#8marzo, le donne rischiano di rimanere escluse dai lavori del futuro

calendar-conceptual-data-272976

Oggi, 8 marzo, è una giornata di festa per le donne. In realtà, la Giornata Internazionale della Donna nasce negli Stati Uniti il 28 febbraio del 1909 quando il Partito Socialista americano organizzò un’importante manifestazione per rivendicare il diritto delle donne al voto. Con un tempismo quasi perfetto, a un anno di distanza, a Torino si laureava la prima donna ingegnere in Italia, Emma Strada.

A pensarci bene, è paradossale pensare che Emma Strada, come Ada Lovelace prima di lei, avessero l’intelligenza, la competenza e il carattere per prendere una laurea scientifica e, ciononostante, non avessero la facoltà di esprimere la loro opinione in merito a questioni di ordine politico e sociale.

Ancora più paradossale è leggere oggi, a oltre cent’anni di distanza, i dati del “Global Gender Gap Index 2018” che, tra le tante cose, evidenzia due aspetti di rilievo: il primo conferma come tuttora la maggiore distanza tra uomini e donne si misuri all’interno della politica; il secondo accende i riflettori su un divario crescente all’interno delle professionalità emergenti, quelle legate all’intelligenza artificiale.

Oggi, nella giornata della donna, prendiamo atto, amaramente, che nonostante le donne votino e partecipino attivamente alla vita politica, ancora rimangano poco rappresentate in ruoli decisionali. Ancora più amaramente, prendiamo atto di come le donne, in questo momento storico di grande cambiamento, rischino di venir escluse dai settori maggiormente legati all’innovazione, da quegli ambiti che guideranno lo sviluppo della società e dell’economia nei prossimi venti o trent’anni.

Credo che questi due aspetti rappresentino i lati della stessa medaglia: da una parte ci indicano un percorso ancora lungo e tradizionalmente lento verso la parità di genere (se i tassi attuali dovessero essere mantenuti in futuro, il divario globale di genere globale si chiuderebbe in 61 anni nell’Europa occidentale, 124 anni nell’Europa orientale e nell’Asia centrale, 153 anni nel Medio Oriente e nel Nord Africa e 165 anni nel Nord America); dall’altro ci chiedono di reagire rapidamente, di trovare uno spazio all’interno dei percorsi STEM il prima possibile, di cogliere le opportunità che l’evoluzione tecnologica ci presenta con una rapidità e un’accelerazione che non ha confronto nella storia dell’umanità.

Da donna, da ingegnere e da prorettore della prima università tecnica in Italia, il Politecnico di Milano, dico che questo è un treno che le ragazze di oggi non possono perdere. I lavori legati all’intelligenza artificiale e ai dati determineranno il nostro futuro e da questo futuro le donne non possono rimanere escluse.

Leggendo i dati del Report, prendiamo atto di come il divario di genere nell’ambito dell’intelligenza artificiale sia notevole, stabile al del 72%. Se poi guardiano ai profili LinkedIn risulta ancora più alto. Il numero di donne che indicano di avere abilità di intelligenza artificiale è del 22% rispetto al 78% dei colleghi maschi. Assistiamo, per l’ennesima volta, al manifestarsi di un problema tutto femminile: le donne, per prime, non si sentono all’altezza delle nuove sfide. Hanno le capacità e le conoscenze, ma non la forza di affermarsi. E la distanza è ancora più marcata in paesi come gli Stati Uniti o la Germania che, molto più di altri, trainano il cambiamento… come dire? la storia si ripete.

Detto questo, se non reagiamo rapidamente, le differenze di genere contribuiranno ad aumentare la diseguaglianza sociale e ad incrementare le distanze in termini economici; limiteranno la capacità innovativa e inclusiva delle nuove tecnologie; indicheranno un’occasione mancata in un settore professionale in cui già esiste un’offerta insufficiente di manodopera adeguatamente qualificata.

Servono azioni concrete per migliorare la situazione. Il Politecnico di Milano, tra le varie attività messe in atto per avvicinare le ragazze alle materie scientifiche, consolidate i loro percorsi di studio e agevolare l’inserimento professionale, propone, per il secondo anno consecutivo, il Diversity Data Report all’interno del suo primo Bilancio di Genere. Focalizzato sui 45.000 studenti che ogni giorno popolano le aule dell’ateneo, lo studio non ha certo la pretesa di competere con i report internazionali, ma intende contribuire attivamente al dibattito nella speranza di rendere più consapevole e informata l’opinione pubblica e più chiara la situazione alle tante donne alle quale chiediamo di non sottovalutare le proprie capacità e di non perdere occasioni.

Il Report, al momento in fase di lavorazione, sarà disponibile in primavera. È il caso di dirlo: stay tuned!