La testimonianza che segue è stata raccolta assieme alla videomaker di origine bielorussa Tatsiana Khamliuk.
Non è facile riuscire a mettersi in contatto con i pochi giornalisti russi indipendenti rimasti in patria. La repressione si fa di giorno in giorno più aspra per contrastare un’opinione pubblica critica verso la mobilitazione “parziale” e gli ingenti investimenti destinati alle regioni annesse – le autoproclamate LPR, DPR, Kherson e Zaporozhye – recentemente annunciati dal Cremlino.
Dopo alcuni tentativi andati a vuoto per motivi di sicurezza, si è creata l’occasione di dialogare con Anna Zueva, giornalista della Repubblica di Buriazia, che vive a Ulan-Ude. Dal 2009, per dieci anni, ha lavorato per la televisione statale della città. Nel 2019 si è dimessa dal canale televisivo governativo “Atv Baikal”, dopo una protesta scoppiata a seguito dell’elezione del sindaco della Buriazia.
Zueva è stata l’unica a filmare la protesta pacifica della popolazione e a pubblicarla sul suo canale YouTube, “Zueva”, che conta 30mila iscritti, raggiungendo in poche settimane un milione di visualizzazioni. Alla luce degli ultimi avvenimenti, Anna Zueva – oltre a realizzare reportage per media indipendenti come Belsat, Sibir.Realii, Novaya Gazeta e altri (che oggi operano dall’estero) – sta sviluppando, con il suo team, un progetto mediatico locale su YouTube per raccontare come le persone vivono in una piccola repubblica nella Russia orientale. A suo rischio e pericolo.
Che cosa pensa della reazione occidentale nei confronti dell’invasione russa dell’Ucraina?
Il sostegno militare e umanitario all’Ucraina è, ovviamente, importante. Anche la pubblica condanna dell’aggressione e i tentativi di dialogo con il presidente Putin sono preziosi. Tuttavia, alcune delle sanzioni contro la Russia si sono rivelate prive di significato. In un certo senso, la comunità internazionale vede il popolo russo come un nemico, ma un numero enorme di cittadini è contrario alle ostilità. A causa della censura militare, le nostre voci – pacifiste – sono quasi impercettibili. Le sanzioni portano a un aumento del sentimento anti-europeo nella società e fanno il gioco della propaganda del Cremlino. È necessario considerare i cittadini russi come alleati e vittime. Raccomanderei ai leader dell’Unione europea e degli Stati Uniti di cambiare la loro retorica e dire “dobbiamo salvare gli ucraini e i russi dalla dittatura”, e non lasciarsi guidare dai nazionalisti. E credo sia anche necessario che la Ue abbandoni il gas russo, in modo da privare il Cremlino delle risorse finanziarie necessarie per continuare l’operazione militare speciale.
Quali sanzioni ritiene efficaci?
Le sanzioni contro l’élite sono, a mio avviso, giuste. Complicano in modo significativo le loro vite e, forse, potrebbero provocare una divisione all’interno della stessa élite. Ma, potrebbero anche spingere i meno favorevoli all’operazione speciale in Ucraina sempre più nelle braccia di Vladimir Putin. In ogni caso, c’è un numero enorme di funzionari russi, propagandisti e uomini d’affari, sparsi nelle varie regioni, che non sono compresi negli elenchi delle sanzioni. Loro se la passano bene in Europa e negli Stati Uniti. Non c’è bisogno di parlare di astute compagnie europee che violano, ad esempio, l’embargo sul carbone che arriva dalla Russia.
Quindi, le altre sanzioni finiscono solo per punire il popolo russo?
Credo che, imponendo sanzioni contro i russi, i leader occidentali ci abbiano puniti tutti. L’inflazione si è alzata, i progetti imprenditoriali con l’Europa sono crollati, le imprese private stanno soffrendo: il settore dei servizi, le piccole industrie, importanti sistemi e servizi sono stati disattivati, le forniture di medicinali e materiali vari sono state interrotte. Il punto è che tutto questo non incide sull’economia di Vladimir Putin. Questo distrugge solo la vita della gente comune, che, tra l’altro, è da tempo esclusa dalla sfera politica e non la influenza per nulla. Nell’Ue e negli Stati Uniti, molti credono che i russi abbiano il potere di spingere il Cremlino a ritirarsi dalla guerra e sbarazzarsi della dittatura, ma non è così. L’acquisto di risorse energetiche russe da parte dell’Unione europea ha reso il governo russo indipendente dall’economia del Paese e gli consente di mantenere un vasto apparato repressivo, che sopprime facilmente e rapidamente qualsiasi manifestazione.
Cosa pensa del rifiuto di ammettere studenti russi nelle università europee e del divieto di rilascio dei visti Schengen?
Credo sia una decisione sbagliata. Coloro che avevano i visti Schengen sono persone contrarie all’operazione speciale in Ucraina, sono benestanti e istruiti. Coloro che sono “per” l’operazione speciale sono spesso persone anziane, residenti in provincia, che non hanno mai viaggiato all’estero, e che non hanno affatto passaporti stranieri. Con il divieto di ingresso, l’Unione europea ha punito coloro, tra i cittadini russi, che sono stati suoi alleati in tutti questi anni: attivisti, attivisti per i diritti umani, giornalisti, artisti, uomini d’affari. Di fatto, sono state varate misure che non intaccano affatto il nucleo di base a supporto dell’attuale governo russo. I cittadini hanno la sensazione di essere puniti semplicemente per il fatto di essere russi. È necessario rivedere una serie di divieti e restrizioni e annullarne alcuni.
Quanto liberamente operavano i media indipendenti in Russia prima dell’invasione dell’Ucraina?
Prima dell’inizio dell’operazione militare speciale, era difficile per i media indipendenti russi lavorare. Spesso vivevano di abbonamenti ai giornali, vendite di giornali stampati, merci e donazioni occasionali, potendo contare ben poco sulla pubblicità. Gli inserzionisti non volevano rischiare. Oltre ai casi famosi, molti altri giornalisti sono stati perseguitati. Ad esempio, a Pskov, la giornalista Lyudmila Savitskaya e il caporedattore della rivista “Pskovskaya Guberniya” Denis Kamalyagin sono stati riconosciuti come “agenti stranieri” dal ministero della Giustizia russo. Sono stati accusati di ricevere denaro dall’estero, ma la verità è che semplicemente raccontavano come vivono effettivamente gli abitanti della città al confine con la Lettonia e l’Estonia.
La pratica di includere giornalisti scomodi al regime nell’elenco di agenti stranieri è diventata un’abitudine?
Dopo i casi di Denis e Lyudmila, questa pratica si è diffusa e ha interessato altri colleghi e blogger dissidenti. Diversi media coinvolti nelle indagini anticorruzione sono stati costretti a lasciare la Russia per motivi di sicurezza e stanno lavorando dall’estero. Ad esempio, la redazione del fantastico media “Proekt”, che racconta la ricchezza ingiustificata di un certo numero di importanti funzionari russi, è stata costretta a lasciare il Paese e nel 2021 l’ufficio del Procuratore generale della Federazione Russa ha riconosciuto il “Proekt” come “organizzazione indesiderabile”. In altre parole, le autorità russe hanno sistematicamente distrutto i media indipendenti nel Paese molto prima del 24 febbraio 2022.
Oggi i media indipendenti sono ufficialmente sospesi o chiusi. Quindi è possibile accedere solo alle informazioni diramate dal Cremlino?
Dopo il 24 febbraio, il dipartimento Roskomnadzor (l’agenzia governativa russa preposta al monitoraggio, controllo e censura dei mass media) blocca regolarmente i materiali sulle ostilità in Ucraina, scritti da media indipendenti. Spesso impedisce l’accesso a interi siti. Oggi, dozzine di straordinari media coraggiosi, che lavorano a dispetto della censura, sono bloccati su Internet, ma questo non significa la sospensione del lavoro delle squadre giornalistiche! Continuano a trasmettere la verità a lettori, spettatori, ascoltatori, che possono seguirli collegando una Vpn. Noi, cittadini russi, l’abbiamo installata nei nostri dispositivi molto tempo fa. Quindi, non siamo in una situazione di non accessibilità alle informazioni. Sebbene alcuni dei progetti giornalistici siano stati chiusi, i giornalisti rimasti sono stati sinora in grado di resistere all’assalto della censura, della persecuzione e di ostracismi.
Ma la gente a chi crede? A voi o ai media governativi?
Una parte della società russa crede ai media statali. Tuttavia, sono sicura che sia una piccola parte della popolazione. Inoltre, il sostegno all’operazione militare speciale sta diminuendo ogni giorno dopo l’annunciata mobilitazione “parziale” e l’ingresso in Russia delle regioni autoproclamate LPR, DPR, Kherson e Zaporozhye. Le persone hanno paura di perdere parenti, conoscenti, persone care e sono nettamente contrarie alla volontà del Cremlino di spendere miliardi di rubli nelle regioni appena annesse.
È possibile che i media indipendenti lavorino al di fuori della Russia e trasmettano al pubblico russo informazioni libere dalla censura?
Oh certo. Intere redazioni di diversi media indipendenti si sono trasferiti in altri Paesi e lavorano da lì. Ad esempio, gli editori del canale YouTube “Rain” (Дождь) o del media “Cold” (Холод) o “Verstka”. Si possono scrivere testi di alta qualità, registrare fantastici podcast, raccogliere interviste tramite messaggistica istantanea e social network e per quanto riguarda le foto si possono utilizzare illustrazioni di artisti e designer che collaborano con media indipendenti o utilizzano reti neurali. Per i video, si possono usare quelli girati dagli stessi abitanti russi, pubblicati su Internet, o chiedere a un giornalista rimasto in patria la disponibilità a a girare un video per i colleghi. La mailing list dei media bloccati continua a funzionare e mandare notifiche delle newsletter pubblicate ai lettori russi, che Roskomnadzor non può in alcun modo controllare. Io, ad esempio, sono felice di leggere le newsletter via e-mail del quotidiano Novaya, il progetto multimediale “7×7. Horizontal Russia” e una mailing list dei creatori di Meduza, che si chiama “Signal”.
Cosa rischiano i giornalisti indipendenti russi che lavorano dall’estero?
Vengono dichiarati “agenti stranieri” o inseriti nella lista dei ricercati della polizia. Ad esempio, questo è accaduto alla mia collega della Buriazia, la giornalista Evgenia Baltatarova. In primavera, dopo perquisizioni in casa sua, è stata costretta a lasciare Ulan-Ude e volare in Kazakistan. Di recente, il ministero della Giustizia l’ha nominata “agente straniero” e il ministero degli Affari interni della Buriazia ha inserito Evgenia nella lista dei ricercati interstatali. Ma i giornalisti che si trovano nell’Ue e negli Stati Uniti sono più al sicuro, ovviamente.
E quali pericoli corrono i giornalisti come lei, che lavorano per media indipendenti, rimanendo sul territorio russo?
Per quanto riguarda i giornalisti che restano in Russia e collaborano con le redazioni che hanno lasciato il Paese, il rischio è molto alto. Io e altri giornalisti rischiamo, prima di tutto, la nostra libertà, oltre a questo, possiamo essere multati, rapiti, privati della nostra attrezzatura fotografica e video. Tuttavia, nessuno impedisce ai giornalisti che hanno scelto di vivere e lavorare in Russia di adottare uno pseudonimo e pubblicare testi con un nome e cognome diversi. I giornalisti che filmano reportage e storie sono più vulnerabili, ma possono mantenere l’anonimato facendo leggere ad altri la voce fuori campo, ad esempio a colleghi che non sono in Russia. Come puoi vedere, c’è sempre un modo!
Nei primi mesi del conflitto molti media italiani, in nome della libertà di parola, hanno dato spazio anche ai giornalisti del Cremlino. È stata la scelta giusta, secondo te?
A mio avviso, è stata una decisione sbagliata. Non c’è bisogno che i propagandisti russi parlino nei media italiani. Fornendo voce ai russi e ai giornalisti filogovernativi sulle loro piattaforme mediatiche, il numero di persone in Italia che sostengono i combattimenti è in aumento. Una saggia decisione sarebbe, invece, quella di rendere visibili e udibili i russi che si oppongono all’aggressione delle autorità russe contro l’Ucraina.
Come possono i media occidentali, e soprattutto quelli italiani, aiutarvi a contrastare la propaganda del Cremlino?
I media italiani possono collaborare con giornalisti indipendenti che non sono in Russia. È possibile, ad esempio, tradurre testi giornalistici in italiano o destinare colonne su giornali e riviste per le dichiarazioni di giornalisti russi. Puoi anche dare incarichi editoriali a giornalisti italiani accreditati dal ministero degli Esteri russo, che possono legalmente creare materiali sulla vita in Russia e raccontare ai cittadini italiani come vivono realmente i russi, cosa pensano e sentono. Sì, anche questo può essere pericoloso perché si può perdere l’accredito, ma se lavori con attenzione, puoi creare materiale importante. Inoltre, i giornalisti italiani devono intervistare più spesso esperti russi indipendenti, attivisti per i diritti umani, deputati municipali e giornalisti. È fondamentale darci l’opportunità di parlare nei media stranieri in nome della libertà e della democrazia.
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