Diritti, in soli 14 Paesi le donne hanno la piena parità. E l’Italia non è tra questi.

Uomini e donne in Italia sono uguali di fronte alla legge, recita il terzo articolo della nostra Costituzione. Eppure, secondo un recente calcolo della Banca Mondiale, allo stato attuale, la parità non è ancora stata pienamente raggiunta. Con 97,5 punti (su 100) conquistati nell’ultima edizione del Women, Business and the Law Index, il nostro Paese si piazza nei piani alti della classifica (in compagnia di Estonia, Finlandia, Regno Unito e Nuova Zelanda) ma non tra i primi della classe.

Il Women, Business and the Law 2023 è un indice con cui le leggi di 190 Paesi vengono scandagliate in chiave di genere per fare il punto sulla effettiva parità tra cittadine e cittadini di fronte alla legge. Questo è il nono di una serie di studi annuali che, prendendo in esame leggi e regolamenti in giro per il mondo, stima come questi influenzino le opportunità economiche delle donne. Il principio generale è che la parità di trattamento tra donne e uomini è una “condizione necessaria per avere economie dinamiche e resilienti”, dice l’istituto che ha da poco eletto come suo presidente Ajay Banga (già a capo di Exor). Eppure, ancora nel 2023, ci sono 176 paesi, su 190, che mantengono delle barriere legali nei confronti delle prime.

Capovolgendo il punto di vista, sono solo 14 i Paesi al mondo oggi che offrono piena protezione legale alle donne – e che quindi ottengono un punteggio di 100 su 100. Tutte sono economie presenti all’interno della regione ad alto reddito dell’Ocse.

Il metodo di lavoro

Women, Business and the Law copre 190 economie ed è strutturato attorno al ciclo di vita di una donna che lavora. Si basa su 35 sotto indicatori divisi in otto aree principali (mobilità, occupazione, retribuzione, matrimonio, genitorialità, imprenditorialità, patrimonio, e pensione). Le nazioni si classificano su una scala da zero a 100 e il punteggio più alto sottende piena parità di diritti. I 14 Paesi in testa alla classifica nell’edizione 2023 sono: Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Grecia, Islanda, Irlanda, Lettonia, Lussemburgo, Portogallo, Spagna e Svezia, insieme alle new entry Germania e Paesi Bassi. Entrambi i Paesi conquistano la nuova posizione grazie a una modifica delle legge con cui hanno equiparato i diritti al congedo parentale tra i sessi. Le disparità più evidenti invece si registrano in tre zone del mondo: Medioriente, Nord Africa e Africa Sub-sahariana.

 

In Italia

L’Italia nel Wbl Index è ben posizionata ma potrebbe comunque “prendere in considerazione riforme per migliorare l’uguaglianza legale per le donne“, secondo la Banca Mondiale. Il punteggio complessivo è superiore alla media regionale osservata nelle economie ad alto reddito dell’Ocse (95,3) e tutti le voci raggiungono il punteggio pieno, tranne una: il matrimonio.

Quando si tratta di limitazioni alla libertà di movimento; leggi che incidono sulle decisioni lavorative delle donne, sulla retribuzione o sulla capacità imprenditoriale; differenze di genere nella proprietà e nell’eredità o, ancora, leggi che riguardano le pensioni, l’Italia ottiene un punteggio pieno. Tuttavia, quando si tratta di vincoli legati al matrimonio, l’Italia prende 80 punti su 100.

In questa sfera, l’osservato speciale è l’articolo 89 del Codice civile, quello del “Lutto vedovile”, secondo cui: “non può contrarre matrimonio la donna, se non dopo trecento giorni dallo scioglimento o dall’annullamento del matrimonio precedente, eccettuato il caso in cui il matrimonio è stato dichiarato nullo”. Quindi un divieto di nuove nozze che, seppur temporaneo, fa riferimento alle sole donne.

L’atlante delle disparità

Nel 2022, il punteggio medio globale dell’indice Women, Business and the Law è di 77,1. Ciò significa che le donne, in media, godono appena del 77% dei diritti legali degli uomini. 99 dei territori valutati su 190 si classificano sopra la soglia di 80 ma i Paesi più in basso in classifica registrano punteggi inferiori a 30. Le maggiori disparità si vivono in Cisgiordania e Gaza (il punteggio totale è di 26,3%). Appena sopra si piazzano Yemen (26,9%), Sudan (29,4%) e Qatar (29,4%).

Rispetto alla precedente edizione, il punteggio medio è cresciuto di mezzo punto e il numero di Paesi che si sono classificati all’80%, o sopra, sono 98 nel 2022, rispetto ai 94 del 2021. C’è un progresso verso i pieni diritti che però, avverte l’organizzazione, è più lento rispetto al passato: “Il ritmo globale delle riforme verso la parità di trattamento delle donne ai sensi della legge è crollato a un minimo di 20 anni“, osserva il rapporto.

Riforme, che fatica

In tutto il mondo, quasi 2,4 miliardi di donne in età lavorativa non hanno ancora gli stessi diritti degli uomini. Colmare il divario occupazionale di genere potrebbe invece aumentare il pil pro capite a lungo termine di quasi il 20% in media in tutti i paesi, stima la Banca Mondiale. E se le donne avviassero e scalassero nuove attività allo stesso ritmo degli uomini i guadagni economici globali sarebbero di 5-6 trilioni di dollari (secondo Bcg). Al ritmo attuale, invece, la marcia delle riforme verso la parità è ancora lunga. Anzi, la strada pare essersi fatta più tortuosa dal 2010 in poi.

Il ritmo globale delle riforme nel 2023 è “crollato ai minimi da 20 anni” e questo rappresenta “un potenziale ostacolo alla crescita economica in un momento critico per l’economia globale“, avverte la Banca Mondiale.

Nel 2022, solo 34 riforme legate alle politiche di genere sono state registrate in 18 Paesi, il numero più basso dal 2001. La maggior parte delle nuove leggi si è concentrata sull’aumento del congedo retribuito per i padri, sulla rimozione delle restrizioni al lavoro femminile e sulla parità di retribuzione. Si inserisce proprio in questo filone il nuovo set di regole approvato dal Parlamento Europeo in materia di trasparenza retributiva; disposizioni che comprendono lo stop al segreto salariale, sanzioni specifiche e obbligo di intervento con gender pay gap superiori al 5%.

Tra il 2000 e il 2009 il mondo ha visto forti progressi verso l’uguaglianza legale di genere. Sono state fatte oltre 600 riforme, nel 2002 e nel 2008 c’è stato un picco di 73 nuove leggi all’anno. Da allora però le nuove riforme faticano a farsi spazio, in particolare in quelle aree del diritto che coinvolgono norme consolidate, come la proprietà e l’eredità.

I governi non possono permettersi di emarginare metà della loro popolazione” afferma il capo economista della Banca Mondiale, Indermit Gill, che aggiunge “negare pari diritti alle donne in gran parte del mondo non è solo ingiusto, è un ostacolo alla capacità dei Paesi di promuovere uno sviluppo verde, resiliente e inclusivo“.

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