Benessere psicologico: l’importanza di prendersi una pausa

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I social sono uno specchio del mondo. Da ormai un po’ di tempo, Instagram è popolato da post e immagini che invitano a normalizzare il prendersi una pausa. Che sia dai serrati ritmi lavorativi, dalle notizie della guerra o dalla pressione delle relazioni sociali. Fermarsi, in una realtà digitale, globalizzata e in costante movimento, sembra se non altro contro intuitivo. A volte, addirittura impossibile. Eppure, la psicologia ci ricorda da sempre quanto sia fondamentale per il nostro benessere ed equilibrio mentale.

La tendenza più diffusa è quella di ritagliarsi, quando si riesce, pause nelle quali si svolge un’attività in sostituzione di un’altra. Sono le tipiche pause dal lavoro, dove si sbriga qualche faccenda domestica, se si è in casa, o si prende un caffè con i colleghi, se si è in ufficio.

Eppure, esiste un’altra tipologia di pausa, ossia quella dei momenti vuoti, dove non si trasforma un’attività in un’altra ma semplicemente si sta con se stessi, in silenzio, disconnessi dal resto del mondo. Sono queste le pause che portano a un reale e più profondo beneficio in termini psicologici: si prende maggiore consapevolezza dei propri vissuti e, in qualche modo, si resetta la propria giornata fino a quel momento. Si mette un punto e si va a capo.

Tuttavia, prendersi delle pause significa scontrarsi con il senso di colpa e con la sensazione di non star facendo abbastanza, a volte, addirittura nulla. Fermarsi, viene spesso percepito come un ostacolo o un privilegio, piuttosto che un diritto. Alla base, l’idea che il tempo sia di valore solo se impiegato a fare qualcosa di produttivo. Sebbene sia proprio nell’improduttività che risiede il potere ri-generativo derivante dal mettere momentaneamente in stop tutto il resto.

Alcune persone trascorrono le loro giornate addirittura senza alcun tempo libero: la spina rimane sempre attaccata, esponendosi al rischio di sovraccarichi e cortocircuiti. Il fermarsi non è contemplato né concepito: può generare paure o sensazioni di disagio. La quiete non sempre è una dimensione comoda: porta a fare i conti con sé stessi o sé stesse, a dover elaborare ciò che succede, ad ascoltare i propri pensieri.

In medicina e psicologia, si parla a tal proposito di persone con Pattern di Comportamento di tipo A, ossia caratterizzate da una costante tendenza all’azione, competizione e urgenza, data dalla percezione di avere sempre poco tempo a disposizione. Individui per i quali una pausa è sinonimo di perdita. Questo stile di comportamento, come dimostrato da Rosenman e Friedman, i due cardiologi autori del modello, è correlato a una maggiore rischio di insorgenza di malattie cardiovascolari.

Non a caso, come ricorda Daniel Goleman nel suo libro ”Focus”, le pause sono vitali per riacquistare il controllo della propria giornata, l’attenzione e il benessere. Solo dopo essersi fermati, infatti, si torna ad essere davvero presenti. Si smette di seguire un automatismo e si riprende in mano, in maniera autentica e consapevole, ciò che si stava facendo.

Per lo stesso motivo, è essenziale una buona qualità del sonno: l’atto di dormire agisce infatti come una sorta di reset del cervello. Non solo perché crea una transizione tra una giornata e l’altra, definendo la fine della precedente e l’inizio della successiva, ma anche perché permette di liberare spazio mentale, saturato da informazioni e ricordi delle ore trascorse da svegli. Il sonno riduce le sinapsi ed elimina le informazioni in eccesso, quelle poco importanti o superflue, rendendo possibile registrarne di nuove una volta che la sveglia suona.

Il fatto che sempre più persone soffrono di insonnia o disturbi del sonno, non sorprende. La pandemia ha contributo inesorabilmente a questi fenomeni: secondo la ricerca “Lost in Italy” (LOckdown and lifeSTyles in Italy) sono aumentati del +22% i casi di insonnia e del +128% quelli di persone che lamentano qualità del sonno insoddisfacente.

La difficoltà nel dormire e quella di prendersi una pausa hanno un’origine comune: in entrambi i casi, si è spesso di fronte a un sovraccarico di pensieri, preoccupazioni o ansie. La mente è piena e, proprio per questo, non riesce a fermarsi o addormentarsi. Con la conseguenza che finisce per riempirsi sempre di più, creando un circolo vizioso che impatta inesorabilmente sul benessere psico-fisico dell’individuo.
Una sensazione conosciuta da molti durante le fasi acute del Covid e tornata presente nelle ultime settimane a causa dello scoppio della guerra in Ucraina e di tutto ciò che ne consegue, in termini di paure e sovraccarico cognitivo.

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