La domanda che dobbiamo porci in continuazione è: quanto può spingersi un artista in nome della libertà di espressione? E’ questo l’interrogativo che si pone Alessio Mariani, in arte Murubutu, cantautore e professore di storia e filosofia, che ha creato un proprio stile: il rap didattico. Una domanda che arriva mentre Gino Cecchettin, padre di Giulia, la studentessa di 22 anni uccisa l’11 novembre 2023, lancia un messaggio a cantanti e case discografiche. «Le parole che scegli, i messaggi che trasmetti, arrivano a migliaia di giovani e lasciano tracce. Ti chiedo di lasciare da parte contenuti che possono alimentare una cultura della sopraffazione», scrive Cecchettin, che ha stilato due vademecum per favorire il linguaggio rispettoso, la parità di genere e l’inclusione.
Potenziale educativo e violenza della trap
«Il potenziale educativo del rap è enorme perché è una musica diretta, che esprime grande vitalismo e ha una grande capacità espressiva. Senza considerare l’enorme diffusione presso giovani e giovanissimi», sottolinea Mariani, insegnante al liceo Matilde di Canossa di Reggio Emilia e rapper che usa la musica come strumento per trasmettere contenuti di tipo culturale e scolastico. Tema cruciale la relazione tra libertà artistica e responsabilità etica. Da qui la domanda: «Quanto può spingersi l’artista in nome della sacra e intoccabile (senza ironia) libertà artistica, fino a esprimere contenuti provocatori e diseducativi, i quali impattano su una generazione che a livello anagrafico non ha ancora gli strumenti per capire la finzione artistica?», si chiede il cantautore. Non c’è una risposta – dice – ma dobbiamo porci la domanda in continuazione. Sicuramente, secondo Mariani, la trap non è da censurare ma è giusto criticarla e chiederci in che tipo di società sia nata. «Alla base dei contenuti provocatori della trap c’è, infatti, un grande disagio giovanile ed esistenziale, un grido di dolore. Bisognerebbe discutere su come guarire quel disagio che poi produce certe forme espressive», aggiunge Murubutu.
Un’educazione all’utilizzo dei social
Il punto è dunque quello di andare alla fonte, capire in qualche contesto si sviluppano i contenuti violenti, misogini e sessisti della trap. Mariani spiega che bisognerebbe dare ai ragazzi e alle ragazze gli strumenti per interpretare determinati contenuti, ma ciò fa parte di un discorso molto più ampio e che racchiude anche l’educazione sull’uso dei social e dello smartphone. La scuola e le famiglie dovrebbero impegnarsi di più su questo, precisa il professore. I giovani sui social sono bombardati dall’idea di raggiungere determinati standard e da input contradditori, soprattutto sulle relazioni e sul sesso, con una pornografia sempre più accessibile e sempre più violenta. Contenuti che spesso diventano virali anche tra le donne e ciò è fortemente preoccupante. Per questo, c’è assolutamente bisogno di un’educazione all’affettività nelle scuole, conclude Mariani.
L’appello di Gino Cecchettin
In merito al linguaggio, la musica rap e poi la trap hanno sempre avuto una forte inclinazione machista e sessista. Nelle due lettere scritte in occasione dell’Aperyshow Charity Event 2025, festival musicale che si svolge ad Arsego, in provincia di Padova, Cecchettin ha chiesto agli artisti di raccontare relazioni sane, basate sulla parità e sul rispetto, di superare gli stereotipi e di non incitare comportamenti tossici o legami distruttivi. Ai discografici, Cecchettin ha chiesto anche di promuovere la presenza femminile, assicurarsi che le donne siano pagate equamente e abbiano le stesse opportunità e visibilità degli uomini. «Salire su un palco, oggi, significa scegliere da che parte stare – si legge nell’appello – Ti chiedo di lasciare da parte, in questa e in future esibizioni, quei contenuti che, consapevolmente o no, possono alimentare una cultura della sopraffazione. Abbiamo bisogno della tua arte. Abbiamo bisogno che dica libertà, dignità, amore, bellezza. Abbiamo bisogno di artisti che sappiano anche cambiare spartito».
Il rap in classe
Mariani non insegna ai suoi studenti e studentesse a fare rap, ma usa la musica e le canzoni per integrare i contenuti trattati in classe. «Utilizzare più linguaggi ha sempre più presa per fare vedere che si può fare lezione in modo diverso. Ma il corpus della lezione rimane quello tradizionale», sottolinea Murubutu, che a fine marzo ha pubblicato il suo nuovo album “La vita segreta delle città”. A Milano, Pietro Versari ha iniziato a fare laboratori sulla scrittura della musica rap. L’obiettivo: offrire ai ragazzi e alle ragazze uno strumento espressivo in più, senza paura del giudizio altrui. Versari, rapper (in arte Sorcho), attore e insegnante al teatro Officina di Milano, si occupa di teatro sociale e ha tenuto un laboratorio alla scuola media statale Giovanni Battista Tiepolo. «E’ un lavoro sulle parole e sulle emozioni», spiega Versari, che cita tra le emozioni più ripetute dai ragazzi vergogna, ansia e paura. «Chiedo a studenti e studentesse di dirmi tutte le parole che vengono loro in mente su un’emozione. Poi le scegliamo e componiamo le frasi e i versi. Così facendo i ragazzi si sentono capiti. Sono giovani che stanno molto sullo smartphone e sui social, hanno difficoltà a capire se stessi e a dare un nome alle emozioni. Abbiamo lavorato anche sulla trap, facendo l’analisi del testo e del linguaggio. Sul linguaggio di questo tipo di musica bisogna sottolineare che oggi c’è anche tanta emulazione».
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