Formazione delle competenze, superamento degli stereotipi culturali, tutela della fascia 30-40 anni, capacità di fare networking. E’ a tutto campo che bisogna intervenire per rafforzare la presenza e la carriera femminile in un mondo del lavoro sempre più caratterizzato dal digitale. Azioni che devono essere portate avanti da Governo e Parlamento, dalle aziende, dalla famiglia e dalle stesse donne. Lo racconta in una conversazione con Alley Oop Liliana Fratini Passi, direttrice generale di Cbi, società consortile per azioni nata da uno spin-off dell’Abi, a cui aderiscono oltre 400 banche azioniste per sviluppare prodotti e servizi digitali transnazionali e di pagamento rivolti alla Pa, alle imprese e ai cittadini.
Liliana Fratini Passi (inserita nel 2021 da Forbes Italia tra le ‘100 donne vincenti’ e premiata come ‘Women in Finance Italy Awards’ nella categoria ‘Woman in FinTech of the Year’) delinea un quadro composito, a partire dalla sua esperienza nel campo bancario e finanziario dove, ricorda, “ci sono delle rivoluzioni in atto. Dal lato della domanda, i consumatori richiedono sempre più servizi digitali; dai giovani oggi la banca è percepita prevalentemente come banca da raggiungere in maniera digitale. Dal lato dell’offerta ci sono le sfide poste dalle ‘big tech’. Una ricerca del Sole 24 Ore – ricorda – mostra che nei prossimi anni nelle banche ci sarà un 50% in meno di assunti in materie economiche e un 30% in più in materie cosiddette Stem. Quindi c’è una professionalizzazione sempre più tecnica per gli assunti e anche per gli esponenti bancari, dato che tra i requisiti richiesti dall’Autorità di vigilanza vi è anche quello di essere esperti in ‘fintech’”.
Da qui, aggiunge Fratini Passi, la ‘sfida culturale’: “Se guardiamo all’impegno e alla costruzione di una equità di genere sia nell’uso degli strumenti di pagamento (a maggior ragione di quelli digitali) sia nell’accesso allo studio delle materie scientifiche, dobbiamo certamente partire dalla formazione scolastica e agire sin dall’età scolare partendo da quella che è una educazione finanziaria che si apprende sin da piccoli, a partire da quando si introduce il concetto della ‘paghetta’. Dobbiamo superare uno stereotipo culturale perché dobbiamo insegnare ai nostri figli che la gestione del denaro è anche un tema con cui le ragazze esprimono autonomia e la capacità di mantenersi da sole”. C’è una interessante ricerca dell’Ocse pubblicata nel 2020 che parla chiaro sul fenomeno delle competenze finanziarie dei quindicenni italiani, affermando che sono molto scarse: su 20 Paesi, l’Italia è al tredicesimo posto dopo la Slovacchia. Ma il quadro diventa abbastanza più pesante e preoccupante proprio perchè emergono le differenze di genere: nella media i ragazzi dei Paesi Ocse hanno un punteggio del 2% più alto delle coetanee mentre in Italia il gender gap raggiunge il 15%. “Ancora oggi in Italia un terzo delle donne non ha un conto corrente personale. Questo divario deve essere colmato a cominciare dalla scuola; ci sono una serie di disegni di legge che sono proprio relativi all’insegnamento dell’educazione economica e finanziaria nelle scuole primarie e secondarie”, afferma.
Sempre in materia di istruzione, “è fondamentale – ricorda Fratini Passi – assicurarsi che tutte le donne abbiano eguale accesso alla formazione alle materie Stem e ad altre competenze chiave come il digitale, il tecnologico e l’ambientale che sono ormai indispensabili per una carriera di successo”. Si tratta di una scelta della donna ma che è ancora pesantemente condizionata dal contesto, anche familiare. “Non abbracciare questi percorsi molto spesso è legato, oltre a cause di tipo individuale, ad altre derivanti da aspetti sociali e familiari: c’è un pregiudizio e stereotipo per cui le donne e le materie scientifiche è come se non dovessero essere compatibili e questa percezione crea una sorta di barriera psicologica per le donne che fin da bambine sono portate a sentirsi un po’ inferiori ai maschi in questi ambiti”. Il fenomeno, però, è sotto osservazione. L’Associazione bancaria attraverso ‘FEduF’ (la fondazione per l’educazione finanziaria e il risparmio) e anche la Banca d’Italia conducono ormai molteplici iniziative per avvicinare bambine e bambini in modo indistinto sin dalle scuole primarie a quello che è l’educazione finanziaria e le materie Sstem. “Ad esempio, si è conclusa da poco la ‘global money week’ dove istituzioni pubbliche e private, associazioni, enti in più di 100 Paesi del mondo hanno coinvolto giovani in oltre 200 iniziative per accrescere la loro cultura finanziaria. Aggiungo che per il Governo in Italia il Pnrr è una grandissima opportunità da sfruttare, accanto alla Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026, che punta a risalire di 5 punti entro il 2026 la classifica del ‘gender equality index’ dello European Institute for Gender Equality che ci vede purtroppo attualmente al 14mo posto con un punteggio medio del 63,5 punti su 100, di 4,4 punti inferiore alla media Ue”.
Accanto all’aspetto culturale c’è poi quello legato al welfare e alla conciliazione dei tempi di lavoro e familiari: “Bisogna sviluppare sistemi di welfare che permettano alle donne di dedicarsi alla loro carriera con le stesse energie degli uomini, soprattutto in quella fascia di età tra i 30 e i 40 anni dove spesso sono costrette a scegliere tra famiglia o lavoro: è lì che si inceppa il meccanismo, per cui vanno compendiate le azioni del Governo con le azioni di welfare da un punto di vista privativo. Noi abbiamo osservato anche come azienda – sottolinea Fratini Passi – quanto è importante non soltanto creare dei lavori che possano essere accessibili a donne con delle competenze con materie Stem. A 30-40 anni quando si desidera magari accrescere la famiglia con dei figli, se non ci sono degli strumenti a loro supporto, le donne pur avendo grandi competenze e grandi lauree si bloccano. Inoltre abbiamo osservato che sono ancora poche le donne in ruoli di leadership, in particolare nel settore finanziario: il 47% della forza lavoro è composta da donne però se guardiamo il top management vediamo che nemmeno l’1% sono donne. Quindi le ‘quote’ sono rispettate in ingresso ma via via il divario di genere nella finanza è sempre più evidente con il passare degli anni e soprattutto con barriere che aumentano ed escludono le donne quando si tratta di dover nominare dirigenti”.
In questo discorso si inserisce, necessariamente, una riflessione sulla utilità delle cosiddette ‘quote rosa’. “Credo che dobbiamo tutti benedire la legge Golfo-Mosca anche se all’inizio io stessa non l’avevo vista come una azione positiva, perché parlare di quote di genere mi sembrava una tutela di minoranza. Però in questi 10 anni c’è stato un salto culturale per la presenza delle donne nei consigli di amministrazione e nei collegi sindacali delle società quotate in Borsa e in quelle a controllo pubblico, con un effetto ‘virtuoso’ anche in quelle società che non erano destinatarie dell’obbligo. Nel settore finanziario e bancario, la Banca d’Italia a giugno scorso (con una modifica della circolare 285 del 2013) ha introdotto una quota minima del 33% della rappresentatività del genere meno rappresentato negli organi di amministrazione e di controllo”. Si è intrapresa quindi una direzione chiara. “Però non altrettanto – sottolinea Fratini Passi – si può dire della leadership femminile: ad esempio nelle posizioni apicali direttive siamo intorno al 17% contro il 33% delle Norvegia e il 25% del Regno Unito. Quindi abbiamo ancora molto cammino da fare, anche se certamente ci sono dei ‘role model’ che si stanno affermando e sempre più è normale vedere donne in posizioni apicali. Molte banche, ad esempio, si stanno via via dando delle regole per cui nelle posizioni apicali ci deve essere una rappresentatività equa di genere”.
Tutto ciò ha un riflesso positivo anche per l’azienda, rileva la direttrice generale di Cbi: “Perché è nella diversità, anche di genere, che si sviluppa la migliore ricerca e si tende al miglior obiettivo, miscelando anche caratteristiche di genere tendenzialmente anche opposte. La donna è meno tendente al rischio rispetto all’uomo, quindi ad esempio ci sono dei paper della Banca d’Italia che dimostrano che la presenza delle donne nei Cda fa assumere decisioni meno orientate al rischio. Inoltre ci sono adesso molte donne che fanno i broker o comunque figure d’investimento ma con queste tendenze un po’ più conservative quindi una gestione del rischio più misurata”.
C’è infine un altro tema di rilievo connesso con il cambiamento sociale e culturale che ha un impatto sulla carriera delle donne: “Parliamoci chiaro – afferma Liliana Fratini Passi – gli uomini riescono a fare i cosiddetti ‘boys club’, cioè si aggregano e aggregano in circoli, al calcetto, nello sport e quindi naturalmente fanno networking. E’ evidente che le donne si devono sforzare anche loro di fare quello che fanno gli uomini: quindi fare networking, frequentare club, fare sport e aggregarsi. Spesso il lavoro lo si fa benissimo ma si corre per andare poi a fare ‘l’altro’ lavoro che è quello casalingo. Serve un ‘team familiare’: alla donna possiamo dare anche la formazione esterna, supporti di welfare in azienda ma se non cambiamo anche una cultura femminile, spesso la donna nella socializzazione guarda l’orologio. E’ importante anche – conclude – avere partner ‘illuminati’ perché questo può significare che è lui che apparecchia e sparecchia, che prepara per tutti: è proprio un modello familiare. Se io sono dove sono è anche perché con sacrificio mio personale e familiare ho impegnato molte delle mie energie in tante cose che potevano essere ‘superflue’”. Un impegno che si esprime anche nella formazione e nella mentorship: “Sento che il percorso che ho fatto personalmente e professionalmente è stato riconosciuto e credo che sia fondamentale non fermarsi mai nel testimoniare e nella valorizzazione dei talenti e nel dare anche ascolto e confronto a donne che siano desiderose di condividere esperienze e diversi punti di vista”.
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