“Se non fosse capitato a me non ci avrei creduto. Ho lasciato mio marito perché prevaricante e ho dovuto lottare per non perdere i miei figli”. Il racconto di Federica (nome di fantasia) inizia così, come tante altre storie di violenza raccolte negli ultimi mesi, settimane, giorni. Il meccanismo è sempre lo stesso: la donna si separa dall’ex compagno violento, lo denuncia e i figli finiscono in affidamento congiunto e nei casi peggiori in casa famiglia o affidati al padre. I motivi: madri troppo deboli, iperprotettive, ostacolanti.
Federica è una donna manager, ricopre ruoli apicali che la portano ad avere una affermazione professionale superiore a quella del marito. Ciò crea problemi col padre dei bambini e diventa il cavallo di battaglia del processo civile: Federica viene dipinta come una mamma in carriera che abbandona i figli, viene denunciata dal marito per maltrattamenti, accusata di alienazione parentale. I due figli vogliono stare con lei ma finiscono in affido condiviso per metà al padre. Alla fine si ammala di cancro.
Questo è il suo racconto, una storia tra tante, la storia di tutte
“Tutta la Ctu, mai sospesa durante la malattia, è stata gestita a favore del padre ed è stato omesso ogni suo comportamento. Per il consulente tecnico d’ufficio del giudice civile lui era sempre inspiegabilmente più credibile di me, veniva considerato una vittima perché sono una donna determinata, una donna con buone prospettive economiche e lavorative, ero trattata da strega. Io e mio marito eravamo separati ma vivevamo sotto lo stesso tetto per il bene dei bambini. A un certo punto ho ricevuto una proposta di lavoro molto importante e, d’accordo col mio ex marito, mi sono trasferita in un’altra città. Vivevo 4/5 giorni fuori casa e rientravo il week end. A quel punto è arrivato il ricatto: o torniamo insieme come coppia o dimentica i tuoi figli, ci mantieni e non vedi più i bambini. Il mio rifiuto definitivo è stata la chiave di volta: il mio ex mi ha invitata ad andare da un avvocato. Da lì una minaccia dietro l’altra. “Sarà guerra e fango”, mi diceva. Sono rimasta stupita dalle persone di scarsa etica professionale e competenza che ho incontrato sulla mia strada e in tribunale. Unica persona degna di essere citata un poliziotto che un giorno ha detto al padre: se i bambini vogliono stare con la mamma, li lasci stare.
Il mio ex ha usato i figli come arma di ricatto per costringermi a non chiudere la relazione con lui. E’ arrivato persino a denunciarmi per maltrattamenti. Le violenze e minacce che subivo da lui sono state trasformate in conflitto coniugale, questo ha fatto partire la consulenza tecnica d’ufficio in sede civile, durata un anno. Nella ctu venivo massacrata, trattata come colpevole, descritta come una persona attaccata ai soldi, indifferente ai figli. Durante la consulenza sono emerse tantissime contraddizioni, sono stati ascoltati i bambini, che all’inizio avevano paura e continuavano a stare un po’ con me e un po’ col padre.
Nei giorni in cui erano affidati al mio ex marito, il piccolo mi chiamava tutte le sere piangendo. Quando uscivo di casa il grande si disperava, la mattina non voleva andare a scuola. Uno strazio ignorato dalla ctu. Alla fine i bambini hanno tirato fuori tutto e hanno dichiarato di voler stare con me. A quel punto il ctu mi ha accusata di alienazione genitoriale. Insomma, era sempre colpa mia: o avevo abbandonati i miei figli o se volevano stare con me ero alienante. La volontà dei bambini in questi casi non conta. Il ctu ha scritto che i bimbi vogliono stare con la mamma, ma per il rischio pas devono comunque trascorrere quasi gli stessi giorni col padre. Senza contare che non ho diritto al mantenimento perché il giudice ha dichiarato: visto il titolo di studio e l’alta professionalità si confida che la signora troverà lavoro. Nel frattempo, a causa dei problemi in famiglia, ho perso il lavoro, il mio settore post covid è in ginocchio, sono malata di cancro con disabilità al 100% e la denuncia penale fatta da mio marito contro di me risulta ancora pendente davanti al Gip, sebbene il pm abbia chiesto l’archiviazione. Difficile ora essere assunta.
L’unico scopo del mio ex è torturarmi e rendermi la vita impossibile. Sono preoccupata perché mi trovo in un’escalation di abusi quotidiani continui, lui coglie ogni occasione per punirmi, ma non voglio più soccombere. I bimbi per lui sono un peso, un peso da pagare per far male a me. Ho un tumore, causato sono certa dalle violenze che ho subito, anche in sede giudiziaria. Per professione ho vissuto con gli uomini tutta la vita e posso dire per esperienza che il sistema è misogino, massacra le donne. La cosa più brutta e che mi ha ferito di più è quanto scritto nella ctu: la madre non ha capito il danno della sua assenza per i bambini. Quello che non hanno capito loro è che la mia era lontananza. Il vero assente è sempre stato il padre”.
Federica è stata considerata assente, malevola, alienante e i suoi figli sono stati affidati anche al suo ex marito, un uomo violento e prevaricante che proprio per questi motivi non può essere considerato un buon padre. E’ quanto sostiene la Commissione di inchiesta sul femminicidio, che ha presentato in Senato un disegno di legge sulla tutela dei minori, nei casi di affidamento in presenza di violenza domestica. Il ddl prevede l’inserimento nel codice civile dell’articolo 317 ter, secondo il quale “nei casi di allegazioni di violenza, il giudice, anche d’ufficio, dispone l’immediata sospensione del diritto di visita del genitore violento e, previo e immediato coordinamento con le altre autorità giudiziarie anche inquirenti, assume misure di protezione e dispone l’affidamento temporaneo all’altro genitore o, nel caso d’impossibilità, ai parenti entro il quarto grado. Il minore non è affidato, neanche temporaneamente, a soggetti terzi, pubblici o privati, diversi dai parenti entro il quarto grado, con l’esclusione di casi caratterizzati da eccezionalità, oggetto di accertamento, anche incidentale e non delegabile, da parte del giudice”.
“La nostra battaglia è la messa in sicurezza dei minori di fronte ai padri e uomini violenti che, come sottolinea la Convenzione di Istanbul, devono essere allontanati. Gli incontri con i figli vanno sospesi, almeno finché i padri non avranno seguito corsi per uomini maltrattanti e abbiano dimostrato di essersi ravveduti e di essere affidabili”, spiega la presidente della Commissione di inchiesta sul femminicidio, Valeria Valente, presentando la legge in Senato. “Nelle ipotesi in cui il genitore violento non svolga un percorso di rieducazione valutato con esito positivo personalmente dal giudice gli è interdetta ogni forma di incontro col minore, anche in modalità protetta – si legge nel provvedimento – Nei casi di svolgimento del percorso rieducativo con esito positivo, i soggetti incaricati di organizzare i predetti incontri garantiscono la protezione, la sicurezza e il benessere psicofisico dei minori e sono responsabili, unitamente all’ente di appartenenza, di eventuali condotte omissive, negligenti e imprudenti”.
“Qualcuno deve rispondere della sicurezza del minore se viene affidato a soggetti terzi. Se lo stato impone incontri protetti, deve essere certa la condizione di sicurezza del minore e della madre”, aggiunge Valente, prima firma del disegno di legge presentato anche per rendere giustizia a Federico Barakat, ucciso nel 2009 dal padre durante un incontro protetto in un asl milanese: per la sua morte finora nessuno è stato ritenuto responsabile. “Federico è morto senza diritti, senza tutele, nessuno aveva la responsabilità di proteggerlo: a me era stato tolto l’affido esclusivo perché considerata malevola e alienante”, sottolinea Antonella Penati, mamma di Federico e presidente dell’associazione Federico nel cuore onlus, durante la presentazione in Senato. “Federico non beneficerà di questo disegno di legge, che spero potrà aiutare migliaia di bambini e bambine: lo dedico a loro”, le parole di Antonella Penati. Bambini e bambine come la piccola Gloria uccisa nel 2019, i fratellini Pontin (2020) e Iacovone (2013), le sorelle Capasso (2018), tutti uccisi dal padre che erano ancora obbligati a frequentare.
Differenza donna ha censito dal 2018 al 2020 almeno 100 casi di affidamento e verifica della genitorialità in cui vi sono provvedimenti dei giudici civili e minorili che minacciano e impauriscono le donne. L’associazione ha esaminato in particolare dieci casi di allontanamento minori: in 8 casi su 10 il rifiuto verso l’altro genitore è stato addebitato alla madre, in 9 casi su 10 il bambino non è stato mai ascoltato dal giudice. Le ragioni sono sempre le stesse: tutelare la bigenitorialità a tutti i costi come superiore interesse dei minori, i quali sono però di fatto allontanati dalla madre che ha chiesto protezione per sé e per i figli dal marito e padre violento.
“Chiediamo una tutela basilare del diritto alla vita e della tutela del minore. Antonella Penati ha fatto molte denunce – anche nel giorno stesso della tragedia – e non è stata creduta, i suoi timori sono stati sminuiti. E’ il problema della rivittimizzazione secondaria, un fenomeno presente e tremendamente attuale”, spiega l’avvocata Giulia Potenza, responsabile nazionale Unione donne italiane (Udi). “Considerare un uomo violento un buon padre significa non tenere conto dell’impatto della violenza assistita. È inaccettabile, insostenibile e pericoloso che le donne siano giudicate madri alienanti solo perché cercano di proteggere i loro figli da padri di cui hanno paura, da uomini che spesso usano l’affidamento come ennesimo strumento per controllare e opprimere le donne, che si sono sottratte alla loro violenza”, il commento di Antonella Veltri, presidente D.i.Re – Donne in rete contro la violenza.
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Il Sole 24 Ore, con Alley Oop, è partner del progetto Never again, che ha come obiettivo quello di contrastare e combattere la vittimizzazione secondaria delle donne colpite dalla violenza.
NEVER AGAIN è un progetto co-finanziato dal Programma Diritti, Uguaglianza e Cittadinanza dell’Unione europea (2014-2020), GA n. 101005539. I contenuti di questo articolo sono di esclusiva responsabilità degli Autori e non riflettono il punto di vista della Commissione europea.