Stem, “My Future Buddy” il programma che vuole più ragazze nella scienza

E’ da poco trascorsa la due giorni dedicata alle Donne nella Scienza e nella Matematica. L’Ateneo catanese in particolare ha proposto un nutrito programma di eventi in onore di Maryam Mirzakhani, iraniana, prima donna al mondo ad avere ottenuto la medaglia Fields nel 2014, mancata nel 2017 per un tumore al seno.

L’occasione è di quelle utili a fare il punto della situazione. Da gennaio dell’anno scorso anche l’Università etnea ha il suo Piano per l’Uguaglianza di Genere | Gender Equality Plan (GEP) 2022-2026. Il documento contiene azioni e obiettivi nell’ottica della parità ed è articolato in cinque macro-aree, ciascuna suddivisa in azioni e sotto-azioni a segnare un percorso di obiettivi di breve e medio periodo:

1) Uguaglianza di genere nel reclutamento e nelle progressioni di carriera;

2) Equilibrio di genere, leadership e processi decisionali;

3) Conciliazione vita-lavoro e cultura dell’organizzazione;

4) Integrazione della dimensione di genere nella Ricerca e nella Didattica;

5) Integrazione della dimensione di genere nella Terza Missione e contrasto delle discriminazioni e della violenza di genere.

Certo, se la strada da fare è ancora in salita, va detto che l’ateneo ha appena avviato la selezione per la nomina della Consigliera di Fiducia. La figura è chiamata a dar corso a una strategia mirata alle pari opportunità e al contrasto, in ambito accademico, di ogni forma di discriminazione. Come dire, Catania si allinea alle altre realtà universitarie; è segno che qualcosa si muove pure in questa parte del Paese.

I dati italiani

Ma è sull’area STEM che bisogna puntare il faro, se è vero (come documenta tra l’altro Il Sole 24 Ore) che la percentuale di quei laureati ha maggiori probabilità di trovare lavoro (si parla dell’85%).

L’Istat, in occasione di “Italia 2023: Persone, Lavoro, Impresa”, scatta un’istantanea: l’occupazione dei laureati si attesta sull’81,1% (la media Ue è dell’87,9%) e chi può spendere un titolo in Science, Technology, Engineering e Mathematics riesce a inserirsi nel mondo del lavoro nell’85,7% dei casi. Questi dati vanno incrociati con chi riesce a svolgere una professione altamente qualificata, e lì siamo all’86,7%.

Non può tuttavia tacersi lo sconforto di un divario che dovrebbe preoccuparci tutti: il gender gap relega le ragazze ai margini, con i laureati Stem al 39,2% e le laureate ferme alla metà. La differenza è ancora più forte nei gruppi Informatica e Tecnologie Ict, Architettura e Ingegneria civile, Ingegneria industriale e dell’informazione.

My Future Buddy

Alley Oop ha incontrato Salvatore Vasta che a Catania insegna Storia della Filosofia Contemporanea nel Dipartimento di Scienze della Formazione e che ha appena preso parte a My Future Buddy.  Il progetto, coordinato dalla Education Manager Camilla Fortunati della Fondazione Ortygia Business School di Siracusa, è pensato per avvicinare le studentesse del 4° anno delle scuole secondarie del Meridione proprio alle carriere scientifiche. Lavora in questa direzione, sulle soft skills, un panel di psicologi, pedagogisti e di altri esperti.

Professore, ma cosa c’entra la filosofia con il gender gap? 

C’entra, certamente. Nonostante le filosofe nella tradizione siano state (per molte ragioni) in numero limitato, il pensiero contemporaneo è ormai aperto al confronto sui temi del genere, fino a farne un vero e proprio ambito di studi specialistico che ha messo in luce prospettive di analisi finora inedite. Mi riferisco alle epistemologie femministe e ai nuovi paradigmi in filosofia della scienza, in ambito morale e nei rapporti tra filosofia e scienze sociali.

E’ questa la premessa di My Future Buddy?

Senza dubbio, possiamo dire di sì. Nello specifico, il progetto è un percorso di orientamento.

Sappiamo che si tratta della seconda edizione, che ha coinvolto 3 regioni del Sud Italia, 15 scuole superiori secondarie, per 400 partecipanti tra studenti e studentesse seguite dalle “Buddy”, neolaureate che fanno da mentore. Come funziona? 

Sono fondamentalmente sessioni di laboratorio. La parte del percorso che ho trattato personalmente ha illuminato le connessioni e l’importanza della scienza nella storia delle idee, portando ad esempio le esperienze di ricerca e di vita di donne quali Maryam Mirzakhani o ‎Katherine Johnson.

Mi spiega la A di STEAM che compare sempre più di frequente nell’acronimo? 

L’evoluzione dell’acronimo da STEM (che indica Science, Technology, Engineering and Mathematics) in STEAM tende a includere oggi le Arti, a evidenziare il contributo e la visionarietà della creatività umana, quando essa progetta ambientazioni di sviluppo. Infatti Arte e Scienza sono sempre più coinvolte in un percorso di avvicinamento, dal momento che producono un vero e proprio design del futuro.   

Nel programma disegnato da Ortygia lei avrà incontrato numerose studentesse. Che risposta hanno dato alla sollecitazione che giunge da queste sessioni? 

Nonostante alcuni gruppi siano stati precedentemente selezionati in base a delle propensioni individuali, è per me molto interessante notare che in generale l’apertura al pensiero scientifico è sempre sinonimo di meraviglia. Quando si illustra il percorso  di eccellenze, come quelle sopra menzionate, ci si accorge immancabilmente che la ricerca è sempre legata alla vita. Le ragazze hanno risposto con un notevole interesse nei confronti dell’impresa scientifica, proiettandosi nei momenti in cui la ricerca, l’impegno personale, il talento e i successi possono convergere nella sfera della realizzazione, umana e professionale. La sottolineatura che la scienza non è impresa riservata a pochi solitari ingegni, ma è sforzo collettivo, razionale, slancio di una comunità che ha come unico intento quello di spingere continuamente la conoscenza oltre le soglie del già conosciuto: è questo il primo passo per rendersi conto che la personale motivazione si scioglie sempre nella condivisione di obiettivi, che mai come nel caso della ricerca scientifica costituiscono l’essenza del lavoro di  gruppo di ricercatori e ricercatrici.  

Per le donne serviva dunque uno stimolo in più?

Certamente. Ma non si tratta di pensare alle riserve indiane o alle quote, nei gruppi di ricerca. L’obiettivo che ci si pone con programmi come quello di Ortygia è più ambizioso e più a lungo termine. Sappiamo infatti che soprattutto al Sud deve essere infranto il cliché di una scarsa propensione delle donne a frequentare i reparti scientifici. Sappiamo altresì benissimo che le donne sono capaci di conseguire risultati d’eccellenza, quando si rendono conto a pieno delle loro potenzialità. L’azione è quindi rivolta a sollecitare una presa di coscienza dei talenti e a marcare stretto il territorio dell’orientamento, per poterle agevolare ed eventualmente indirizzare verso la scelta più adatta al loro percorso lavorativo, preferibilmente in ambito scientifico.

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