Amori “indicibili”, quando le relazioni sfuggono a ogni definizione

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“Nessuna parola dice di noi” è essere tutto o forse niente. Alcuni amori, certe relazioni, non si possono spiegare a parole, perché non rientrano in nessuna catalogazione. È il concetto sintetizzato nel titolo del romanzo di Gaia Manzini, una frase sussurrata da Ada nel tentativo di definire il suo rapporto con Alessio.

Ada è una giovane donna di 26 anni, che ha vissuto una situazione traumatica: è rimasta incinta a 17 anni, un evento che ha interrotto la sua giovinezza, le ha impedito di vivere molte esperienze e le ha procurato un grave senso di colpa nei confronti del mondo circostante. Quando Ada trova un lavoro e le viene chiesto se ha figli, dice di non essere interessata ad averne. Nega la sua maternità precoce, che è ancora un tabù e l’ha schiacciata, congelando la sua gioventù.

Gaia Manzini racconta Ada nel momento della sua “liberazione”. Quando, dal lago in cui vive con la madre e la sua bambina, finalmente si trasferisce a Milano, comincia ad avere una doppia vita: da una parte ci sono la nonna e la figlia, dall’altra il nuovo lavoro come copywriter in un’agenzia di comunicazione, dove conosce Alessio. Una figura ambigua, che ha vissuto tutta la vita in modo unidirezionale, proiettato verso la realizzazione personale. Tra loro nasce un sodalizio lavorativo e creativo d’eccezione (la coppia art directorcopywriter), che si trasforma in un’amicizia. Ada sente che la sua giovinezza ricomincia da capo, ha una nuova percezione di sé. Le parole di Alessio la fanno sentire luminosa, come nuova: finalmente qualcuno le dice sei brava, hai talento”. Rinasce.

La loro amicizia è anche una forma di amore, è fluida, libera. Alessio si rende conto che Ada è abile, può dargli accesso a nuove possibilità lavorative. Quando vanno in America insieme, però, si rivela anche scorretto nei suoi confronti: viene selezionato per un’idea che ha creato Ada, ma tutti riconoscono il successo soltanto ad Alessio. Omosessuale, la ama a modo suo e le insegna a prendersi cura della persona che ha fianco:  Ada non l’ha mai imparato davvero, a lungo non è riuscita nemmeno a toccare sua figlia. “Claudia che non sa abbracciarmi. Dovevo sapere che un figlio esiste sempre, anche se fai finta di niente. Non è dentro di te, ma intorno a te, un figlio ti contiene”.

Gaia Manzini mette in luce le contraddizioni, le luci e le ombre che si accompagnano alla maternità: quella nascosta caratterizza il personaggio traumatizzato di Ada. “Non esiste la maternità al sapore di confetto – dice l’autrice – che è ancora imposta culturalmente. Per ogni donna si tratta di assestamenti emotivi, psicologici. A  volte il corpo è pronto ad accogliere un figlio, ma non la mente”.

Il romanzo è scritto in prima persona, spesso appaiono frasi “come dice mia madre”, “come ha fatto mia madre quella volta”. Il rapporto tra Ada e la madre è ineccepibile da un punto di vista formale, ma poco caloroso. Ada le è grata, perché l’ha aiutata a portare avanti la maternità e se ne è assunta la responsabilità, ha scelto per lei. Allo stesso tempo, però, sua madre è donna granitica come le montagne che ama. Non è fisica, non comunica in modo empatico, ha influenzato la vita emotiva di Ada. “Mia madre usava parole per tamponare le nostre diversità, per levigare le anomalie e restituire al mondo la versione accettabile di una vita possibile. Ma la sua cautela mi feriva più della verità”.

Manzini ripercorre le difficoltà del diventare una giovane donna: il corpo che si sviluppa, cambia, diventa desiderabile, anche se non sempre lo spirito è maturo per seguirlo. La maternità come questione complessa, come un percorso anche spirituale di conoscenza di sé, che ha bisogno di dialogo e pazienza, di tempo. Ogni donna ha il suo.

La scrittura è duttile, versatile, prensile, coglie, capta. Quel “Nessuna parola dice di noi” rievoca “Non chiederci la parola”, uno dei componimenti poetici più noti di Eugenio Montale. Come Montale voleva dire al lettore che la generazione di poeti a cui apparteneva non aveva certezze, né soluzioni da offrire, se non una poesia come verità dolorosa e negativa (“ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”), così l’autrice ricorda a tutti noi che spesso i sentimenti provati verso certe persone – figli, amanti, amici – sono giustamente indefiniti. Una figlia avuta da giovane e un amore impossibile sono una realtà impossibile da etichettare, che però vale la pena raccontare. Come scrive Manzini, “la vita è il racconto che ne fai”.

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Titolo: “Nessuna parola dice di noi”
Autore: Gaia Manzini
Editore: Bompiani
Prezzo: 16 euro

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