Lily Ebert ha 97 anni e 1,3 milioni di followers su TikTok. Nei suoi video non fa balletti, ed è un peccato che ci sia ancora chi ritiene TikTok un palcoscenico per coreografie più o meno sciocche. Ebert aveva 14 anni quando i nazisti la deportarono con la famiglia ad Auschwitz e nei suoi video offre un’importante testimonianza storica dell’Olocausto durante la Seconda Guerra Mondiale. La sua voce raggiunge milioni di giovani (e non) in un rapporto diretto come quello che si stabilisce su questa piattaforma dal linguaggio peculiare, rapido, incisivo. Ebert risponde alle domande dei follower che animano il suo spazio digitale, curiosi della sua testimonianza e capaci di interrogativi affatto banali. “Cosa l’ha sorpresa di più quando è uscita dal campo?” chiede un utente. Ebert risponde: “Quando ho visto un passeggino con un bambino. Mi ha sorpreso che esistessero ancora i bambini. Avevamo dimenticato che la vita reale continuava a scorrere”.
È stato il nipote, Dove Forman, ad aprire per lei un account su TikTok, per aiutarla a ritrovare un soldato americano ebreo, da cui la nonna ricevette una banconota con scritto “Buona fortuna e felicità” durante la liberazione da Auschwitz. Nonna e nipoti vivono in Inghilterra e del loro successo digitale hanno parlato diverse testate britanniche e internazionali, anche per momenti di tensione come quando Ebert è stata minacciata proprio via social per le sue origini.
Spesso sono i nipoti a portare le nonne su TikTok, in una curiosa giustapposizione di linguaggi in cui nessuno prevale sull’altro ma entrambi comunicano e veicolano un senso di comunità. Cambiano le lingue e i Paesi ma i rapporti fra persone e ruoli restano spesso gli stessi ed è questo a garantire il successo della piattaforma. Il traduttore universale che unisce gli utenti sono i “trend”, ovvero delle strutture narrative costruite sopra a un particolare audio, un filtro visivo, una coreografia, di cui ogni utente offre la propria interpretazione. Infinite variazioni sul tema che creano una possibilità unica di riconoscimento, condivisione, scambio.
Nel caso di Ebert il successo non è determinato dall’originalità della forma, ma dalla densità del contenuto. Ragazze e ragazzi mostrano un profondo interesse verso i dettagli della vita vissuta nei campi di concentramento: cosa si mangiava ad Auschwitz, cosa è successo ai bambini nati nel campo, come si dormiva, di cosa avevate paura. Ebert risponde, con pazienza e lucidità, il nipote pubblica i suoi video trattandoli con la sobrietà che meritano, ma senza disdegnare momenti di leggerezza e simpatia come il video in cui la nonna solleva dei pesi per ringraziare chi le ha scritto “You’re so strong”. La maggior parte dei video, però, sono una lunga intervista tra utenti e testimone, in una sorta di lezione di storia, infinita, che si rinnova proprio grazie alla curiosità e all’interesse del pubblico.
Si può fare cultura con TikTok?
Nell’aprile 2021 Khaby Lame, ventenne di Chivasso dalle origini senegalesi, diventa l’italiano più seguito su Tik Tok, un’ascesa vertiginosa che gli ha permesso di superare Gianluca Vacchi, detentore del primato fino a quel momento. Vacchi, imprenditore e spensierato vip, si diletta con balletti a bordo piscina e momenti comici davanti alle sue auto di lusso. Khaby Lame è ideatore di un semplicissimo ed efficace format, genialmente senza parole, che in pratica ridicolizza l’incapacità di semplificare e il ricorso a gadget e tutorial che proliferano nel mondo digitale.
Una delle cose che ha reso speciale questo sorpasso sta nel fatto che Khaby Lame, ex-operaio cresciuto nelle case popolari, è l’antitesi di Vacchi (la nemesi, quasi), un ragazzo comune che offre uno spaccato di vita incurante degli sfondi e degli oggetti di scena (prodotti del supermercato che abbiamo tutti nelle nostre case, invece che cocktail dai colori improbabili), è un ragazzo dall’intelligenza guizzante e dall’indole generosa che ai primi sentori di fama si è affrettato a dire che sperava con questo successo di aiutare la famiglia e gli amici con cui è cresciuto. In pochi mesi è diventato l’orgoglio della cultura di massa nazionale e da lì è stato un passo tirare in ballo la questione controversa della cittadinanza e dello Ius Soli, dato che di fatto Lame non ha la cittadinanza italiana. E questo ha permesso di dire a gran voce che non è il fatto di aver raggiunto il successo nel mondo a fargli meritare la cittadinanza, ma che l’avrebbe meritata a prescindere, perché i diritti non sono negoziabili e misurabili.
Spesso, poi, il tema dei diritti civili e delle questioni sociali emerge in modo diretto e prepotente dai trend stessi. Proprio perché brevi e di impatto, i video si soffermano su dettagli che talvolta nel discorso pubblico vengono trascurati o assorbiti dai grandi temi, mentre gli utenti di TikTok palesano di sapersi addentrare nella destrutturazione delle narrative. Recentemente con il trend #writtenbyaman molte ragazze hanno mostrato momenti della propria quotidianità come se fossero scritti da un uomo. Cioè come se la loro vita fosse un film e il loro vissuto fosse raccontato da un uomo. Il sarcasmo dello sguardo femminile che smaschera quello maschile offre un momento di consapevolezza prezioso, soprattutto per le più giovani.
Qualche tempo fa nella #feachallenge si esibivano invece ragazze (e ragazzi) che usavano il trucco e le espressioni facciali per ridicolizzarsi e rendersi “brutti”, per poi offrirsi al massimo della propria bellezza, aiutati da un sapiente uso del make-up e delle luci. Un richiamo a non lasciarsi ingannare dall’estetica dei social network e a ricordarsi che l’essere a proprio agio con se stessi va cercato dentro di sé, non fuori.
Il risvolto della medaglia è che in questo meccanismo di riconoscimento e condivisione si possono legittimare anche messaggi tossici. La gelosia come indizio d’amore, il controllo del telefono da parte del partner come momento simpatico nella coppia, la prepotenza come valore, l’infrazione della legge come segno di astuzia. Di video che veicolano messaggi come questi TikTok è pieno, non si può negare. Ma grazie allo stitch, l’opzione per rispondere direttamente ai video degli altri utenti, è anche pieno di controcanti inaspettati e sorprendenti, come sorsate d’acqua fresca. E se è vero che l’algoritmo di TikTok è il più democratico, come lo definiscono molti esperti, è vero allora che nessuna bolla è immune a questi controcanti. La cultura non si costruisce con video da 15 secondi. Ma la curiosità sì. E ad oggi, la curiosità resta un punto di partenza assai efficace per creare cultura.
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