Cara scuola,
Cenerentola d’Italia, ultimo baluardo ad essere rimasto chiuso nella fase 3, durante la pandemia. Bella addormentata da marzo, dimenticata e in attesa del bacio che potesse ridestarti dal torpore nel quale eri caduta, tuo malgrado. Quanti scossoni hai dovuto subire durante la tua esistenza? Hai visto guerre, disastri naturali, carestie. Morta e risorta mille volte, come la fenice dalle sue ceneri. Hai vissuto periodi tremendamente bui, illuminati a tratti da donne e uomini che hanno creduto in te, sempre e hanno fatto dell’educazione una vera missione. Sei stata sempre come creta, modulabile, formata e riformata decine di volte; costruita, disfatta, ricostruita e distrutta.
Ma questo, cara scuola, te lo saresti mai immaginato? Un blackout lungo mesi, improvviso, ineluttabile, incomprensibile a volte. Piombata in un silenzio talmente forte da poter essere ascoltato come il più acuto dei suoni, di quelli che sembrano bucarti lo stomaco con le sole vibrazioni dell’aria. Dimmi, quante scarpe hanno calpestato le scale d’ingresso? Quante voci hanno sentito le tue mura scrostate dal tempo e dall’incuria?
Infinite parole, numeri, confidenze, preghiere, lacrime, urla, proteste, vite pronte ad esplodere. Quanti alunni e quante alunne hanno varcato la soglia, sentendo la campanella del primo giorno, con un nodo in gola, gli occhi vivi di speranza e il cuore che accelerava i battiti? Campanelle festose e portatrici di nuove cose, nuovi percorsi da iniziare e da concludere, seguite dallo scalpitio di piedi, da mani intrecciate in altre mani, sorrisi sornioni e sguardi che solo la giovane età può avere. Il peso della cultura è immenso, incalcolabile e lo hai portato sulle tue spalle, anche doloranti, quasi mai stabili. Hai resistito, claudicante. Sei sopravvissuta, anche quando tutto sembrava complicato.
La scuola a distanza. Mai accaduto che tu arrivassi dritta nelle case degli studenti. E’ accaduto l’inimmaginabile. Eppure, nell’immenso sforzo, non sei riuscita a colmare dei vuoti, a supportare le famiglie, ad includere tutti gli studenti e le studentesse con la stessa intensità. Perché tu non sei nata per essere “distanza”. Tu sei da sempre la culla, le braccia di un genitore che accoglie, che stringe, che unisce. Questa volta, a soffrire di più, sono state le famiglie e le donne, sulle quali è ricaduto il compito di diventare tuoi surrogati. Compito difficile, a tratti impossibile.
Peccato. Abbiamo perso una grande occasione. Quella di ripensarti completamente nuova, potenziando la tecnologia, integrandola con nuove metodologie, ristrutturando luoghi e programmi stantii e fuori tempo, snellendo le classi, creando piccoli gruppi di lavoro interdisciplinare, in cui ognuno avrebbe potuto esprimersi. Abbiamo perso un appuntamento che si rimanda da decenni, quello che ci vede attenti alle esigenze delle nuove generazioni di studenti e di insegnanti. Abbiamo perso di vista l’essenziale. Ci siamo dimenticati di te, di come dovresti diventare per essere un posto migliore. Quello di cui hai bisogno lo sapevamo, lo sapevano da tempo. I tuoi bisogni, però, sono stati accantonati da anni e tu, indomita, ti reggi sulle gambe tremanti e le braccia di chi ti sostiene. E’ bastata una forte spinta per farti cadere e fare tanta fatica a rialzarti.
Stavo pensando, cara scuola, che proprio in questi giorni si celebra il 150mo anno dalla nascita di Maria Montessori, donna determinata, sovversiva, coraggiosa. In un’epoca dove alle donne non era concesso studiare, Maria si è laureata e ha speso la sua vita per la medicina psichiatrica e per la pedagogia. Mi chiedo che farebbe oggi. Immaginava una scuola che potesse diventare anche una specie di presidio sanitario? La risposta forse risiede proprio in un’affermazione della Montessori, secondo la quale, l’insegnamento ha a che fare con il coraggio. Coraggio di trasformarsi, quando serve, di attingere alla creatività per trarre beneficio anche da situazioni difficili. Allora, cara scuola, forse è questo di cui hai bisogno adesso. Quello che possiamo augurarti e augurarci. Coraggio. Di restare fedele a te stessa, nonostante tutto. Di rimanere il faro che possa portarci a riva, che ci ricordi ogni giorno quello per cui siamo dalla tua parte.
Educare e formare gli uomini e le donne del futuro.