Dall’Afghanistan all’Italia grazie ai corridoi lavorativi

La mattina del 23 maggio un volo speciale proveniente da Islamabad è atterrato a Ciampino. Al suo interno viaggiava un gruppo di 9 rifugiati afghani che sono stati  accolti nel nostro Paese grazie all’attivazione, per la prima volta, di corridoi lavorativi. Si tratta di un progetto pilota, reso possibile grazie a Caritas e a Consorzio Communitas e che Fondazione Pangea Onlus ha fortemente sostenuto.

Tra i professionisti arrivati in Italia ci sono un ingegnere civile, un’informatica, una graphic designer, un addetto al controllo qualità e altri profili ancora. Lavoreranno tra Firenze e Milano e in Italia sono arrivati con le rispettive famiglie. In totale sono 19 persone, di cui 5 minori. A questa prima compagine si aggiungerà a giugno un secondo gruppo di 6 beneficiari.

La procedura dei corridoi lavorativi è innovativa e consente a chi ne usufruisce di arrivare nel nostro Paese già con una prospettiva di vita migliore per sé e la propria famiglia e valorizzando le specifiche competenze di ognuno dando vita a “un modello di immigrazione che arreca vantaggio economico e sociale a tutto il Paese“, come spiega Luca Lo Presti, presidente di Fondazione Pangea Onlus, che opera a Kabul dal 2003.

Progetto pilota

Promossa e realizzata dalla Conferenza Episcopale Italiana, attraverso Caritas Italiana, nell’ambito del progetto EU-Passworld co-finanziato dal fondo AMIF, la sperimentazione è la prima a livello europeo e parte dalle positive esperienze dei corridoi umanitari, che hanno visto arrivare in Italia negli ultimi 3 anni oltre 6mila persone. “Abbiamo lavorato duramente per permettere questo modello di corridoio lavorativo, non è stato facile ma Pangea li ha seguiti per tutto questo tempo, accompagnandoli lungo l’intero percorso fino alla frontiera“, ha spiegato Lo Presti.

L’obiettivo è di trasferire in Italia un certo numero di beneficiari individuati in Paesi terzi sulla base dei criteri previsti dai protocolli nazionali siglati con il governo italiano a cui si aggiunge la verifica di competenze professionali per poter essere inseriti al lavoro presso aziende in Italia”, spiega Oliviero Forti, responsabile dell’Ufficio Politiche migratorie e Protezione internazionale di Caritas Italiana.

Obiettivo: lavoro

Nell’ambito della creazione del corridoio lavorativo Pangea si è occupata anche della segnalazione dei candidati. I soggetti scelti, spiega l’organizzazione, rispecchiano i cosiddetti criteri di vulnerabilità previsti dalle leggi internazionali e dalla Convenzione di Ginevra per essere considerati rifugiati politici ma hanno anche tutti un percorso educativo di formazione scolastica universitaria alle spalle e un’attività lavorativa pregressa tali da poter essere immediatamente essere spendibili in un contesto lavorativo europeo.

Prima dell’arrivo in Italia – illustra Forti – le persone rifugiate seguono un percorso che si discosta parzialmente da quello previsto per i corridoi umanitari in quanto non solo vi è la necessaria verifica circa la loro vulnerabilità, ma si prova a valorizzare le loro competenze professionali attraverso corsi di italiano e colloqui on line con aziende disponibili ad assumerli una volta giunti nel nostro paese“.

Sul fronte dell’accoglienza da parte delle imprese italiane si è mosso Consorzio Communitas che ha garantito il contatto con le aziende, il tutoraggio aziendale, la formazione al lavoro. Ed è proprio il contatto con una azienda e l’inserimento lavorativo della persona rifugiata a rappresentare una delle novità rilevanti della sperimentazione, perché assicura una sostenibilità nel tempo dell’accoglienza e una maggiore certezza di integrazione della persona rifugiata.

I prossimi passi

Arrivati in Italia, i primi 9 beneficiari sono ora ospitati dalle Caritas di Firenze e di Milano ma “il loro percorso di integrazione è cominciato però ben prima dell’arrivo in Italia ed è qui che risiede l’elemento di novità del progetto”, sottolinea Lo Presti. I professionisti coinvolti hanno fatto tutte le pratiche per fare domande di protezione internazionale e presto potranno cominciare a lavorare nelle aziende e negli studi che li hanno conosciuti nei mesi scorsi e oggi li attendono. Il passo successivo, spiega Pangea, sarà infatti l’assunzione in azienda e/o l’inizio di un tirocinio dopo i 60 giorni dal momento di richiesta di asilo.

Punti di forza

Ci auguriamo che sia un modello da replicare“, è la speranza di Lo Presti poiché il “contesto di sicurezza in cui questo progetto è nato è uno dei suoi punti forti. Intanto l’attenzione sull’Afghanistan resta alta. Da quando i talebani sono tornati al potere, donne e ragazze non possono più frequentare le scuole superiori, fare sport, collaborare con le agenzie umanitarie straniere o accedere a servizi sanitari senza il permesso di un tutore maschile. “Oggi siamo qui ad accoglierli, ma purtroppo non dobbiamo dimenticare che in Afghanistan prosegue una delle più grandi violazioni dei diritti umani e che intere famiglie sono strette nella morsa della fame e della povertà. Ed è per questo che Pangea continuerà a non lasciarli soli“, aggiunge il presidente di Pangea.

***

La newsletter di Alley Oop

Ogni venerdì mattina Alley Oop arriva nella tua casella mail con le novità, le storie e le notizie della settimana. Per iscrivervi cliccate qui.

Per scrivere alla redazione di Alley Oop l’indirizzo mail è alleyoop@ilsole24ore.com