Berta Herrero (Huawei): “Nei lavori del futuro materie Stem ma anche filosofia, legge, storia”

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You cannot be, what you cannot see”, ripete Berta Herrero. Senza modelli di riferimento diventa difficile anche solo immaginare di raggiungere il proprio pieno potenziale, continua la senior EU public affairs manager di Huawei. Constatazioni simili valgono per le donne prima di tutto e ancora di più per quelle del settore tech. Osservato privilegiato per le grandi potenzialità di sviluppo occupazionale, resta però un ambito ancora arretrato in tema di pari opportunità.

Parte e ruota attorno a questi presupposti, approfonditi durante un’interessante e ampia chiacchierata sulle tematiche di genere e inclusione, gran parte del lavoro della ex giornalista che in Huawei ha ideato la European Leadership Academy ed è program director della School for Female Leadership in the Digital Age. “Quando parliamo delle donne nella tecnologia, capita di pensare solo ai profili di ingegneri, data e compuer scientist”. Come se questi fossero gli unici rappresentativi di quel 20% di forza lavoro femminile presente nelle imprese europee che di tecnologia si occupano. “Guardiamo a un target ristretto, una percentuale che secondo i dati dell’ultimo European Digital Score Board, nonostante tutti gli sforzi, sta rimanendo stabile. Davanti a questa situazione, possiamo continuare a lavorare solo per aumentare la popolazione che si interessa a materie STEM e le studia. O anche renderci conto invece che nel settore tecnologico c’è posto pure per chi fa studi sociali o studia materie umanistiche”. Cioè profili a cui non penseremmo immediatamente riferendoci al mondo dell’innovazione e del digitale.

berta-herrero-school-for-female-leadershipParlando con Berta Herrero, scopro che con il suo percorso è lei stessa espressione di queste convinzioni. Nata e cresciuta a Lanzarote, un’isola più tipicamente associata all’idea di vacanza che per essere terreno fertile di opportunità di crescita, è stata studentessa modello. Dopo una carriera nel giornalismo, lavorando anche per il quotidiano spagnolo El Mundo, arriva nelle istituzioni comunitarie e al Parlamento europeo. Nel 2021 entra nel Santander-CIDOB ‘35 Under ‘35, una lista di 35 leader che stanno modellando l’era digitale nel mondo. Nella sua posizione attuale arriva a sviluppare la School for Female Leadership attraverso la quale lavora per livellare la disparità di genere, approfondendo la comprensione, la discussione e la conoscenza delle questioni che frenano il pieno empowerment femminile.

Gli esempi che fa dei limiti che le donne si trovano a sperimentare e devono contrastare per affermarsi, sono conosciuti e condivisibili. Si va dalla cosiddetta “sindrome dell’impostore”, al pericolo di sentirsi invisibili o lasciate indietro. Dalla difficoltà nel farsi ascoltare o di esprimersi in ambito lavorativo o pubblico, alla sensazione di dover essere ancora più perfette per sentirsi autorizzate a fare passi in avanti. Colonne concettuali su cui si fonda la sua idea per la scuola, un progetto che offre alle giovani partecipanti gli strumenti necessari affinché possano realizzarsi in pieno. Da una parte conoscenze specifiche (tecnologiche ma non solo), dall’altra spunti di riflessione sull’importanza di non auto-escludersi e sul valore chiave delle proprie scelte di studio o carriera – che siano o meno in campo STEM. Insomma, oltre alla comprensione delle tecnologie, il valore di fare network, del poter avere dei role model e dell’affidarsi alla guida di mentor adeguati.

Studiare le STEM, ma anche giurisprudenza, filosofia, storia…

Per Herrero, possiamo e dobbiamo “supportare l’idea che le materie scientifiche sono alla portata di tutti. Ma anche che non è necessario studiare per anni argomenti da cui non ci sentiamo attratte” per assicurarsi un futuro. “Per fare un esempio: parlando di algoritmi, sempre di più si discute dell’etica alla base della loro programmazione, per evitare che perpetuino (o promuovano) pregiudizi. Avremo allora bisogno di filosofi, o storici, esperti in tematiche di genere, psicologi” per comprendere conseguenze o ripercussioni. Il messaggio per le ragazze è chiaro: “la tecnologia è per te. Ha bisogno di te, del tuo profilo, della tua esperienza. Se studi legge, per dire, puoi contribuire a questioni di data privacy”. Allargando lo sguardo, allora “tutt’un tratto comprendi nei lavori del futuro profili che sembrerebbero invece portare verso impieghi più tradizionali. Si realizzano maggiori opportunità e maggiore parità economica”.

Non è un mistero che in Huawei i numeri della presenza femminile sono simili alle percentuali registrate per il comparto tech in tutta Europa, “però esiste una coscienza del problema”. Non da trattare come una spunta sulla check-list della diversità, piuttosto un traguardo verso cui lavorare con costanza. A partire dalle giovani, dalle 27 scelte tra gli oltre 2.400 CV inviati per partecipare alla sessione invernale della School for Female Leadership di febbraio 2022. “Equipaggiamo le partecipanti degli strumenti necessari per essere leader della transizione digitale europea. A loro dico: siete qui per essere leader e per ispirare altri. Ma soprattutto siete qui per essere voi stesse mentor e prime sostenitrici le une delle altre.”

Nella nostra conversazione c’è spazio per ribadire limiti e sfide della parità di genere. E ricordare ancora una volta quanto siano chiare e condivise le azioni efficaci da intraprendere. “Le pari opportunità non sono pari per tutti”. Non abbiamo giocato e non stiamo giocando su un terreno equo o comune. Ma sappiamo che oggi manca o è carente già l’idea e la coscienza delle risorse a disposizione e delle potenzialità delle donne.

Role model femminili: non solo CEO o manager

Berta Herrero sta provando col suo lavoro a cambiare le cose passo passo, una ragazza alla volta. “Si realizzerà l’effetto moltiplicatore. Non lasciare nessuno indietro non è uno slogan, ma un modo di vivere. Un modo di lavorare”. Già a partire da Huawei, dove “cerchiamo di avere conversazioni aperte e oneste con le dipendenti di tutta Europa, rappresentanti di tutto lo spettro anagrafico. Dalle giovanissime ingegnere alle esperte in matematica che lavorano sugli algoritmi con 40 anni di esperienza alle spalle. Chiediamo loro di raccontarci perché hanno studiato quelle materie. Ma cerchiamo soprattutto di capire quali sono state le sfide che hanno incontrato nella scelta di quel percorso e quali quelle di oggi. Più rendiamo umano il discorso meglio è. Tendiamo a pensare che i modelli possano essere solo le CEO di una azienda o le manager. Invece ci sono tutta una serie di profili da mettere sotto i riflettori! Quando le incontro per realizzare i video (uno dei progetti di Huawei Tech for Her, ndr), non dico loro come vestirsi o come presentarsi. Non devono credere di dover rientrare in certi parametri. No, la diversità è immensa! E la diversità è bellissima. Per questo sono orgogliosa della possibilità di offrire modelli, far sentire alle giovani generazioni che possono esprimersi senza nascondersi. Che possono chiedere le stesse condizioni, quando si presentano per un lavoro. Finché questa diventi la normalità”.

Businessman pointing at his presentation on the futuristic digital screen

A vedere la situazione in Italia, appare chiaro che anche qui si sta sviluppando una maggiore attenzione da parte delle professioniste verso le potenzialità del settore tecnologico. Moltissime, spesso senza un background tecnico, partecipano a iniziative diverse, tra cui anche ai progetti supportati dalla società cinese in partecipazione con istituti di eccellenza (tra gli altri, la Bocconi di Milano). Purtroppo però nel Bel Paese al già delicato gap di genere si affianca ancora un’importante gap digitale che parte dalle scuole e riguarda già le competenze tecnologiche di base.

Secondo Berta Herrero, guardando all’Europa però “il dibattito è sul tavolo. È una conversazione da cui non si torna indietro e non è più solo partecipata dalle donne, ma trova alleati anche in tanti uomini. A me è successo con il progetto per la scuola. Mi sembrava fosse un’idea da presentare sottovoce. Invece è stata accolta dal mio manager come un’ottima idea. Perché, prima di tutto, ha creato consapevolezza. Mi sento dire anche da altri manager che partecipano alle sessioni e si confrontano con professori e studenti: grazie per aver sollevato la questione. Era un tema che non mi ero posto prima. Alle volte non si tratta solo di uomini che non vogliono lasciare spazio. Ma della mancanza di consapevolezza del problema”.

Una lezione grazie alla quale dare un nuovo slancio al cammino verso la parità. Senza condividere le esperienze e i limiti che le donne si trovano davanti, gli interlocutori e potenziali sostenitori potrebbero non avere idea che una difficoltà esiste.

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