L’Onu condanna l’Italia per inadeguata tutela dei caregiver

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Fanno da mangiare, lavano, assistono i loro familiari non autosufficienti e con disabilità, ma non vengono sufficientemente tutelati e protetti dal nostro Paese. Per i caregiver, è l’Onu a dirlo con una recente decisione, in Italia non c’è un quadro giuridico adeguato di tutela e assistenza. In particolare, il Comitato delle Nazioni Unite per i diritti delle persone con disabilità ha accolto il ricorso presentato da una caregiver e dai suoi familiari assistiti, rappresentati in giudizio dai legali Andrea Saccucci, esperto di diritti umani e professore di diritto internazionale, e da Giuseppe Rosso di Vita. Dopo aver ricordato che il pieno godimento da parte delle persone con disabilità del diritto a vivere indipendentemente nella comunità richiede l’adozione di misure appropriate di tipo legislativo, amministrativo, finanziario, giudiziario programmatico e promozionale, il Comitato ha sottolineato il ruolo essenziale svolto dai caregiver familiari nella realizzazione di tale diritto e la conseguente necessità di offrire adeguati servizi di supporto, anche di tipo finanziario, a tali soggetti nell’interesse delle persone assistite.

Insufficienti le misure finora adottate dallo Stato italiano, modificare le norme

Il caso su cui si è espresso l’Onu è stato promosso nel 2018 su iniziativa e con il supporto del Coordinamento Nazionale Famiglie con Disabilità (Confad), già Coordinamento Nazionale Famiglie Disabili Gravi e Gravissimi, allora presieduto da Maria Simona Bellini. Il Comitato Onu ha respinto le eccezioni di ammissibilità formulate dal Governo italiano e ha accertato la violazione degli obblighi internazionali assunti con la ratifica della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità del 2006. L’Onu ha ritenuto le misure adottate finora dallo Stato italiano non garantiscono un livello adeguato di supporto ai caregiver come, ad esempio, il rimborso delle spese, l’accesso all’alloggio, servizi di assistenza economicamente accessibili, un regime fiscale agevolato, un orario di lavoro flessibile, il riconoscimento dello status di caregiver nel sistema pensionistico.

Oltre ad aumentare il ricorso all’istituzionalizzazione dell’assistenza alle persone con disabilità, questa situazione è suscettibile di creare situazioni di marginalizzazione sociale e lavorativa, di povertà estrema e di discriminazione “per associazione”, soprattutto ai danni delle donne. Nella decisione del Comitato Onu si afferma, quindi, l’obbligo per lo Stato italiano non soltanto di assicurare ai ricorrenti una compensazione adeguata e l’accesso a servizi individualizzati di supporto, ma anche di adottare misure per prevenire simili violazioni in futuro, modificando la propria legislazione e reindirizzando le risorse.

Per il legale Saccucci “Governo e Parlamento non potranno ignorare decisione Onu”

“Siamo molto soddisfatti – dichiara Saccucci che si è occupato del caso –, dopo anni di attesa, la necessità di prevedere un quadro legislativo di protezione e supporto per i caregiver familiari è stata finalmente riconosciuta al massimo livello internazionale e non potrà essere più ignorata dal Governo e dal Parlamento italiano. La decisione del Comitato Onu si aggiunge ai reiterati moniti della nostra giurisprudenza costituzionale, la quale ha da tempo sottolineato come la cura delle persone con disabilità in ambito familiare sia in ogni caso preferibile e più rispondente ai principi costituzionali e richieda l’adozione di interventi di sostegno, anche economico, in favore dei familiari che svolgono tale ruolo fondamentale di assistenza”.

Soddifazione anche da parte del Confad: “Accogliamo con plauso ma soprattutto commozione questa notizia – afferma il presidente onorario di Confad Maria Simona Bellini – che conferma quanto sia essenziale muoversi insieme verso obiettivi condivisi, dalla base alle istituzioni. Grazie a tutti coloro che hanno dato fiducia alla nostra caparbietà, sicuri di quanto l’obiettivo sia giusto, nobile e percorribile”.

In Italia un esercito di 7,3 milioni di caregiver familiari del paziente

In Italia il problema dei caregiver riguarda una fetta notevole della popolazione: secondo dati Istat, si tratta di un esercito di 8,5 milioni di persone di cui la maggior parte, 7,3 milioni familiari del paziente. Schiacciati dal peso di un’attività usurante e dal grande impegno emotivo che comporta, hanno un’aspettativa di vita inferiore dai 9 ai 17 anni in meno alla media, secondo uno studio del premio Nobel Elizabeth Blackburn.  A volte non si concedono neanche il lusso di fermarsi con una febbre alta, a volte sono costretti a lasciare il lavoro.

Le principali caregiver sono le donne di età compresa tra 45 e 64 anni e che nel 60% dei casi hanno dovuto abbandonare la loro attività lavorativa. Quanto all’attività di assistenza, il 53,4% vi dedica meno di dieci ore a settimana, mentre il 25,1% supera le 20 ore e il 19, 8% svolge attività di assistenza per almeno dieci ore a settimana. Chi vi dedica più tempo ha in genere un livello di istruzione basso. Il dato regionale evidenzia che il numero più alto di caregiver è in Friuli Venezia Giulia (20,2%), quello più basso a Bolzano (11,9%).

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