Sin dall’inizio della scorsa legislatura mi sono impegnata affinché sia culturalmente che legislativamente si affermasse il principio che le politiche pubbliche non sono mai neutre rispetto al genere ma hanno un impatto differente, anche se non previsto e non voluto.
Dopo gli impegni assunti a Pechino nel 1995 nella Conferenza dell’Onu sulla condizione femminile e le successive indicazioni e direttive dell’Unione Europea, era infatti necessario colmare il ritardo accumulato dall’Italia.
Da qui la proposta di legge, da subito trasversale alle forze politiche, per l’istituzione di uno strumento statistico, un osservatorio, in grado di misurare la situazione ex ante e individuare quella ex post della decisione del Parlamento e di altre assemblee.
Una proposta nuovamente presentata nel corso dell’attuale legislatura e contenuta anche nella mozione sottoscritta da tutti i partiti di maggioranza per un piano straordinario per l’occupazione femminile votata dal Senato il 13 maggio scorso.
Un voto che impegna il Governo ad agire subito. La sfida della ripartenza impone infatti alla politica di assumere responsabilità e scelte che si traducano in azioni forti e immediate per dare risposte concrete ai bisogni delle persone ma anche per tornare a crescere in modo più sostenibile, equo, inclusivo e paritario.
Per questo, contestualmente, mi sono fatta promotrice di una richiesta all’UVI, Ufficio Valutazione Impatto del Senato che ha il compito di valutare le politiche pubbliche analizzandone rischi, costi, benefici ed efficacia, affinché si doti degli strumenti necessari a eseguire la valutazione ex ante anche dell’ impatto dal punto di vista del genere.
Serve infatti prevedere e misurare le conseguenze che le scelte pubbliche hanno per contrastare ogni possibile forma di discriminazione che risulti penalizzante rispetto a un pieno coinvolgimento e riconoscimento del ruolo, delle competenze, dei saperi e delle esperienze delle donne e per costruire davvero una società più equa e paritaria che realizzi il benessere comune di donne e uomini.
Ritengo pertanto molto importante e molto significativo che l’istituzione di un osservatorio per la valutazione ex ante dell’impatto di genere sia stata inclusa tra le proposte del Piano Colao per il rilancio “Italia 2020-2022”. Spingere e sostenere il lavoro femminile, eliminare il pay gender gap, condividere le responsabilità di cura tra donne e uomini, contrastare gli stereotipi, le disparità e ogni forma di violenza di genere, investire su leadership femminili in ogni ambito della vita pubblica, sociale, politica ed economica, significa permettere all’Italia di diventare un paese “più forte, resiliente ed equo”.
Così è riconosciuto, e con molta forza, nelle schede di lavoro elaborate dalla task force nominata dal governo che hanno il merito di affermare che solo una società davvero inclusiva e paritaria ha la capacità di ritrovare lo slancio necessario per superare la crisi di questi mesi e ricominciare a crescere.
Un risultato niente affatto scontato e determinato a mio avviso anche dall’allargamento della task force alle competenze femminili che erano state colpevolmente trascurate e che grazie a una battaglia civica e politica portata in Parlamento attraverso una mozione di maggioranza sono state riconosciute e incluse.
Tra gli strumenti utili a dare seguito a queste indicazioni segnalo anche un emendamento molto importante al Dl Rilancio, già depositato alla Camera, per l’introduzione di indici di misurabilità dell’inclusione di genere nelle aziende a sostegno della ripresa economica.
La proposta, che mi auguro venga approvata, istituisce presso il Ministero dello Sviluppo economico il Fondo per la misurabilità della situazione del personale nelle imprese e per il sostegno a politiche inclusive. Attraverso l’estensione dell’aumento del tax credit si vogliono incentivare le aziende a intraprendere percorsi interni di miglioramento delle politiche di inclusione di genere misurati e monitorati attraverso indici oggettivi e scientifici.
L’Italia non può più permettersi il tasso di occupazione femminile tra i più bassi in Europa, al 49,5% secondo dati Istat contro il 67,6% maschile. La percentuale di successo delle politiche per la crescita è infatti strutturalmente intrecciata alla percentuale di donne che lavorano. Il raggiungimento da parte del nostro Paese della media europea di occupazione femminile (62,3%) determinerebbe infatti un aumento del Pil di circa 88 miliardi di euro l’anno.
Per questo spingere su strumenti di incentivazione del lavoro femminile è fondamentale per il futuro di tutto il sistema produttivo e sociale che già l’Agenda 2030 dell’Onu condizionava al raggiungimento della parità di genere come obiettivo fondamentale e trasversale, funzionale cioè alla realizzazione anche di tutti gli altri.
L’Italia deve essere in prima fila in una ripartenza equilibrata e paritaria, per continuare a perseguire a livello nazionale ed europeo ogni politica e misura finalizzata a promuovere la parità tra donne e uomini e lo sviluppo sostenibile, innovativo, inclusivo e paritario. Gli strumenti ci sono. Serve ora una chiara e forte volontà politica di compiere oggi scelte decisive per il domani.