Grandi Dimissioni | Martina Monti e il falso mito del tempo indeterminato

«Sono cresciuta con il mito del contratto a tempo indeterminato, poi, quando sono riuscita a ottenerlo, ho capito di non averlo mai voluto davvero. E ho rivoluzionato tutto». A parlare è Martina Monti, bolognese, classe 1990. La sua storia è uno dei tanti volti delle Grandi Dimissioni. Sì, perché Martina nel 2022 ha scelto di lasciare la multinazionale per cui lavorava, come hanno fatto altre 2 milioni e mezzo di persone, solo in Italia.

«Era il 23 giugno, un giorno che non dimenticherò. Non pensavo avrei mai trovato il coraggio di farlo: lasciare un posto a tempo indeterminato in una multinazionale, abbandonare un lavoro che mi piaceva, ma non mi faceva più sentire viva, salutare colleghi con cui avevo condiviso le mie giornate per quattro anni. Eppure, l’ho fatto» confida.

I primi passi in un percorso tradizionale

Arrivare a questa decisione per Martina Monti significa, in un certo senso, tornare bambina. Fin da piccola, amava leggere e viaggiare, anche solo con la fantasia, scrivere e fare teatro. Per questo, studia Lettere moderne all’Università di Siena e, a seguire, Giornalismo e cultura editoriale dell’Università di Parma. Dopo il percorso universitario, inizia a lavorare come copywriter. Divora la serie Mad Man, familiarizza con strategie di marketing, slogan e pay-off, si iscrive a un corso pratico di Digital Marketing e impara a creare siti web. Infine, entra in un’agenzia di comunicazione, una piccola realtà in cui impara moltissimo.

In questo percorso, i suoi genitori la seguono da lontano: «Mia madre voleva che facessi qualcosa per me stessa, a differenza di ciò che aveva fatto lei, mentre mio padre che, al contrario, aveva rincorso la sua passione per i motori fino a fondare un’autofficina di paese che avrebbe portato il suo nome per sessant’anni, apparteneva a un mondo materiale e concreto che faticava a comunicare con il mio, ideale e astratto. Nonostante questo – racconta – quando leggeva i miei testi, mi diceva: “allora quando lo scrivi un libro?»

Nel frattempo, Martina riceve una proposta da una multinazionale e dopo sei colloqui – sei! – viene assunta per occuparsi della comunicazione digitale. Tanti benefit, welfare, premi, uno stipendio di livello e, soprattutto, l’agognato contratto a tempo indeterminato. «Ero coinvolta nelle strategie aziendali e dovevo confrontarmi quotidianamente con le filiali sparse in tutto il mondo. Ma io mi sentivo come quando da bambina, in classe, guardavo fuori dalla finestra: sapevo di essere in un posto sicuro, anche se in fondo sognavo ad occhi aperti come sarebbe stato vivere una vita tutta mia, là fuori».

La trappola della comfort zone

Cosa manca a Martina? La libertà. «Ma era un’ottima azienda e in poco tempo sono entrata nella cosiddetta comfort zone. Questo, fino all’arrivo della pandemia». Durante il lockdown, riscopre la bellezza di essere padrona del suo tempo e per divertimento apre una pagina Instagram legata al suo blog, Viaggi senza Biglietto. Una piccola valigia virtuale dove, oltre a dare qualche consiglio di viaggio reale, racconta i viaggi fatti con la fantasia.

La pagina va così bene che dopo circa un anno e mezzo la contatta l’editor di una casa editrice, la New Book Edizioni: «Aveva letto i miei racconti e voleva propormi di scrivere un libro! Ricordo che, mentre leggevo la sua mail sul cellulare, mi tremava la mano. Scrivere un libro era il mio sogno da quando avevo 8 anni!».

Si ritrova così a firmare il suo primo contratto editoriale da autrice e fare il conto alla rovescia per il giorno in cui sarebbe uscito il suo primo romanzo. Non solo, a questo nuovo progetto ne aggiunge presto un altro: la creazione di un brand di gioielli dedicato alle donne “peregrine”, ovvero a tutte coloro che sono, ogni giorno, alla ricerca di loro stesse.

Il coraggio di cambiare

Senza neanche accorgersene, Martina Monti in pochissimo tempo ha creato uno spazio professionale a sua immagine e somigliante, molto distante dall’azienda per cui lavorava. Non le restava, quindi, che solo una cosa da fare: dare un taglio netto con la vita di prima.

«È così che mi sono dimessa. Non è stato facile, ma nessuna scelta lo è. Ho passato parecchie notti insonni e mi sono chiesta più volte se ne sarebbe valsa la pena. Ho sentito tanti pareri e altrettanti consigli ma, alla fine, ho ascoltato solo quella vocina che mi sussurrava: “buttati!”. Qualcuno mi ha detto che era normale avere paura perché i sogni molto grandi spaventano sempre. Qualcun altro mi ha detto che ero matta a lasciare un posto come quello. Altri ancora, hanno esclamato: “finalmente!” confidando di avermi sempre immaginata a percorrere una strada tutta mia».

Ed eccola qui, oggi, Martina, simbolo di quell’onda profondissima che sta cambiando il mondo del lavoro e chi lo abita. Le Grandi Dimissioni, fatte di persone, con i loro vissuti e i loro – nuovi – perché.

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