Le maestre di Milano della scuola dell’infanzia indossano dei terribili camici bianchi di plastica. Non sono neanche quelli traspiranti, sono proprio quelli di plastica. Oltre al camice, le complicatissime norme anti-Covid prevedono per loro di indossare mascherina e visiera trasparente. “Non mi metto gli occhiali perché mi si appanna tutto e non vedo più niente“, mi ha detto ridendo l’educatrice che ha accolto ieri mattina mio figlio, dopo sei mesi di assenza da scuola. Me lo ha detto ridendo, sorridendo, felice ed emozionata come emozionati ed entusiasti erano tutti i genitori, le altre educatrici, il personale ausiliario con termometro e gel che controllava gli ingressi, la dirigente.
Ecco perché penso che, ancora una volta, la polemica fine a se stessa, quella che tanto in questi difficili tempi di Covid vediamo fiorire, sia ancor più inutile. Sui social la foto del famigerato camice non viene utilizzata per esprimere solidarietà alle maestre – una di loro l’ha postata per prima – che suderanno sette camicie più del solito alle prese con orde di bambini scatenati. O per ironizzare, come hanno fatto i bambini stessi quando le hanno viste. Certo, alcuni sono rimasti un po’ perplessi inizialmente… Ma dal momento di esitazione ad utilizzare le parole che ho visto scrivere sui social come “terrore”, “trauma”, “paura” ce ne passa. Tutte emozioni, fasi, momenti che ogni essere umano sperimenta nella vita. Di recente, poi, la storia ci ha messo di fronte a una sfida forte in termini di paura e di quello che possiamo considerare un trauma collettivo, una pandemia globale che ancora oggi colpisce duramente.
Ma parlare di terrore o di trauma di fronte a una misura come quella dei camici – sì, forse estrema ed esagerata, che magari verrà rivista man mano – mi pare un’offesa. A ciò che abbiamo vissuto in questi ultimi sei mesi, all’entusiasmo dei bambini, alla risata della maestra e di tutte quelle come lei dietro la visiera. Al clima gioioso che si respirava ieri mattina a scuola, nonostante i termometri, i camici, i registri e le mascherine.
Perché come sempre sono le persone che fanno la differenza e di persone speciali, intorno a noi, ne vedo tante. Forse si tratta solo di sapere guardare nella direzione giusta, smettere di lamentarsi guardandosi in cagnesco e magari alzando lo sguardo sui nostri figli. Il rientro a scuola non è perfetto, non lo sarà, stiamo andando per tentativi ed errori, ma dopo sei mesi ieri il cancello era aperto e i bambini erano felici. I traumi vediamo di non crearli noi genitori.