Eolo, cosa vuol dire essere una società certificata BCorp

Ha appena ottenuto la certificazione come Benefit Corporation, attenta cioè all’impatto che l’azienda genera sul territorio e sulle comunità di riferimento, la prima tra le telco italiane. D’altronde Eolo ha come purpose o senso della propria attività proprio la capillarità del servizio internet, da portare dove gli altri non arrivano. Ne parliamo con Daniela Daverio, ceo di Eolo divisione Service, che è in azienda dal 2003 e dove ha ricoperto nel tempo diversi ruoli strategici.

Cosa vuol dire per EOLO essere BCorp e perché avete deciso di certificarvi?

La certificazione è il punto d’arrivo di un percorso intrapreso fin dalla nascita della nostra società. Il nostro business è di per sé sostenibile e con forte impatto sociale, perché porta connettività nelle zone meno connesse del Paese, i piccoli comuni italiani. È per questo che ci siamo sempre circondati di collaboratori, soci e partner convinti che la restituzione sul territorio fosse parte integrante del business di EOLO, nell’ottica di creare valore per tutti i nostri stakeholders.

Ora che abbiamo ricevuto anche questo riconoscimento, vogliamo ringraziare la nostra filiera di fornitori, partner e installatori, perché questa certificazione è stata possibile anche grazie a chi ha creduto in EOLO e ha lavorato con noi ogni giorno nel corso di quasi venti anni di storia. Un grazie va anche ai nostri clienti che, scegliendo il nostro brand, ne abbracciano i valori.

Oltre alla “E” (environment), la S (“social”) degli ESG è sempre più importante: quali sono priorità e obiettivi di impatto sociale per EOLO?

Per noi la “S” è la restituzione al territorio, come il Progetto Scuola, fatto per garantire la connessione agli studenti durante la fase più acuta della pandemia, ma è anche sostenere attività di utilità sociale. Nel carcere di Bollate, per esempio, con l’associazione bee.4 altre menti abbiamo sviluppato una collaborazione per dare un lavoro ai detenuti: partiti con 6 persone nel 2021, oggi abbiamo 27 collaboratori che lavorano nel nostro call center. E fanno un ottimo lavoro: l’apprezzamento dei clienti per il supporto ricevuto è molto alto (94%).

Sei la prima donna a capo di un’azienda tlc in Italia. Com’è stato il tuo percorso professionale in un mondo ancora molto maschile?

Sono entrata in EOLO nel 2003 con matricola n° 17, ora siamo quasi 600! Però l’azienda ha mantenuto la sua anima da start-up, con una cultura dinamica, attenta all’ascolto e molto inclusiva. A me piace parlare di unicità e credo che la missione di ogni azienda innovativa sia di creare il contesto per cui ogni persona possa esprimersi al meglio, con le proprie caratteristiche. Io sono stata fortunata e, grazie a questo approccio, anche quando è successo di essere l’unica donna al tavolo, non è la prima cosa che ho notato. Però, certo, il divario di genere nelle organizzazioni esiste e se una volta capitava che in assenza di diversità, l’unica donna in un executive team al maschile tendesse ad uniformarsi allo stile di leadership prettamente maschile, oggi, per fortuna, c’è più consapevolezza del valore della diversità.

Bisogna sicuramente continuare a lavorare sulla cultura aziendale, ma il problema andrebbe affrontato anche a monte: è nelle scuole, a fianco delle ragazze quando scelgono gli studi, che ci dovrebbe essere una maggiore consapevolezza delle potenzialità e dei percorsi. È da lì che si costruisce una maggior parità.

In effetti il tuo percorso racconta dell’“unicità”: hai ricoperto, già da giovane, molti ruoli anche diversi tra loro dove in Italia normalmente la carriera è più lineare e settoriale.

È vero, io in EOLO ho visto tutto, dal “pronto sono Daniela, mi dica” ai bilanci di gruppo. Il filo conduttore per me è stato l’entusiasmo e il rendermi conto di come ognuno di noi può fare la differenza, dare un piccolo contributo per un obiettivo comune. Il mio approccio è quindi quello di mettersi a disposizione, pensando che a tutto c’è una soluzione, se ci si mette in gioco.

Tu hai praticato sport a livello agonistico. Quanto questo ti ha aiutata nel mondo del lavoro?

Lo sport è una sfida con sé stessi, per potersi migliorare. Insegna fatica, sacrificio e costanza, nel misurare i risultati e i miglioramenti di ogni giorno. Un insegnamento prezioso in un periodo in cui ci stiamo abituando al “tutto e subito”, e questo genera ansia e frustrazione. Perché l’unico obiettivo è la vittoria, e il fallimento quasi un’onta. Invece lo sport ti insegna che va bene anche perdere, perché serve a capire i propri i limiti e quando è il momento di fermarsi e respirare.

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