Come imparare a stare nell’incertezza

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Si chiama zona neutra, e se ci sembra che niente sia certo è perché è proprio così.
La paura è un po’ passata, ma le cose non vanno bene come avevamo sperato mentre entravamo nell’estate più strana della nostra vita (fin qui). Continuiamo ad avere la sensazione di navigare a vista, mentre aspettiamo che qualcuno ci dica che la “fase di test” è finita e che possiamo tornare ai nostri posti.

Stare a lungo nell’incertezza è intollerabile per il nostro cervello per cui, in modo atavico, incertezza equivale a possibile pericolo. Quindi cosa fa? Riempie i vuoti con soluzioni provvisorie e imperfette, ma sufficientemente buone da abbassare lo stress. Che soluzioni sono? Sono collegamenti ragionevoli tra concetti: deduzioni e illazioni basate su esperienze passate, e di solito pescano nella nostra immensa riserva di stereotipi.

Nell’incertezza, infatti, gli stereotipi tornano utilissimi.

Perché nascono da un sapere sociale che magari non è aggiornato ma è comunemente dato per buono e vengono confermati facilmente da episodi che essi stessi contribuiscono a creare. Perché sono di facile accesso, numerosi e disponibili in ogni cultura. Perché aiutano a riconoscere i simili e a tenere lontani i “diversi”, senza dover spendere energie extra per una valutazione accurata.

In tempi di incertezza, l’energia mentale è un bene prezioso e scarso, consumata com’è – appunto – dalla gestione dell’incertezza, e nel volerla risparmiare ci sentiamo tutti giustificati dalla causa che tutte le altre domina e divora: “la salute prima di tutto”!

Siamo in una terra di mezzo tra l’urto dell’imprevisto e la gestione dell’emergenza, ed è un territorio che si estenderà in modi diversi ancora per molti mesi. Chissà se si sentivano così i nostri nonni durante la guerra, che nell’incertezza li ha tenuti sei lunghi anni. Devono per forza aver trovato un loro modus vivendi, una quotidianità quasi normale, per resistere così a lungo. Sapremo farlo noi?

Vivere di soluzioni provvisorie: accettarle nella nostra vita e addirittura diventarne autori, pur sapendo che sono imperfette e destinate a cambiare presto?

Tollerare che, quale che sia la scelta che ci viene proposta/imposta oggi, nessuno può prometterci o garantirci che duri?

Goderci una passeggiata che quattro mesi fa ci era proibita, pur sapendo che potrebbero negarcela di nuovo in qualunque momento?

Insegnare ai nostri figli che sì, la scuola riapre, per ora così, domani chissà, e questa storia non è nelle nostre mani?

Insieme a loro, fare di questa incertezza una terra da abitare comunque con energia e volontà, senza risparmiarci e farci trascinare nell’attesa che finisca?

Forse i nostri margini di decisione si sono ristretti, di certo lo sono i nostri margini di controllo. Ma al tempo stesso sono margini nuovi: possiamo pensare a nuovi modi di abitarli, raccontarceli, collegarli tra loro. Accorgendoci quando i vuoti invece li riempiamo in automatico, usando la strada più ovvia e veloce, che invece di farci andare avanti ci tiene ancorati a definizioni vecchie, riposanti, banali, inutili.

La paura è un po’ passata, ora possiamo cercare l’energia. Ci vuole più coraggio, in tempi di incertezza, per adeguare il passo a nuove andature, per tollerare soste e deviazioni.

Forse può farci sentire sciocchi, cercare proprio oggi una dimensione in cui continuiamo ad avere in mano una penna per scrivere, anche solo in parte, la nostra storia.
Ma è così: più di prima, in spazi ridotti e righe che continuano a cambiare forma e dimensione, questo trauma collettivo è come se ci avesse rimesso in mano la penna.

E, se è vero che l’istinto di conservazione ci porta verso definizioni già date – celebrate nelle emergenze perché territori di facile accesso e comunanza, più comode e veloci ma sempre più inadeguate – la zona neutra in cui siamo a saremo ancora a lungo ci invita anche a molto altro.
Tutto ciò che è nuovo è incerto, lo viviamo per la prima volta. Ecco, la zona neutra è il nostro territorio nuovo, arrivato proprio in un tempo in cui ci sembrava che le novità potessero provenire solo dall’innovazione tecnologica, ed era lì che indirizzavamo creatività, curiosità e paura.

Oggi invece tutto il nostro mondo è nuovo, a iniziare dai volti semi nascosti di chi incrociamo per strada, continuando con il modo in cui possiamo conoscerci, riconoscerci, incontrarci, forse persino innamorarci, sicuramente convivere, apprendere e lavorare. Fa paura, ma è anche una grande possibilità.
Alla zona neutra segue sempre un “nuovo inizio”, ma non nasce dal nulla: nasce in continuità con quel che si è saputo fare, essere, diventare a passi piccoli e coraggiosi nella stagione delle incertezze.

  • carl |

    Si potrebbe aggiungere che anche nell’incertezza c’è disuguaglianza… Ha meno incertezze chi ha un lavoro sicuro, chi fa parte o ha l’appoggio di una rete sociale (palese o meno, legale o meno…), chi svolge (cioè offre, nel mercato si dice così…) una professione che è oggetto di domanda sostenuta, continua…(la migliore, al riguardo) è quella di un medico…:) chi è un parlamentare (sia indigeno/locale che europeo..) ed altre figure ancora…
    Poi ci sarebbe il caso di coloro che vivono nell’ignoranza (non quella dotta..:) ignorando cioè tante cose e che, di conseguenza, hanno anche meno incertezze…In un commento non è possibile ire oltre …

  • FRANCESCO |

    Insomma, non ci resta che vivere appieno la situazione (l’esperienza) senza dimenticare di ragionarci sopra.

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