In libreria continuano a entrare lettori appassionati e interessati, anche in cerca di consigli da parte del libraio, che magari li conosce, conosce i loro gusti e sa come soddisfare le loro esigenze di lettura.

Tu per prima a Messina hai dedicato tantissime energie alle scuole, impresa ardua perché promuovere la lettura fra i ragazzi è complicato. Come è iniziata? Che riscontro hai avuto?
Questa è la grande gioia, la più grande avventura della mia vita. L’idea che pur avendo una libreria non scolastica e non universitaria, io dovessi lavorare con i ragazzi si basa su un assunto fondamentale: “I giovani non vengono in libreria, allora esco io e vado da loro”. Ancora oggi esco e li incontro, parlo con loro, organizzo eventi, li faccio divertire, li faccio leggere. A distanza di quasi trentacinque anni dall’inizio di questa grande avventura, i lettori ormai adulti tornano, mi presentano figli e nipoti, ricordano gli eventi a cui hanno partecipato da ragazzi e mi dicono di aver scoperto il piacere della lettura grazie al lavoro che abbiamo fatto insieme.

Organizzavi anche le visite in libreria con i ragazzi?
Le mie non erano proprio visite. Organizzavo performance che avevo intitolato “Leggere col cervello emotivo”: ogni classe che partecipava sceglieva, comprava e votava un libro. Dopo, in libreria, condividevano la lettura attraverso un percorso emozionale guidato da me. Questo progetto ha collazionato oltre duemila incontri, secondo le stime che ho fatto recuperando tutte le rassegne stampa in merito. Erano incontri molto diversi dal semplice “orientamento all’acquisto” in libreria; erano vere e proprie esperienze che nascevano dall’interazione tra il cervello cognitivo e il cervello emotivo. Ho portato avanti dei laboratori con l’obiettivo di accendere un faro sulla creatività legata al mondo dei libri, per spingere verso la lettura chi ne era refrattario e far leggere di più chi invece aveva già un buon approccio con i libri, e aumentare quindi il numero di lettori.

Oggi i ragazzi purtroppo leggono poco, si annoiano.
Per i nativi digitali è più complicato fermarsi a leggere un libro. C’è da sperare che prima o poi un contagio, un’occasione, una situazione dia loro questo spazio mentale ed emozionale, perché sono sempre molto accelerati e vivono in una stanzetta di un metro per un metro. Noi che leggiamo abbiamo un solo compito: insistere senza giudizio, senza commento e continuare a proporre, parlare di libri, sperando che prima o poi questo spazio della coscienza si apra.

Per quanto riguarda gli adulti, tu organizzi tantissime presentazioni ed eventi sia in libreria che fuori. Qual è secondo te la presentazione ideale? Perché si parla tanto di presentazioni inutili, noiose, che scoraggiano.
Partendo dalla mia esperienza con La libreria incontro a scuola ho potuto sperimentare che le presentazioni vecchio stile siano ormai inutili e forse anche un deterrente. Io credo che la presentazione sia un valore aggiunto e un’occasione per i lettori di incontrare scrittori. Il libraio, in questo caso, deve avere le spalle larghe e capire che questa occasione ha un costo. Quindi, secondo me, la presentazione ideale è a pagamento: tu lettore compri un posto, compri un libro, scegli di partecipare a quell’esperienza e io libraia ti offro un’interazione reale tra te e l’autore, senza l’intermediazione di relatori che magari monopolizzano, come a volte accade, l’attenzione. È una visione molto avanguardistica, ma io sono una rivoluzionaria e questo è il format del mio Posto d’autore.
Accanto a questa formula, organizzo anche eventi istituzionali, quindi gratuiti, per incontrare grandi personaggi.
Terza modalità è l’evento in cui il lettore acquista un biglietto, costituito da un libro e un catering; un format festaiolo dove la gente ascolta un relatore e partecipa a un evento culinario. Questo è un altro modo di mediare la lettura che mi piace moltissimo. Sono tutti format molto moderni e molto potenti. Io libraia sto vendendo un evento, è come se tu andassi al teatro, al cinema, a un concerto.
Ultimamente tendo a preferire il ritorno in libreria, che ha una capienza di cinquanta posti; il lettore acquista il libro, partecipa all’evento (abbiamo presentato Cristina Cassar Scalia, Salvo Toscano, avremo Simonetta Agnello Hornby) e poi ceniamo tutti insieme in trattoria.

Quanto una libreria può realmente spingere un libro?
Tanto. Curare la promozione di un libro è un’arte. Si scelgono i libri da curare in rapporto alla qualità del libro stesso e alla relazione personale che il libraio sviluppa con l’autore; è come un orafo che realizzi un gioiello a partire da un rubino o da una perla.
Questa è la mia specialità e un libraio può decisamente cambiare la storia di un libro.

Che rapporto hai con i social e con il marketing?
A un certo punto ho capito che l’autogestione dei canali social, il “fai da te” che avevo adottato per anni, non portava risultati. Quindi ho assunto la social media manager Margherita Salvo che con la sua Mgh Adv qui a Messina cura i miei profili social e il marketing della libreria. Ho cambiato l’approccio e i lettori mi seguono, seguono le attività e le proposte della libreria anche da remoto, da altre città per esempio.

Consiglia un libro, il primo che ti viene in mente, che ci fa leggere i nostri tempi soprattutto dal punto di vista femminile.
Gioia mia” di Tea Ranno, un libro sull’amicizia e la complicità femminile, che permette di superare gli ostacoli e contrastare gli effetti del patriarcato, oggi come ieri.

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“Donne di editoria” è un viaggio a puntate di Alley Oop, ideato e curato da Manuela Perrone, tra le professioniste che a vario titolo lavorano nel settore dei libri: editrici, libraie, scrittrici, bibliotecarie, comunicatrici, traduttrici. Tutte responsabili, ciascuna nel proprio ambito, di disegnare un pezzo importante del nostro immaginario e della nostra cultura.

Qui la prima intervista alla libraia Samanta Romanese.
Qui la seconda intervista alla filosofa ed editrice Maura Gancitano.
Qui la terza intervista all’illustratrice Daniela Iride Murgia.
Qui la quarta intervista alla editor Flavia Fiocchi.
Qui la quinta intervista alle libraie Maria Carmela e Angelica Sciacca.
Qui la sesta intervista alla poeta Elisa Donzelli.
Qui la settima intervista alla editor Ilena Ilardo.
Qui l’ottava intervista alle scrittrici Giulia Cuter e Giulia Perona.
Qui la nona intervista alla editrice Mariangela Tentori.
Qui la decima intervista alla editrice Erica Isotta Oechslin.
Qui l’undicesima intervista alla “libraia felice” Monica Maggi.

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