categoria: In famiglia
Andare in vacanza con degli sconosciuti può farci scoprire noi stessi

Quest’anno sono andata in vacanza con Avventure nel Mondo Family, un’organizzazione che mette più enfasi sulla scoperta dei luoghi e il giusto assemblaggio del gruppo che sull’organizzazione del viaggio, sempre un po’ sgarrupato. Perfetta per chi ha figli: i ragazzi, se i gruppi si compongono con le giuste fasce d’età, si trovano subito e fanno squadra, e così il primo obiettivo della vacanza – che i figli si divertano fino quasi ad ignorare i genitori – è raggiunto.
Speculari rispetto ai loro giovani alter ego, i genitori si incontrano in viaggio, spesso per la prima volta, senza sapere quasi niente gli uni degli altri. Quindi:
1) non devono corrispondere ad aspettativa alcuna: a differenza della vacanza con gli amici, qui non c’è pregresso, non c’è storia e a mettere insieme le persone è solo il comune intento di vacanza. C’è chi di questo teme la casualità (“potrei trovarmi di fronte chiunque, come so che andremo d’accordo?”) e chi invece, come me, ne apprezza l’impronta leggera, la libertà di esplorare argomenti nuovi e inusuali, di “non essere se stessi”;
2) la relazione che nasce in vacanza non presuppone nemmeno un “dopo”: si crea quindi una vera e propria bolla i cui confini sono tracciati dal minimo comun denominatore del gruppo (sì, qui qualche rischio c’è) e dalla voglia di un presente che comunque dipende dalla capacità di stare insieme, quindi di aggiustarsi sulle reciproche necessità e tutto sommato di non mollare nessuno perché la vacanza funzioni per tutti;
3) gli altri gettano su di noi uno sguardo completamente nuovo: riflessi nei loro occhi vediamo aspetti di noi che possono sorprenderci, piacerci oppure no. Io quest’anno ero irrequieta, arrivavo in vacanza senza molto equilibrio, e il gruppo me lo ha restituito con maggiore schiettezza di amici e colleghi, che invece avevano ammortizzato con tolleranza e affetto. Giorno dopo giorno, il fastidio per questa immagine di me è cresciuto fin quasi a farmi venir voglia di scappare; ma non sono scappata, e a un certo punto la vacanza ha prevalso, l’irrequietezza è scesa, mi è sembrato che gli altri mi vedessero finalmente come mi vedevo anch’io, mi sono riconosciuta. Ovviamente non erano cambiati loro, ma io.
La vacanza con degli sconosciuti, quindi, rompe gli stereotipi: cambia e arricchisce l’idea che uno ha di sé, richiede di ascoltare meglio e spiegarsi di più. Per questo è faticosa, come può esserlo una situazione priva delle definizioni che ci proteggono e ci permettono di farci comprendere al volo, ma al tempo stesso ci rende liberi di fare nuove scoperte: che possono essere temporanee, durare giusto il tempo della vacanza, oppure restare molto più a lungo nelle nostre vite.
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