“Remote but not Smart” working: come motivare il team

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Photo by Brooke Lark on Unsplash

Molti ragazzi della mia generazione ma soprattutto di quelle precedenti sognavano di potersi mettere nei panni di Sean Connery e Pierce Brosnan e diventare un agente ‘007’. Nessuno di loro però sognava questo numero come un orario dettato dal remote working di una pandemia: 24 h al giorno di lavoro 7 giorni su 7 (dalle 00 alle 00 per 7 giorni).

Il remote working ben fatto può essere un boost per il morale e la produttività, mal fatto può portare inefficienza, danni alle relazioni e demotivazione. Come evitare allora di trasformare le imprese in un covo di “fasulli agenti segreti dell’MI6”? Ho raccolto, studiato ed elaborato attraverso il confronto con manager italiani i migliori consigli letti in questo periodo e provenienti da ogni parte del mondo. Ecco quelli che mi sento di condividere:

1) Ricreate una struttura efficace sostenuta dalle giuste regole. Siamo stati catapultati in un remote working che molto spesso è tutt’altro che “smart”. Persone e Team che lavorano a distanza possono facilmente incappare in un senso di confusione dovuto alla poca chiarezza. Un potenziale isolamento dal gruppo di lavoro può generare indecisione su chi debba occuparsi di qualcosa, può esser causa di ritardi, lavori doppi e di presenza prolungata all’infinito davanti allo schermo. Il rischio “007” è in agguato.

Per questa ragione, stabilire una struttura chiara per le modalità di comunicare, per le responsabilità da assumersi e da assegnare e per le decisioni da prendere diventa di fondamentale importanza. Regole chiare e norme solide non limitano la leadership basata sulla fiducia, anzi ne definiscono i contorni facilitando chi la sa esercitare. La chiarezza di generata favorisce l’abitudine ad un nuovo status quo fortificando la motivazione e potenziando produttività.

2) Fatevi contagiare dalle emozioni e prendetevi cura degli altri. L’empatia, l’ascolto e la capacità di essere follower delle emozioni altrui diventano un tool cruciale nella nuova situazione che stiamo vivendo. Saper creare un senso di comunità e di appartenenza in questo periodo privo di contatto umano proietta verso il futuro e combatte distanza e demoralizzazione.

Ascoltate le vostre persone, prendete dei momenti con loro in cui non parlare di lavoro, aiutateli a non essere connessi “007”, spingeteli a comunicare con i propri colleghi con l’idea di non discutere di obiettivi bensì di prendere un caffè insieme. Cercate il modo più coerente rispetto al contesto in cui lavorate di farli sentire le vostre persone parte di un insieme.

3) Allenate la vostra leadership e followership e non lesinate su una corretta comunicazione. “Come si comunicare alle persone è tanto importante quanto cosa si comunica” questa frase molto utilizzata cresce esponenzialmente di valore nei contatti a distanza. Una comunicazione povera e priva di ascolto sui feedback è una delle principali ragioni per cui il lavoro, e soprattutto quello a distanza, diventa demotivante e poco produttivo. Progettate i vostri interventi, sostenete la vostra leadership con una comunicazione adeguata e non improvvisata.

Non avere un piano di comunicazione spesso vuol dire distogliere gli altri dalle proprie attività, trovare interlocutori meno attenti o impreparati e perdere di credibilità. Riflettete sul vostro ruolo di leader progettando come mostrare chiaramente la direzione alle vostre persone: forza e realismo possono essere alternati per avere il massimo impatto. Includete gli altri creando momenti in cui lasciate loro guidare: siate follower credibili dei vostri collaboratori nei progetti che assegnate, ispirate fiducia con ascolto e capacità di seguire.

Per concludere, tralasciando i temi di tecnologia e sicurezza, che non reputo meno importanti, ma sui quali so che c’è chi sa affrontarli meglio di me, lancio l’ultimo suggerimento: scegliete un approccio di tentativi ed apprendimento. Sperimentate, ma siate preparati a riconoscere quello che non sta funzionando e a modificarlo con fermezza. Perdonate velocemente eventuali errori imparando da questi, perché in un periodo di cambiamento sono l’efficacia e l’efficienza del proprio apprendimento a diventare un vero vantaggio competitivo.