Una signora di una certa età si avvicina a un padre che sta spingendo la figlia più grande sull’altalena e, nel frattempo, non perde d’occhio il piccolo che si agita sul passeggino. “Signore, se lo faccia dire, lei è un mammo perfetto”. In queste parole sono riassunti tutti gli stereotipi che, certamente, sono meno presenti nelle generazioni più giovani, ma pesano ancora nel triangolo padre-madre-figli. La donna, secondo i vecchi schemi, deve prendersi cura dei figli, l’uomo deve lavorare e portare i soldi a casa; e, nel caso in cui il padre sia partecipe nell’educazione dei figli, non sta semplicemente facendo il padre, ma è ritenuto meritevole di complimenti, da paragonare, nella cura dei figli, quasi a una mamma. Con un filo di ironia, certamente, quasi che cambiare il pannolino o portare i bambini al parco sia in qualche modo lesivo della virilità.
Maschile plurale è un’associazione di uomini: alcuni di loro hanno a volte sperimentato la vicinanza con alcune sfere della violenza contro le donne, fisica o più spesso psicologica. Violenza che, spesso, è difficile da riconoscere e si annida, spiega il presidente Stefano Ciccone, “nella battuta contro la collega o nella protezione della donna che diventa controllo”. Ma soprattutto fanno parte dell’associazione uomini che vogliono cambiare la mentalità che è alla base delle manifestazioni violente, vogliono lottare contro gli stereotipi di genere che finiscono per danneggiare non solo le donne ma anche gli uomini. Ciccone tuona anche contro un argomento di attualità che tocca proprio i rapporti uomini-donne: il ddl Pillon “in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità”. Una normativa definita da Ciccone “illusoria” perché “propone un concetto di famiglia astratto. Oggi bisogna fare i conti con la disparità retributiva tra donne e uomini e con la disparità nella cura dei figli. Il ddl Pillon non riconosce la realtà”. Sarebbe stata preferibile la soluzione spagnola che punta ad aumentare “i giorni di congedo di parternità”.
Ma torniamo agli stereotipi, quelli che Maschile plurale, associazione formalizzata nel 2007 ed esistente oggi in 14 città, vuole combattere. Secondo i dati Istat riferiti al 2014, un miglioramento, rispetto al quinquennio precedente, c’è stato. Segno che gli uomini più giovani stanno iniziando a cambiare mentalità. Le attività di cura dei figli vedono, infatti, una divisione dei tempi più equilibrata: il 61,2% del carico è svolto dalle madri, che vi dedicano 1h43’ contro 1h01’ dei padri. D’altronde, dei 17 minuti aggiuntivi dedicati dai padri al complesso del lavoro familiare nell’ultimo quinquennio, ben 12 minuti vanno ad accrescere il loro contributo proprio al lavoro di cura. Ma c’è una differenza tra la tipologia di lavoro di cura che svolgono le madri lavoratrici e i padri. Le madri sono più impegnate nelle cure fisiche e nella sorveglianza come dar da mangiare, vestire, far addormentare i bambini . L’attività che, invece, impegna i padri più delle madri è quella di giocare con i bambini. Più equilibrata e in miglioramento è la divisione dei tempi per le altre attività di cura: per l’aiuto nello svolgimento dei compiti l’indice di asimmetria scende dal 75,1% al 66,4%, e per le altre attività di cura (leggere, parlare con i figli, accompagnarli) passa dal 65,5% al 61,5 per cento.
Il miglioramento sembra sotto gli occhi, ma c’è ancora tanto da lavorare. L’associazione Maschile plurale, racconta Ciccone, “nasce da tanti piccoli gruppi di uomini che hanno cominciato a ragionare non solo sulla violenza maschile ma anche sulla costruzione di una nuova identità maschile lontana dagli stereotipi che pesano anche nella vita degli uomini”. Il problema è creare “un nuovo modo di stare al mondo”. Oggi, prosegue Ciccone, “si racconta il cambiamento dei rapporti tra uomini e donne come una minaccia per gli uomini che sono intimoriti dalla libertà femminile. C’è una sorta di vittimismo maschile. Il cambiamento è invece un’opportunità”. Un caso in cui i padri sono danneggiati dagli stereotipi è quello delle separazioni: “spesso si affidano i figli alle madri in base allo stereotipo che le madri si prendono cura dei figli, i padri portano i soldi a casa”. Tutto ciò “danneggia le donne nel lavoro, che sono messe da parte quando bisogna promuovere qualcuno e si rivolge contro i padri nel caso delle separazioni”. Anziché una lotta tra uomini e donne, Ciccone propone di condurre una “lotta di uomini e donne contro gli stereotipi che relegano le donne in un ruolo marginale nel lavoro e gli uomini in un ruolo marginale nella famiglia”.
Un altro campo dove lavorare, per Maschile plurale, è quello dell’educazione degli uomini, spesso spinti fin da piccoli a “negare la propria dipendenza da qualcuno, essere gli artefici di sé stessi, non esprimere i propri sentimenti. Ciò porta gli uomini a non saper esprimere le emozioni e a non riconoscerle”. Quando una donna si separa da un uomo di questo tipo, l’uomo capisce di essere dipendente dalla donna che lo ha lasciato “e spesso non è in grado di fare i conti con questo elemento”. L’uomo tiene tutte le emozioni dentro, rischiando di diventare “una pentola a pressione” pronta a sfociare nella violenza.
Tra i prossimi appuntamento degli uomini di Maschile plurale ci sono proprio la manifestazione contro il ddl Pillon e il cambiamento della natura della loro associazione che non sarà, come ora, solo culturale ma anche di promozione sociale. Si vuole in più riservare un’attenzione particolare all’educazione. Per Maschile plurale, infatti, è importante essere presenti nelle scuole. Solo con la presenza anche di figure maschili si cattura l’attenzione dei ragazzi che non si sentono giudicati ma “chiamati in causa”.