Ci ha sorpresi ancora una volta, il Covid. Salutiamo il 2021 senza lasciarci alle spalle molto dell’incertezza e della preoccupazione che avremmo voluto salutare insieme a lui. Nonostante l’esperienza, nonostante i vaccini, nonostante la nuova familiarità con termini e dispositivi medici e di protezione: stiamo davanti all’anno che viene senza sapere cosa ci aspetta.
Mai saputo, in realtà, si potrebbe dire: ogni nuovo anno porta eventi e cambiamenti inattesi. Ma il terzo inverno del Covid ci sfida in modo nuovo: l’“essere in pandemia” è diventata una dimensione identitaria in più che ci condiziona e su cui ci sembra di non avere il controllo, quasi come una malattia. In effetti, molto potremmo imparare da chi ha vissuto un evento doloroso su come “si sta” dentro a qualcosa di imprevisto e duraturo, che rischia di “mangiarsi” tutto ciò che siamo. Lo sa bene chi non vuole che quell’evento resti l’unico argomento di conversazione possibile, chi non vuole essere identificato con esso: per continuare a vivere e perché sente di esistere anche al di là di quell’evento. Difficile, molto difficile, però coltivare gli altri aspetti di sé quando tutto intorno a noi ci rimanda a uno solo di essi.
Ed è questa la sensazione con cui entriamo nel 2022. Il Covid sta forse diventando meno letale a livello sanitario, ma è dilagante a livello culturale e sociale. Condiziona pensieri, programmi, la nostra stessa capacità di immaginazione. Chissà se ci accorgeremo del momento in cui smetteremo di vederlo perché ci sembrerà che costituisca, semplicemente, l’unica realtà in cui ci possiamo muoverci: vorrà dire che ci saremo dimenticati che ci era possibile essere anche altro.
Ecco quindi una promessa che potremmo farci per il 2022. Possiamo infatti ricordarci di quante cose siamo: contrapporre, alla nuova dimensione identitaria che la pandemia ci ha dato, tutte le altre. Imparandolo da tutti coloro a cui un evento della vita ha assegnato un’etichetta pesante (anche gioiosa, come l’essere genitori o l’essere innamorati, ma di rilievo al punto da assorbire tutto il resto per un po’) e che, dopo l’impatto iniziale e il rischio di identificazione totalitaria con quell’etichetta, hanno trovato il modo di riscoprirsi e trarre forza ed equilibrio dagli altri loro ruoli, relazioni, affetti, desideri e responsabilità. Un mosaico in continuo cambiamento di cui paghiamo a caro prezzo la complessità, ma che in cambio – è scientificamente provato – ci restituisce energie e capacità.
Allora, in pratica, possiamo aprire le porte al 2022 senza ignorare che il Covid ci sarà e farà parte delle nostre vite, ma al tempo stesso esercitandoci a mostrare quante altre cose faranno parte di noi, di quanto altro saremo composti e sarà composto il nostro anno. Prima ancora di vederlo negli altri: la nostra capacità di vedere parte da uno sguardo che ognuno può rivolgere, per iniziare, verso sé stesso. Nel 2022 sarò (ancora): una madre, un’imprenditrice, una blogger, un’amica, una sorella, una figlia, una zia, una pallavolista (amatoriale), una scooterista (elettrica), una sognatrice, una ricercatrice… e quante altre cose ancora! E, tra queste, sarò anche la cittadina di un mondo che sta svelando le sue fragilità da molte parti, e siccome lo abito ne vivrò le conseguenze.
Così, il Covid diventa una di queste: un aspetto della nostra realtà e di chi siamo, uno dei tanti. In alcuni di questi non possiamo immaginare e progettare, non siamo padroni della situazione e dobbiamo convivere con l’incertezza, con la perdita di controllo. E magari questa nuova tolleranza dell’incertezza ci aiuterà anche in altri aspetti della vita, mentre da quelli possiamo trasferire in questi la pazienza (della figlia), la capacità di cura (dell’amica) e quella di prendere decisioni con poche informazioni (dell’imprenditrice).
Il 2022 può assumere molti colori: non solo il grigio della pandemia. Se ci sembra arduo farlo succedere a livello di comunità o di azienda, se ci sembra troppo faticoso o difficile guardare agli altri con sufficiente intensità da fare spazio a tutte le loro sfumature, possiamo però rivolgere uno sguardo più ampio su noi stessi e scoprire quante parti di noi sono rimaste vitali anche nell’era del Covid. E coltivare quelle: per conoscerle e farci conoscere, nel 2022.
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