
“il calcio è uno strumento per l cambiamento. Non si cambia solo il gioco, ma la società”
“È stato un mondiale entusiasmante, divertente, competitivo. Vedere le giocatrici lottare per qualcosa di più grande di loro è stato emozionante. Sugli spalti sedevano uno accanto all’altro supporter con maglie diverse, famiglie, bambini, uomini, donne. È stato un grande esempio di rispetto” sottolinea Nadia Nadim, giocatrice della Nazionale danese e del Paris Saint German (Psg), appena confermato il contratto, intervenuta alla tavola rotonda “Women in Football” organizzata a Parigi da Nike (che si può rivedere a questo link).
Non solo sugli spalti, anche sul campo non sono mancate le sorprese: “Abbiamo visto squadre, fino a ieri poco note, scendere in campo e buttare un seme per il futuro come Cile, Giamaica, Argentina. La.Giamaica ha segnato solo un gol ma quel gol può far dire alle istituzioni giamaicane che vale la pena investire in.questo sport e investire sulle donne” sottolinea Nadim, che è stata nominata lunedì 8 luglio Campione dell’Unesco per l’educazione delle ragazze e delle donne. La sua nomina è avvenuta da parte della Direttrice Unesco, Audrey Azoulay, nell’ambito del lancio della campagna di sensibilizzazione “La sua istruzione, il nostro futuro” che vuole sostenere progetti per migliorare la formazione delle donne nel mondo e accelerare la parità di genere. D’altra parte quale migliore testimonial di Nadim, che con la sua storia è una role model di eccezione per tutte le bambine del mondo. Nata a Kabul, in Afghanistan, nel 1988, dopo che il padre Rabani, generale dell’esercito afgano, nel 2000, viene sequestrato e giustiziato nel deserto dai Talebani, la sua famiglia lascia il Paese e, dopo essere passata prima per il Pakistan e poi per l’Italia, giunge in Danimarca, nazione in cui si stabilisce, di cui ha preso la cittadinanza e dove ha iniziato la carriera di calciatrice.
Accanto a lei sul divanetto dello showroom Nike a Parigi è seduta Karina LeBlanc altra icona del movimento del calcio femminile a livello mondiale. Ex portiere del Canada e oggi numero uno della divisione femminile della Confederazione Nord, Centro America e Caraibi (Concacaf), ha vissuto il suo primo mondiale sugli spalti: “E’ stata la mia prima coppa del mondo nelle ultime 5 in cui non ho giocato e quella in cui mi sono solo divertita. E’ stata fenomenale. E’ stata la più intensa, la più grande e la più eccitante, perché c’erano due o tre squadre che avrebbero potuto vincere” ha osservato LeBlanc,secondo la quale si tratta proprio del Mondiale della svolta per il calcio femminile considerata l’attenzione che è stata dedicata alla manifestazione da parte delle istituzioni, del pubblico (con il tutto esaurito nelle partite e 57.900 spettatori a Lione per la finale), degli sponsor e dei media.
E a rappresentare la stampa, nella tavola rotonda, è stata chiamata Anna Kessel, women sport’s editor al Telegraph e autrice del libro “Eat, sweat, play. How sport can change your life”. “Abbiamo mandato 6 giornalisti a seguire i mondiali femminili di Francia. Per me è stata una grande emozione seguire le partite. In Inghilterra gli stadi per le partite delle donne non sono così pieni e vedere gli stadi pieni è stata una sorpresa e una soddisfazione” sottolinea la giornalista, secondo la quale comunque la strada da fare resta ancora lunga anche in Uk: “Il calcio è lo sport nazionale in Gran Bretagna ma resta molto maschile. Il prossimo passo è cambiata la cultura del Paese perché continuano a persistere differenze grandi fra i bambini che iniziano a giocare a calcio da pochi anni e le bambine che iniziano dopo i sei-sette anni e devono vincere una serie di resistenze“.“Si tratta di volere di più, si tratta di allenarsi di più, si tratta di prendersi cura di sé di più, si tratta di essere pronti a giocare 90 minuti e poi altri 30 minuti. Questo è ciò che chiedo alle ragazze. Non ci sarà una Formiga per sempre. Non ci sarà una Marta per sempre. Non ci sarà un Cristiane. Il calcio femminile dipende da te per sopravvivere. Quindi pensaci. Valorizzalo di più. Piangi all’inizio così puoi sorridere alla fine”.
“Non parlo portoghese ma ascoltando il discorso di Martha ho pianto, perché ho capito il messaggio che stava dando. Martha, che ha fatto così tanto per il calcio, ha portato il discorso fuori dal campo di gioco, sulla realtà del suo Paese. Non si è limitata a fare un paio di foto con i fan, a parlare di calcio, ha usato il suo ruolo con senso di responsabilità, facendosi portatrice del cambiamento. E ci ha chiamato a questa responsabilità: siate una voce, siate il cambiamento, alzatevi e sfidare le persone. Le role model possono fare qualcosa per le ragazze che guardano loro per il futuro. Dobbiamo prenderci la responsabilità del cambiamento nel nostro Paese, ed è esattamente cosa ha fatto Martha” ha commentato LeBlanc ancora commossa per il discorso della collega. Lei che ha raccontato di essere abituata a giocare davanti a un pubblico “di 8 persone, di cui 5 erano miei parenti” e che solo al primo mondiale che ha giocato ha capito quale fosse la portata di quel palcoscenico. “Le ragazze adesso vedono ora che possono farlo, che hanno questa possibilità, che possono crederci. Il gioco non è sul vincere o perdere ai Mondiali è la potenza del cambiamento che può portare” sottolinea l’ex portiera del Canada.
Le fa eco Nadia Nadim: “Quando ho vissuto in in un’area di minoranze provenienti da Somalia, Afghanistan, Turchia, ero l’unica ragazza che giocava per strada con i ragazzi. Mia mamma mi diceva che dovevo fare ciò che volevo ma sapevo che le pressioni su di lei erano tante e la rispetto per avermi fatto scegliere. Si aspettavano che io avessi una vita fatta di studio famiglia e così via. Io ho cambiato questo con una palla. Il calcio è uno strumento per il cambiamento. Non solo del gioco ma della società. Hai la responsabilità e il potere di portare il cambiamento. Why not?”
E chi lavora quotidianamente per la promozione del calcio femminile è Laure Boulleau, ex difensore del Psg e della Nazionale francese e oggi coordinatrice sportiva del Paris Saint-Germain. “L’emozione di questo Mondiale per me è stata vedere lo stadio pieno alla prima partita della Francia, perché otto anni fa non avrei potuto immaginare una cosa del genere quando ho giocato io i mondiali. C’è stata un’attenzione dei media e degli sponsor superiore alle attese. Eppure non resta facile per le donne esistere anche in un club come il Paris Saint Germain. Dobbiamo provare che possiamo portare qualcosa ai club e che meritiamo rispetto“.
E a chiudere con una chiamata alle armi, ognuno per le proprie competenze, è la vulcanica LeBlanc che guardando dritto negli occhi la platea ha dichiarato: “Bisogna cambiare la a percezione del cacio femminile. Bisogna raccontare le storie, far vedere le partite, avere l’attenzione della stampa. Bisogna non vederlo più come un costo ma come un’opportunità. Ognuno di noi può giocare un ruolo in questo cammino del movimento del calcio femminile. Non bisogna salite sul treno che va. In questo momento bisogna essere quelli che guidano e gestiscono il cambiamento. Quando racconterete quello che abbiamo detto, non fatelo solo per dovere. Fatelo perché ci credete e per essere parte di questo cambiamento”.