Ucraina, la messa al bando dei russi dallo sport è davvero la scelta giusta?

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Il ripensamento del Comitato Paralimpico Internazionale è stato l’ultimo passo. Con l’esclusione dai Giochi Paralimpici Invernali di Pechino 2022 la Russia (con la Bielorussia) è tagliata fuori dall’intero mondo dello sport. Di fatto, l’invasione dell’Ucraina sposta indietro le lancette dello sport mondiale di 70 anni esatti, quando l’allora Unione Sovietica si presentò – alle Olimpiadi estive di Helsinki 1952 – per la prima volta sotto la bandiera a cinque cerchi e non senza polemiche pure allora, visto che aveva invaso la Finlandia stessa appena nel 1940, portando proprio all’annullamento dei Giochi già assegnati a Helsinki. Vi sarebbe rimasta fino al boicottaggio di Los Angeles 1984 (conseguenza di quello americano di quattro anni prima a Mosca), per rientrarvi nell’88 a Seul e restarci ancora fino ad oggi, con le varie denominazioni successive alla caduta del muro di Berlino e allo sgretolamento dell’Urss stessa (prima Comunità Stati Indipendenti, poi Russia).

Era stato proprio il Cio (Comitato Olimpico Internazionale) a fornire, pochi giorni fa, la cornice diciamo così ‘giuridica’ a tutte le federazioni e leghe internazionali per seguire con risolutezza la via della sospensione/esclusione, invitando appunto a non invitare atlete/i russi e bielorussi e a non organizzare eventi in territorio russo. Invito che era stato accolto nel giro di poche ore dalla Fifa stessa, il governo del calcio mondiale, che aveva così escluso la Russia dai playoff di qualificazione verso Qatar2022, dopo aver scelto appena il giorno precedente di lasciarla partecipare seppur senza inno, bandiera, pubblico e in campo neutro (scelta subito criticata e rifiutata da Polonia e Svezia, e poco dopo anche da Repubblica Ceca, cioè dai potenziali rivali dei russi nello stesso playoff, oltre che dalle federcalcio inglese e francese). A seguire, nelle ore e nei giorni successivi, le decisioni analoghe delle altre leghe e federazioni degli altri sport.

Ora, la ferocia e la durezza dell’invasione dell’Ucraina (oltre che il principio stesso che l’ha resa possibile, da parte di Mosca), non possono non giustificare scelte altrettanto draconiane. Ma è legittimo porsi una domanda, provando anche a dare qualche risposta. In sintesi: è strategico e funzionale alla crisi in atto, che lo sport abbia operato questa messa al bando totale? Quali le alternative possibili? E in quali modalità?

Altrettanto sinteticamente: no, la scelta dello sport mondiale va contro logica, strategia e natura dello sport stesso. Si sarebbe potuta salvaguardare l’attività giovanile (diciamo dal livello Under17 in giù). lo si sarebbe potuto fare spiegando i motivi della scelta. Perché? Per lasciare aperto un canale di confronto anche diplomatico prezioso. Non di rado, infatti, eventi sportivi collaterali e minori hanno favorito il dialogo politico-diplomatico al livello più alto, si pensi ad esempio nelle crisi mediorientali o nel confronto tra le due Coree. Si sarebbe potuto offrire agli atleti più giovani l’occasione di ‘sfuggire’ alla pressione propagandistica esercitata da Mosca, pressione che inevitabilmente aumenterà e sarà sempre più roboante in un sistema isolato e rinchiuso su se stesso. Si sarebbero potuto spiegare in questi termini i motivi della scelta, creando inoltre appuntamenti di dialogo e confronto (certo fra mille e mille difficoltà, ma quando le decisioni critiche non vengono prese nei momenti più duri?) fra i giovani atleti, con l’aiuto di educatori, associazioni, pedagoghi, psicologi, storici dello sport.

Tutto sarebbe stato – è necessario ammetterlo, e come non farlo? – difficile, sofferto, improbabile, frustrante nei risultati e dispendioso negli sforzi da compiere. Ma un solo seme di buonsenso, di pace (e, in fondo, di sport), seminato tra sangue, macerie e odio, non avrebbe meritato che tutta questa fatica fosse stata fatta?

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