Le donne afghane non possono più … esistere

Afghan Muslim women with burka traditional costume

534 days since the Taliban BANNED girls from going to school. That’s 18 months of girls being confined to their homes. 80 days since they banned women from university.

Shabnam Nasimi, former Policy Advisor to Minister for Afghan Resettlement & Minister for Refugees, tiene il conto. Ogni giorno sui social ci racconta da quanto le bambine e le ragazze afghane non possono più andare a scuola. Un rintocco quotidiano che scandisce uno stillicidio che va oltre il diritto allo studio.

Da questa parte del mondo restiamo a leggere di giorno in giorno il bollettino dei divieti dei talebani alle donne afghane. Fra gli ultimi il divieto di vendere contraccettivi femminili. Ma prima era arrivato quello ai dottori (uomini) di curare le donne. Alle donne, d’altra parte, è stato vietato di studiare (anche per diventare dottore), quindi la situazione diventa di un assurdo paradossale. Che costa la vita a centinaia e migliaia di donne, che non hanno accesso più a cure mediche e rischiano di morire per malattie assolutamente guaribili.

No alle Ong straniere

Di qualche mese fa, invece, il divieto per le donne afgane di collaborare con Ong straniere. Lo avevano annunciato 3 Ong: Save the Children, il Norwegian Refugee Council e Care Internazionale, sospendendo le loro attività in Afghanistan.

Al ritorno dei talebani al potere era seguito un periodo complesso e di assestamento per le Ong che operavano nel Paese. Poi faticosamente e a piccoli passi erano tornate a dare supporto a donne e famiglie, come fa l’italiana Pangea Onlus. Ora, il nuovo divieto, è un chiaro mezzo per isolare definitivamente le donne afghane dal resto del mondo e togliere loro anche il più piccolo spiraglio di speranza di poter tornare a una vita di libertà.

Abbiamo discusso della deplorevole decisione dei talebani di impedire alle donne afgane di lavorare nella consegna degli aiuti umanitari. In Afghanistan, i talebani creano l’apartheid di genere e questa superiorità di genere. Ciò ha un impatto significativo sulle operazioni di aiuto in Afghanistan” ha dichiarato un paio di settimane fa l’Alto rappresentante Ue per la politica estera, Josep Borrell, nella conferenza stampa al termine del Consiglio Ue Esteri, aggiungendo: I ministri hanno convenuto che i nostri bisogni umanitari e di base e l’assistenza ai mezzi di sussistenza continueranno ma sarà fornita in modo non discriminatorio”.

Un anno e mezzo di divieti

Pensate al film della vostra giornata: togliete la mattina la passeggiata per accompagnare i figli a scuola o il caffè con un’amica o un collega; togliete anche la giornata di lavoro, le riunioni, il colloquio; poi togliete gli allenamenti in palestra; togliete la possibilità di andare a fare shopping o di andare in una biblioteca da sole; togliete la possibilità di studiare, frequentare un master, un corso di formazione; togliete la possibilità di farvi visitare se avete un dolore o se vi siete fatte male; togliete la possibilità di farvi un video o una foto e poterla postare; togliete la possibilità di leggere un tv o fare la giornalista andando a intervistare qualcuno; togliete il week end fuori porta per l’addio al nubilato della vostra amica o il viaggio nella città dove avete studiato per rivedere i compagni. Togliete la vostra immagine riflessa nelle vetrine per la strada o negli specchi degli ascensori. Togliete la vostra voce dalle discussioni.

Tutti quei gesti, quelle scelte, quelle abitudini, che per noi sono così normali e scontati, sono diventati un’utopia per le donne in Afghanistan. I divieti si moltiplicano e arrivano a vietare cose a cui non avremmo pensato come ad esempio  la vendita alle donne anche delle sim per i cellulari. Se non hanno contatti con l’esterno, fuori dal Paese non si saprà cosa succede loro.

Ma la lista è davvero lunga e la riassume in una grafica Amnesty International, che invita a firmare un appello:

E poi è arrivata la notizia dell’annullamento dei divorzi passati e dell’impossibilità per le donne di divorziare in futuro. Le donne sono diventati oggetti, neanche animali, da possedere. Sono state spogliate completamente dell’ identità, della volontà, della speranza. Alle donne afghane è vietato esistere. La comunità internazionale si gira dall’altra parte.

Questo 8 marzo è per loro. E come Shabnam Nasimi dovremmo contare e lottare per tutti i giorni che vengono loro negati, fino alla liberazione.

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  • Rosanna Sinopoli |

    come possiamo aiutare le donne afgane?

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