Lavoro, i costi del malessere psicologico e gli investimenti che mancano

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Trascorriamo a lavoro un terzo della nostra vita. A ricordarcelo, una stima ormai ampiamente conosciuta. Se dunque non stiamo bene nella nostra sfera professionale, il malessere si ripercuote necessariamente su quella personale e familiare. Un’evidenza che milioni di persone sperimentano ogni giorno sulla propria pelle. Se a questo aggiungiamo che circa il 15% della popolazione mondiale adulta in età lavorativa convive con un disturbo mentale, risultano quanto mai necessarie le recenti linee guida che l’OMS ha diffuso proprio per garantire la salute psicologica a lavoro.

Il presupposto da cui il documento prende forma è chiaro: i costi del malessere mentale superano di molto gli investimenti fatti per gestirlo. Per tentare di invertire questa tendenza, vengono presentate tre strategie: prevenire, proteggere e promuovere e, infine, supportare.

Prevenire

In questa sezione del contributo, vengono presentati interventi organizzativi volti a ridurre al minimo i rischi psicosociali e la probabilità di sperimentare malessere emotivo.
La scelta, dunque, è evidente: estirpare alla radice le possibili cause. Un approccio che nelle aziende trova spesso poco spazio: se infatti sempre più realtà si stanno dotando di servizi di supporto psicologico, sono ancora poche quelle che si adoperano per individuare e mitigare in maniera sistematica le cause del malessere. Sebbene, sempre l’OMS ricordi che ogni anno si perdono circa 12 miliardi di giornate lavorative a causa di ansia e depressione. Cifra che costa all’economia globale quasi mille miliardi di dollari.

Proteggere e promuovere

Nelle azioni volte a proteggere e promuovere il benessere psicologico vi sono invece attività di formazione e sensibilizzazione, utili a potenziare la consapevolezza delle persone sul tema e poter così cogliere i segnali di allarme prima che questi si cronicizzino. Tra le suddette iniziative spiccano le raccomandazioni nei confronti di manager e leader, che compaiono per la prima volta in maniera così sistematica.
Un segnale forte, che va nella direzione di costruire ambienti di lavoro in cui le persone si sentano supportate dall’alto. Aspetto che sembrerebbe ridurre del 70% la probabilità di sperimentare burnout. A chi ricopre ruoli di responsabilità viene dunque riconosciuta un’importanza strategica per un cambiamento volto a rendere le organizzazioni a misura di benessere mentale.

Supportare

La terza categoria di azioni individuata dal documento, è quella che fa riferimento alle iniziative di supporto per lavoratori e lavoratrici. Ne sono un esempio gli sportelli d’ascolto, i servizi di counseling psicologico e gli interventi che promuovono sì il benessere, ma che permettono anche di intervenire sulle condizioni di malessere preesistenti. Tutte soluzioni che si muovono nella direzione di sistematizzare e normalizzare l’attenzione e la cura nei confronti della dimensione mentale a lavoro. Servizi, che nelle aziende italiane il 75% delle persone desidera, laddove non presenti.
Insieme a queste azioni, il documento individua infine raccomandazioni utili per gestire il rientro in azienda dopo un’assenza per motivi legati a malessere psicologico, nonché per supportare le persone che convivono con un disturbo mentale nella ricerca di lavoro.

Il 10 ottobre – Giornata Mondiale per la Salute Mentale istituita proprio dall’OMS nel 1992 – si avvicina. La pubblicazione di queste linee guida non sembra dunque essere casuale. Soprattutto dal momento che il tema di quest’anno – Make mental health & well-being for all a global priority – ci ricorda, ancora una volta, l’urgenza di rendere il benessere psicologico una priorità. Dentro e fuori le aziende.

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