Ogni famiglia percorre la propria strada, compie il proprio viaggio in questo percorso non sempre lineare che è la vita. Erica e Franco Micucci, nel volume Da Oriente a Occidente. L’amore senza confini di una famiglia adottiva, per i tipi di Tau Editrice, raccontano il loro viaggio speciale per allargare la famiglia, compiuto insieme al primo figlio arrivato dalla Cina. Il volume nasce dai racconti scritti quotidianamente per condividere, nella chat con i cari e gli amici rimasti a casa, le emozioni e il racconto del viaggio in Colombia per andare a prendere la loro secondogenita.
Il racconto del viaggio e delle persone incontrate, del susseguirsi delle giornate e, soprattutto, delle gioie e delle difficoltà della costruzione della relazione e del nuovo equilibrio familiare, è l’occasione per ampliare il respiro e inquadrare questo pezzettino di strada in un’ottica più grande. Nel volume si intrecciano, infatti, come fossero i fili di una meravigliosa tela, più narrazioni: il viaggio in Colombia riaccende e richiama alla mente il ricordo del primo viaggio in Cina, con le analogie e le inevitabili differenze, perché ogni storia è a sé, ogni bambino è portatore delle sue specificità e della propria storia. Ed entrambi i viaggi e tutto il percorso di Erica e Franco per diventare famiglia viene messo a fuoco in alcuni momenti di riflessione che si alternano alla narrazione e che riconducono ogni esperienza, ogni momento della giornata, ogni emozione all’interno di un disegno più grande.
Erica e Franco, com’è nata l’idea di scrivere questo libro?
Non siamo scrittori professionisti, ma durante la permanenza in Colombia per la seconda adozione abbiamo scritto dei racconti quotidiani che abbiamo condiviso in una chat di WhatsApp chiamata “Da Oriente a Occidente”, creata per l’occasione, con lo scopo iniziale di informare parenti ed amici che erano a casa riguardo quello che stavamo vivendo. Poi, giorno dopo giorno, ci siamo resi conto sempre di più che annotare il vissuto di quei momenti fosse prezioso anche per la nostra famiglia e che quotidianamente c’era una Parola che faceva “luce” al percorso e ne dava una lettura significativa.
Scrivere ha cominciato così a rendere “vivibile” ciò che stavamo vivendo e non solo ciò che appariva “visibile”, ma soprattutto la parte “invisibile”, quella più intima e nascosta fatta di pensieri e sentimenti. E durante la permanenza in Colombia si sono cominciate ad aprire delle “finestre” con dei flashback sulla prima adozione vissuta otto anni fa, con un legame continuo “da Oriente a Occidente”. L’idea poi di pubblicare questo diario nasce per restituire, in qualche modo, il dono ricevuto: quando una coppia apre il proprio cuore per accogliere un bambino, il proprio figlio, si accorge che non si torna indietro e vivendo, amando e donando la vita ogni giorno, scopre che dietro a questo “per sempre” c’è una sincera ed autentica chiamata a testimoniare la bellezza dell’adozione.
Com’è cambiata la vostra vita ora che siete in quattro rispetto a prima?
Tutti e quattro sappiamo che il nostro viaggio “da Oriente ad Occidente” non si è concluso, ma anzi, possiamo dire che ognuno di noi, in questo momento, è come se fosse proprio nel bel mezzo del “viaggio”, quello interiore e quello del rapporto tra di noi. Un “viaggio” fatto di gioie, di fatiche, di conquiste, di racconti del passato, di contraddizioni, di scoperte, di ostilità e provocazioni, di fiducia, di metterci alla prova, di tenerezza, di saperci accogliere e imparare ad amare e perdonare. Ma è proprio questo che rende bello ed avventuroso il “viaggio”! Perché ogni giorno ci impegniamo a “fare famiglia”, con la certezza di non essere soli. Seppur non sempre facile, in questo c’è il segreto della gioia piena.
I bambini provengono da due parti opposte del mondo, come procede la costruzione del legame familiare? Quali diversità avete notato?
I nostri figli rappresentano in maniera chiara le differenze dei luoghi da cui provengono e che caratterizzano le loro origini. Il primogenito, proveniente dall’estrema Cina, è l’emblema del ragazzino orientale, pacato, riflessivo, preciso ed organizzato, la sorellina, originaria della colorita e caotica Colombia, è tipicamente energica, travolgente, solare ed estrosa. Due “mondi” diversi, due esperienze meravigliose, come diversi e meravigliosi sono i figli che abbiamo accolto.
Chiaramente hanno dovuto conoscere e fare esperienza delle tipiche dinamiche tra fratelli e non è stato semplice ed immediato procedere alla costruzione del legame familiare, ma la minima differenza di età di solo un anno e mezzo ha contribuito ad avvicinarli nei giochi e nelle attività e oggi possiamo dire che ciò che li rende diversi in realtà si sta dimostrando una ricchezza per entrambi, che li completa e li valorizza.
Siete rientrati dalla Colombia nel gennaio 2020, appena prima dello scoppio della pandemia. Come avete vissuto il periodo di lockdown?
Il tempo del lockdown si è paradossalmente rivelato molto utile per la nostra famiglia perché ha contribuito a consolidare un legame appena costituito: noi genitori eravamo a casa a tempo pieno e potevamo dedicarci ai figli, ai giochi con loro ed alle attività di didattica a distanza. La bimba era stata appena iscritta a scuola ed aveva avuto la gioia di partecipare a soli dieci giorni in presenza! Anche il rapporto tra fratelli si è molto consolidato, permettendo loro di iniziare a giocare insieme mettendo da parte rivalità e gelosie.
Che consiglio vi sentireste di dare a chi come voi desidererebbe effettuare una seconda adozione ma ha paura di stravolgere gli equilibri creati?
Chiaramente l’accoglienza di una nuova bambina ha portato inizialmente una “rivoluzione”, soprattutto perché in famiglia avevamo raggiunto nel tempo un buon equilibrio. Nel dire “sì” ad accogliere questa figlia abbiamo rischiato di perdere quello che a fatica ci sembrava di aver conquistato e non nascondiamo di aver provato, al momento dell’abbinamento, qualche timore, soprattutto sulla capacità di affrontare e condividere le sue ferite. Oggi però possiamo ringraziare di non esserci fermati davanti alla paura, ma di aver sempre creduto a tutto ciò che di buono e di bello vediamo in lei.
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