Gravidanza, una graphic novel racconta la sfida delle donne migranti

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Quando una donna scopre di essere incinta, sa che dovrà confrontarsi con un medico, con il proprio ginecologo di fiducia o con il più vicino consultorio familiare. In caso di gravidanze desiderate e portate avanti, la donna entra a quel punto in un flusso di azioni ben precise: prima visita con anamnesi, una serie di esami da compiere entro la tredicesima settimana (emocromo, Test di Coombs, Toxotest, Rubeotest, Tpha, glicemia, HIV), le ecografie a cadenza ben programmata, a cui seguiranno i test di diagnostica prenatale, se vuole farli, poi gli elettrocardiogrammi, le visite con l’anestesista e via così. Tutto questo in caso di gravidanza fisiologica, ovvero senza complicazioni. Si tratta di un protocollo in cui la donna viene guidata fin dalla prima visita, talvolta può smarrirsi un po’ tra un appuntamento e l’altro, ma viene prontamente riportata sui binari dal personale medico, il tutto garantito e sostenuto dal sistema sanitario nazionale, ovvero a costo zero (o irrisorio, nel caso di alcuni esami non obbligatori).

E cosa succede alle donne in stato di gravidanza non cittadine italiane sul suolo italiano? Dipende. I cittadini stranieri con regolare permesso di soggiorno possono iscriversi al Servizio sanitario nazionale. I turisti (in Italia da meno di 90 giorni) possono usufruire delle prestazioni sanitarie urgenti pagando le relative tariffe regionali. Il Ssn è un diritto acquisito e può essere molto generoso e giusto, perché, come recita l’articolo 32 della Costituzione, “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.

Eppure, nonostante tutto, per le donne migranti, partorire da sole resta ancora il destino più diffuso. A differenza di altre categorie di migranti, le donne incinte prive di documenti sono un fenomeno in crescita, secondo quanto riporta Eu Border care, un progetto nato per tracciare le politiche di assistenza alla maternità tra i migranti privi di documenti nelle periferie dell’Europa. Un tema che ha implicazioni urgenti: i recenti eventi geopolitici in Nord Africa e Medio Oriente hanno innescato un aumento delle donne che entrano nell’Ue in una situazione talvolta irregolare. Lo stato di gravidanza di alcune di queste donne e gli indicatori di scarsa salute materna tracciati dai servizi di maternità nelle zone di confine, sono indicativi di una sfida etiche oltre che medica, che va presa in carico.

Vanessa Grotti, antropologa sociale dell’Università di Bologna, dirige l’équipe di Eu Border Care nei principali snodi di flussi migratori: Atene, Melilla, Lampedusa, la Guyana Francese e l’isola Mayotte. Partendo dalle vicende delle donne migranti e dai dati raccolti dal progetto, la fumettista Sandrine Martin ha costruito una storia di grande attualità affrontandola da un punto di vista ben preciso. Quello di due donne, unite entrambe dall’attesa di una nuova vita, anche se con un passato molto diverso l’una dall’altra. Ne è nata la graphic novel “A casa”, edita da Tunuè e tradotta da Stefano Andrea Cresti.

La storia è costruita mettendo insieme le testimonianze di cinque donne diverse. Mona è una profuga siriana approdata con il marito ad Atene, dove scopre per prima cosa di essere incinta. Monika è un’ostetrica che lavora nel centro di accoglienza a cui si è rivolta Mona, e fra le due da subito si sviluppa una forte empatia, che diventerà una solida amicizia. La narrazione si sviluppa per tutta la durata della gravidanza di Mona, che dalla Grecia raggiungerà Berlino, dove si riunirà con la sorella. 

Attraverso gli occhi di di queste due donne, la graphic novel  non solo chiede di mettere in campo l’empatia del lettore, ma anche la responsabilità del cittadino, perché i temi di cui parla sono di fatto la governance sanitaria, l’equità, l’identità, l’appartenenza. Ma anche cittadinanza e sovranità, umanità e universalità nelle scelte politiche dell’Europa odierna.

La storia di Mona è chiaramente drammatica: dal viaggio in gommone per approdare a Lesbo al presente spezzato, dalle richieste di asilo cadute nel vuoto all’incapacità di sognare un futuro, nonostante le lauree, nonostante la lotta per vivere una vita dignitosa anche se si dorme in una tenda e si accede ai bagni tramite lunghe file. D’altro canto Monika combatte con un diverso tipo di povertà: un figlio piccolo, il marito disoccupato, lo stipendio non commisurato all’impegno lavorativo, per entrambe la “casa” del titolo sembra essere un miraggio destinato ad altri. Altri luoghi, altri tempi, altre fortune. Per entrambe, una vita serena nel proprio Paese, sembra irrealizzabile.

Il tratto che racconta questa storia è dominato da due colori, il blu e il rosso. Intensi, come le emozioni provate dalle due donne: la rabbia e la resa, ma anche la passione vitale e fisica dell’esperienza della gravidanza e maternità e il desiderio di sognare che dietro all’orizzonte, oltre quel mare blu, ci sia una casa e un posto in cui fermarsi.

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Titolo: A casa
Autrice: Sandrine Martin
Traduttore: Stefano Andrea Cresti
Editore: Tunuè
Prezzo: € 17,50

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