Uomini e donne nella musica: quant’è grande il divario? Ci risponde Beatrice Venezi, direttrice d’orchestra molto giovane che ha già fatto parlare tanto di sé. Il merito prima di tutto, ma le donne sono ancora poche. Originaria di Lucca, classe 1990, ad Alley Oop si racconta con un duplice intento: il primo è quello di gridare a tutti che le donne nella musica ci sono sempre state, portando ad esempio il corso realizzato per Feltrinelli Education dal titolo “Breve corso di storia della musica”; il secondo è spiegarci le sfumature della sua professione, con la grinta di chi è consapevole del proprio talento.
La direttrice Venezi è un modello esattamente come quelli che descrive nelle sue Lezioni d’Autore o nell’ultima pubblicazione Le sorelle di Mozart. Storie di interpreti dimenticate, compositrici geniali e musiciste ribelli (UTET, 2020). Inserita da Forbes Italia tra i 100 leader del futuro under 30 (2018), è ormai il simbolo di una rivoluzione al femminile esattamente come quelle che racconta attraverso i suoi concerti, libri e storie.
Il tuo successo internazionale ha portato i riflettori su un aspetto spesso ignorato nel mondo della musica: tanti uomini e pochissime donne. Come ci si sente ad essere un’icona contro gli stereotipi di genere?
Quando ho cominciato ad innamorarmi della musica non tenevo proprio conto delle questioni di genere. Essere direttore d’orchestra non può essere definito un lavoro da uomini, anche se i numeri dimostrano il contrario. Io sono cresciuta in un contesto familiare dove la cultura del divario tra uomo e donna nella musica non esisteva. I miei genitori e i miei maestri mi hanno formata nella consapevolezza di una disciplina priva di pregiudizi. Spesso sono infatti proprio i pregiudizi a limitare le donne, ed è per questo che credo sia necessaria una nuova coscienza femminile. Faccio riferimento al mio ultimo libro “Le sorelle di Mozart. Storie di interpreti dimenticate, compositrici geniali e musiciste ribelli” (UTET, 2020) da cui prendono poi spunto le Lezioni d’Autore realizzate con Feltrinelli Education. Fino a quando le donne nella musica saranno ancora considerate il sesso debole o l’eccezione che conferma la regola, anche alle generazioni più giovani mancherà un esempio. La tenacia e la perseveranza di grandi talenti al femminile si trova in tutti i campi e in tutte le epoche, compresa la musica.
Quando hai capito che con la tua professione stavi seminando il cambiamento?
Posso citare la mia esperienza dei concerti nei Paesi dell’ex Unione Sovietica come Armenia, Georgia o Azerbaigian: sono stata la prima donna a dirigere in Armenia per esempio, le altre mi guardavano o mi facevano domande perché era una novità. Parliamo di qualcosa che va oltre l’esecuzione, un cambiamento sociale in atto grazie alla mia professione. Ancora oggi incontro difficoltà, molte per il fatto di essere donna ma anche perché sono giovane. In Italia a quarant’anni non puoi essere più una promessa, ma se sei troppo giovane non sei quasi credibile. Inoltre cerco spesso di mischiare le carte, e questo dà fastidio a chi vuole mantenere lo status quo delle cose. Ho presenziato in contesti più commerciali come Sanremo o altri programmi, ma sempre con un unico obiettivo: aumentare la mia visibilità e di conseguenza l’attrazione delle persone verso il teatro. La mia visibilità mediatica è finalizzata a promuovere il teatro, non ho mai fatto un concerto vuoto. Nonostante il post covid io diffondo la musica e riempio le sale. Le difficoltà sono tante, soprattutto perché il vero potere culturale è nelle mani del pubblico, o di pochi che lo esercitano senza badare al linguaggio. Quando scrivono nei titoli dei giornali “direttore d’orchestra donna” mi chiedo se sia ancora necessario specificarne il sesso in questo modo. Nessuno dice direttore d’orchestra “uomo”.
Raccontaci cosa vuol dire essere una direttrice d’orchestra
La direzione d’orchestra è un’arte estremamente fisica, quando si pensa alla musica si fa spesso riferimento all’astrazione mentale e al lavoro intellettuale. Ma c’è una parte fisica importante che coinvolge il corpo, fatta a volte di piccoli e grandi gesti che ognuno deve provare su se stesso, un vero e proprio linguaggio corporale. Nei conservatori, per mia esperienza, non si tiene conto della diversa proporzione di un corpo femminile e uno maschile. Non possiamo atteggiarci a cloni e piegarci ai cliché solo perché ci impegniamo a fare le cose come gli uomini, e bisogna prenderne consapevolezza. Per me all’inizio è stato difficile perché non c’erano role model donne a cui ispirarmi per la musica classica. É un aspetto che riguarda tutti gli strumenti: noi siamo dei performer, c’è uno sforzo fisico e vale anche per un violinista, un trombettista, chiunque faccia musica. Bisognerebbe tener conto di un coinvolgimento fisico notevole, invece si associa sempre la musica classica solo a qualcosa di sublimato.
“Breve corso di storia della musica” è il tuo nuovo format firmato Feltrinelli Education, uno strumento che sembra pienamente rappresentarti: coraggioso e pronto a sfidare gli aspetti culturali più spinosi e conservatori. La preview ci mostra una direttrice d’orchestra impavida e consapevole del grande potenziale oggi espresso e prima tabù delle donne nella musica. “Solo cento anni fa era sconveniente che una donna potesse fare della musica la sua professione”, dice la tua voce fuori campo. Come e perché è nata l’idea di “dirigere” questo corso?
Il format è nato in seguito alla pubblicazione del mio ultimo libro. Dopo un po’ di tempo sono stata contatta da Feltrinelli impegnata nel produrre le sue Lezioni d’Autore, video on demand molto curati e di qualità. Ho subito accettato e ho ragionato su come poter strutturare le lezioni dalla mia scrittura, infatti si parla di storie di donne ma è un percorso più ampio: seguono filoni come la maternità, lo scandalo, l’indipendenza, attraverso i secoli e le figure che spesso e volentieri non conosciamo.
Quant’è ancora grande il divario tra uomini e donne nel mondo della musica per te che la vivi ogni giorno?
Mancano donne nel ruolo di direttore d’orchestra ma manca anche la possibilità di accedere a certe posizioni. Recentemente mi sto appassionando alla storia della compositrice francese Cecilie Chaminade, studiandola ho capito che era una star nella musica della sua epoca ma la sua figura è stata volontariamente oscurata come fosse un tabù, questa è omertà. Non le si mette nei libri, non le studiamo, e così sembra un mondo narrato al maschile. Il racconto del presente è importante quanto quello del passato, c’è la necessità di avere dei punti di riferimento: ricordiamoci che i modelli assenti nei libri di storia sono a loro volta assenti nell’immaginario di ogni bambina che vuole fare musica.
Citando una tua frase dal corso “Le donne nella musica sono artefici di piccole e grandi rivoluzioni, e nonostante ciò sono state per secoli cancellate”, pensi che il tuo lavoro e la tua fama rappresentino una rivoluzione?
Il mio obiettivo è legato alle generazioni future, voglio creare e diffondere la consapevolezza che io ho avuto la fortuna di apprendere attraverso i miei maestri. Da subito ho pensato che tutto fosse possibile a prescindere dal genere. La valutazione “in base” al genere è venuta fuori dal conservatorio in poi, prima di allora ho potuto costruirmi uno scudo. Dipende tanto da noi: tutto quello che sto facendo vuole essere un aiuto per chi non ha sufficiente fiducia nel proprio talento. Le Lezioni d’Autore non sono prodotti solo per donne, anzi le consiglierei a tanti uomini. La mia speranza è che le donne di cui parlo nei video vengano inserite nelle pagine dei libri di storia. Siamo in un’epoca in cui si cerca la contrapposizione a tutti i costi e in vari contesti. Esistono anche estremismi in ambiti declinati tutti al femminile e si creano condizioni controproducenti. Gli uomini e le donne però, sono complementari.
Quali cambiamenti vorresti vedere nel tuo campo?
La parità di accesso è un aspetto su cui c’è ancora molto da lavorare, oltre a quello salariale. Ci sono inoltre ancora molte difficoltà per giovani professioniste come me che non hanno aiuti o agevolazioni per poter coniugare al meglio lavoro e famiglia. Si devono creare le condizioni affinché essere donna non risulti un fattore determinante ma la normalità. Solo così più donne potranno ambire a posizioni più alte e di rilievo in questo settore.
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