Lasciare i figli oppure il lavoro? Perché non si può riaprire senza le scuole

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Bene, allora tra il 4 e il 18 maggio si torna a lavorare. Sono un’imprenditrice: nella mia azienda lavorano 34 persone: ci organizzeremo alternando smart working a presenza in ufficio, che in alcuni casi sarà necessaria se vogliamo rimettere in moto alcune attività che avevamo congelato. Chiamo Stefania, la cui presenza servirà quasi subito, per concordare quali giorni della settimana potrà essere in ufficio. Stefania ha due bambini, di 8 e 11 anni. E’ separata e la sua gestione familiare fuori dall’orario scolastico ha sempre poggiato sui nonni, i suoi genitori. Da nove settimane, 63 giorni, Stefania lavora da casa e contemporaneamente segue i suoi bambini. I giorni saranno più di 70 nel momento in cui le sarà richiesto di venire in ufficio. Mi domanda:

“I bambini dove li metto?”.

Babysitter non ne ha mai avute. Cercarne una adesso sarebbe praticamente impossibile: sappiamo bene quanta fatica costa trovare una persona a cui affidare i propri figli con fiducia, figuriamoci trovarla in emergenza; ma sarebbe impossibile anche economicamente: questo tipo di supporto per 8-9 ore al giorno per più giorni a settimana costerebbe una cifra spropositata. Piuttosto le conviene prendersi un congedo e non lavorare lei per qualche mese, vivendo dei risparmi… si domanda però se al ritorno, quando le scuole riapriranno, avrà ancora un lavoro, o se nel frattempo io avrò dovuto sostituirla.

Sento Laura, che ha un bimbo di 5 anni e una bimba di 2, e la situazione è la stessa: anche suo marito riprenderà ad andare in ufficio, i nonni sono inaccessibili, la baby sitter che di solito usa di pomeriggio non è disponibile al mattino perché studia. “Come faccio a venire in ufficio?” mi domanda un po’ agitata. Lavora con noi da pochi mesi e l’ansia di non perdere questo lavoro si somma a quella di suo figlio che dovrebbe iniziare la prima elementare l’anno prossimo – chissà come, visto che l’apertura delle scuole, anche in modi diversi da quelli passati, sembra essere una costante opzione “B”.

Questa storia in molte diverse declinazioni potremmo ascoltarla più o meno 10 milioni di volte: tante sono le persone che in Italia si prendono cura di figli minori di 15 anni secondo l’ultimo report Istat (ricordo che in Italia lasciare a casa da soli i figli sotto i 14 anni è considerato reato). Se anche la metà di loro avesse una soluzione nel taschino, restano 5 milioni di persone che il nostro Paese ha lasciato da sole davanti al più banale dei problemi: dove mettere i figli quando si va a lavorare.

E’ interessante come il dibattito in ambito imprenditoriale ed economico sia tutto orientato a esplorare che cosa questa situazione ci sta facendo apprendere e migliorare: lo smart working, l’agilità dei processi, il ripensamento dei servizi e delle missioni stesse di alcune aziende in un’ottica di senso rispetto alla nuova realtà. Tutto questo non ha nemmeno sfiorato l’universo di senso in cui immergiamo i nostri figli per oltre 15 anni, aspettandoci che ne escano “istruiti”.

Loro, scopriamo, erano semplicemente parcheggiati, e un parcheggio non cambia forma e può essere solo aperto o chiuso – non esiste un piano C per i nostri figli: la fase 2 è uguale alla fase 1.

L’articolo 34 della Costituzione dice “La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita”. Finché la connessione internet e i dispositivi per usarla saranno a pagamento e venduti da privati, lo smart-schooling non può in nessun modo essere considerato una soluzione di pubblica utilità: centinaia di migliaia di bambini ne restano tagliati fuori ogni giorno, aumentando il divario tra chi può e chi non può.

E’ quindi incredibile che sin dall’inizio della quarantena si sia dato per scontato che le scuole non avrebbero riaperto: bisogna sbattersi e immaginarle tutte prima di arrivare a dire una cosa del genere, e poi essere mortificati quando la si dice.

Scusarsi, almeno, per non aver trovato niente di meglio da dire, niente di più intelligente da fare. Ma davvero non ci sono altre soluzioni possibili? Perché questa soluzione, in realtà, possibile non è.

  • Veronica |

    Perché non è stata ancora trovata una soluzione a questo? Tutti siamo diventati genitori e tutti sappiamo l’impegno e il tempo che richiedono i figli. Non dobbiamo più fare figli? O o come facciamo a dare loro una dignità se non abbiamo possibilità di lavorare? O come ce ne prendiamo cura se il lavoro ci impegna tutta la giornata? È possibile che se non hai un parente a disposizione non c’è possibilità di essere autonomi? È possibile che pensino che due stipendi di 2 operai possano coprire le spese di una baby sitter? Come può fare altrettanto una donna o uomo separati? Come può esserci sicurezza e salute se siamo costretti ad abbandonare il lavoro o i nostri figli?

  • Monica |

    Leggendo mi è nata una vignetta in mente.
    Lo scenario più terribile possibile?
    Portare i figli a lavoro e metterli al servizio dell’azienda. Come negli anni venti del secolo scorso i bimbi più sfortunati invece di andare a scuola li facevano andare a mietere il grano.

  • Chiara |

    Concordo pienamente con i commenti e aggiungo il mio. Lavoro in ospedale e la mia professione è considerata essenziale ma essenziale ritengo sia anche quella dell’insegnante perché credo sia chiaro a tutti, dopo aver dato credito ai soliti noti esperti, virologi, epidemiologi, economisti, quanto l’istruzione sia fondamentale. Ora, il diritto all’istruzione viene negato e si crea una voragine al suo accesso perché non tutti i nostri figli hanno a disposizione pc, connessione wi-fi, insegnanti parimenti volenterosi a proseguire il programma anche da remoto e da ultimo genitori presenti che li sostengano. Infine le madri lavoratrici in Italia sono specie rara e ora anzichè proteggerle le si chiama al sacrificio di anteporre la cura dei figli perché non hanno un paracadute degno di nome,perché il congedo parentale di 30 giorni e il voucher baby sitter coprono in modo irrisorio l’arco temporale che l’assenza della scuola lascia scoperto.

  • Federica |

    Condivido faccio due ulteriori osservazioni: il problema non esiste perché è principalmente un problema delle donne, che si sacrificheranno….la seconda riflessione è che al datore di lavoro non interessa nulla che tu abbia a casa due figli di cui ti devi occupare…quindi lo Smart working non è una soluzione seria. Risolve solo il problema dell’abbandono di minore, non quello della sua cura ed istruzione.

  • Chiara |

    Tutto quanto scritto è vero ed ogni commento giusto. Il problema sarà di certo cosa si farà a settembre, ma consideriamo anche quanto si dovrà fare da domani. Mesi estivi a casa, e per chi vive in una casa senza balcone o guardino, lascio a voi immaginare cosa voglia dire. Ah forse mio figlio di otto anni dovrà anche starci da solo, perché entrambi i suoi genitori saranno al lavoro. Ministro Azzolina, Conte, il governo tutto deve darci un piano ora. Subito. La soluzione non è il bonus baby sitter o il congedo parentale.

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