Libri scambiati, quando la letteratura diventa resistenza

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Leggere un libro che contenga riferimenti letterari, impliciti o espliciti, citazioni, rimandi è qualcosa che non ci sorprende, anzi. In fondo ogni autore e autrice attinge, più o meno segretamente, dal proprio bagaglio fatto di letture e di romanzi che hanno contribuito alla sua formazione. Ma un’esperienza quasi “immersiva” è qualcosa di più. Un “accerchiamento” che non lascia scampo – piacevolmente s’intende – e che spinge ad approfondire la conoscenza: a ogni porta aperta se ne spalancano altre ancora su nuovi mondi, opportunità, ma anche su tormenti esistenziali.

È iniziato così il viaggio nella lettura de “Gli aerostati” della scrittrice belga Amelie Nothomb (Voland, 2021), tradotto da Federica Di Lella. Dopo il successo di “Sete”, ecco una nuova sorprendente storia, quella di Ange, una studentessa di filologia che inizia a dare ripetizioni a Pie, sedicenne indolente che non ama la vita, riuscendo nell’impresa – che sembrava abbastanza ardua sulle prime – di farlo appassionare alla letteratura (come vorremmo che accadesse a tanti coetanei di Pie oggi, ndr).

Ange non sa neanche bene cosa aspettarsi, la famiglia di Pie è un po’ sui generis (per non anticipare nulla). Eppure Ange parte a spron battuto con “Il rosso e il nero” di Stendhal. Pie, non pienamente convinto, lo legge in un giorno soltanto. Gli inviti a Pie – e forse della Nothomb anche ai suoi lettori – non finiscono qui: passa il tempo e le sfide crescono, l’”Iliade”, l’”Odissea”, “La metamorfosi” di Kafka, “Il Diavolo in corpo” di Raymond Radiguet. Ne “Gli aerostati” c’è persino lo spazio per un’autocitazione, con l’inserimento di alcuni personaggi del romanzo che portano nomi epiceni (nomi ambigenere che possono essere utilizzati sia al maschile che al femminile), proprio come i protagonisti di un suo romanzo di qualche anno fa.

Questi romanzi sono citati, sfiorati, commentati e nella condivisione tra Ange e Pie si svela il grande mistero che affascina dall’alba dei tempi migliaia di lettori, quei messaggi assieme universali e individuali che avvincono e che ci legano per sempre a quelle pagine. Quelle storie che pretendono di assurgere all’eternità mentre, poi, riescono sempre a insinuarsi nella quotidianità di ciascuno, a volte cambiandola, a volte elevandola. Non una dotta disquisizione tra letterati, ma uno scambio autentico tra chi da quelle pagine si è lasciato attraversare. Un potere immenso, straordinario.

“Tutto può avere a che fare con la letteratura”. Già. Proprio tutto. Anche la salvezza, e non a caso spesso sentiamo parlare di rimedi letterari come veri e propri antidoti agli affanni della vita di tutti i giorni. Ogni cosa può avere a che fare con la letteratura, si legge nelle pagine della Nothomb. Anche il sorprendente finale.

“Leggere Lolita a Teheran” di Azar Nafisi (nella traduzione di Roberto Pellai), un grande classico degli ultimi anni, è una sfida muscolare. A parte l’estrema attualità del romanzo (ma questa è questione ben più importante, da trattare in separata sede), ciò che avvince è la sapiente narrazione della docente iraniana che intreccia i romanzi con le storie dei personaggi, nell’Iran post rivoluzionario. Quanto doveva essere difficile leggere “Lolita” di Nabokov – o anche semplicemente pensarlo – in un Paese dove non era più consentito alle donne un mucchio di cose, persino portare le unghie lunghe, provando a tagliarle d una studentessa tanto corte da farle uscire il sangue dal letto ungueale?

Azar Nafisi ama la letteratura, da lettrice e da insegnante, e lo si percepisce pagina dopo pagina. Sembra di assistere alla lezione di una docente appassionata che ti fa innamorare perdutamente della sua materia, sviscerando gli aspetti più interessanti degli autori e delle autrici affrontate, con delicatezza e approfondimento. Nafisi decise, infatti, di sospendere le lezioni all’università, dopo le insostenibili limitazioni e pressioni della neonata Repubblica Islamica dell’Iran, ma di continuarle privatamente, a casa sua, insieme a un gruppo di sette studentesse. Si riuniranno ogni giovedì per parlare dei protagonisti de “Il Grande Gatsby”, “Orgoglio e Pregiudizio”, “Cime Tempestose”, “Le mille e una notte” e altri ancora, rifugiandosi in un mondo dove potevano essere libere di essere ciò che volevano, lontano dall’asfissia del totalitarismo, perché è nella cultura e nello studio che le donne potevano ancora trovare una chance di emancipazione. La letteratura rimaneva l’unico appiglio solido anche in quel momento di estrema difficoltà, ma non solo. La letteratura diventa, attraverso le parole di Nafisi, l’emblema della propria (r)esistenza, il manifesto di ciò che si vuole essere e il simbolo di ideali di democrazia e libertà.

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Titolo: “Gli aerostati”
Autrice: Amelie Nothomb
Traduttrice: Federica Di Lella
Editore: Voland
Prezzo: € 16,00

Titolo: “Leggere Lolita a Teheran”
Autrice: Azar Nafisi
Traduttore: Roberto Serrai
Editore: Adelphi
Prezzo: € 13,00

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  • Gloria |

    Condivido pienamente questo bel articolo e l’utilità della letteratura come promotrice di sviluppo e appunto di resistenzaEvidenzuo che anche la lettura della BiBbia,la parte di Siracide,e quella dei proverbi seppur da radice remote sono attualissimi per la resistenza e il supporto vita quotidiana.

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