Sanità, il 63% è donna ma poche arrivano ai vertici

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Le donne in sanità sono il 63%, ma poche ricoprono incarichi dirigenziali.
Emerge dai dati raccolti dalla community ‘Donne Protagoniste in Sanità’, che unisce le professioniste del settore: dal top management delle aziende pubbliche e private, fino alle operatrici socio-sanitarie, ma anche politiche, accademiche e giornaliste.

“Vogliamo fare una rivoluzione pacifica” dichiara Monica Calamai, direttrice generale dell’Ausl di Ferrara e coordinatrice dell’iniziativa. La community è composta esclusivamente da donne, e si distingue da altre iniziative simili, perché tra gli obiettivi prioritari del gruppo non c’è la rivendicazione di un ruolo protetto da quote rosa, nonostante l’equità della rappresentanza delle donne in sanità sia ancora ben lontana dall’essere raggiunta.

In base agli ultimi dati disponibili del Conto annuale del ministero dell’Economia e delle Finanze, nel Sistema Sanitario Nazionale lavorano complessivamente 12.822.857 persone, di cui il 63,5% è rappresentato da donne. Ma dall’ultimo Rapporto Oasi 2019 dell’Osservatorio sulle aziende e sul Sistema sanitario italiano, a cura di Cergas e Bocconi, emerge che sebbene le donne complessivamente rappresentino il 44% del totale di medici e odontoiatri, solo il 32% dei direttori di struttura semplice e il 16% dei direttori di struttura complessa è donna.

Durante i primi dieci giorni di settembre le donne della community saranno coinvolte in 25 incontri online, che toccheranno temi che vanno dalla digitalizzazione alla transizione ecologica, passando da istruzione e ricerca, inclusione e coesione, salute, comunicazione e parità di genere. “Come community – sottolinea Monica Calamai – siamo già al lavoro, per elaborare una serie di proposte da inviare al governo e al Parlamento, in vista dell’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che può essere l’occasione per far compiere un decisivo salto in avanti verso la parità di genere”. L’ appuntamento per mettere a punto il documento è già fissato per il 16 e 17 settembre prossimi a Bologna.

Secondo la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, le donne medico presidenti o vicepresidenti dei 106 ordini italiani sono solo 20.
Dei 15 membri del Comitato centrale della Commissione Albo Medici due sono donne e, tra i 9 componenti della Commissione Albo Odontoiatri, solo una presenza femminile.
E ancora: dai dati forniti dalla Federazione nazionale Ordini dei Tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione emerge che, sebbene il 65% degli iscritti sia rappresentato da donne, soltanto in 11, pari al 18%, ricoprono il ruolo di presidenti dei 61 Ordini TSRM e PSTRP, percentuale che sale al 42% se si analizzano i numeri relativi ai presidenti delle 19 Commissioni di albo nazionali.

Passando agli infermieri, il 76% degli iscritti all’albo in Italia è donna e la percentuale arriva al 98% se si estrapolano i dati relativi agli infermieri pediatrici. Ma se analizziamo i dati relativi agli infermieri dirigenti poco più del 50% è ricoperto da infermiere.

Sulla sanità con tante donne in reparto, ma poche ai vertici, Alley Oop aveva già scritto. Dalla fotografia emersa dalla prima indagine sulla percezione della discriminazione di genere, condotta da Women 4 Oncology: il 75% degli iscritti al corso di Laurea in medicina e chirurgia è donna. Ma solo 45 dottoresse su 169 ricoprono la posizione di direttore di struttura semplice, dipartimentale o di struttura complessa. Solo a 3 donne è stato assegnato il ruolo di professore ordinario in Oncologia e una sola dirige la di Scuola di specializzazione.
Anche in chirurgia, professione maschile per tradizione, a fronte di un progressivo aumento delle iscritte alle scuole di specialità chirurgiche non si assisteva ad un’adeguata ridistribuzione per genere delle cariche apicali.

A tutto questo si aggiunge che fin dalle prime esperienze post laurea, le donne guadagnano meno come sottolineano i dati di Almalaurea. Nelle materie delle professioni sanitarie, 7 neolaureati su 10 sono donne (addirittura 9 su 10 in Ostetricia, Infermieristica Pediatrica, Logopedia e Terapia della Neuropsicomotricità dell’Età evolutiva), ma le ragazze guadagnano in media1.283 euro netti mensili mentre gli uomini 1.387. 100 euro in uno stipendio di questa grandezza significa che i ragazzi percepiscono l’8,1% di soldi in più.

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  • ezio |

    A mio parere non servono rivendicazioni sindacali per ambire a ruoli apicali, serve mordente, resilienza ed idee chiare su casa fare e volere nella vita.
    In ambito maschile ed al netto delle competenze che si valutano soggettivamente, queste caratteristiche sono sempre molto ben presenti, ma in ambito femminile è altrettanto così?

  • gloria |

    rispetto al passato qualche passo avanti si è fatto ma molto cè ancora da fare.Senza avere atteggiameni estremisti, molte sono le donne che presentano qualità manegeriali e che restano al palo, diamoci da fare.

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