Cara Alley, la rivoluzione inizia quando meno te lo aspetti

Le rivoluzioni iniziano senza far rumore. Come fiumi carsici scavano dentro di noi per poi emergere liberando tutta la loro forza dirompente, per troppo tempo rimasta prigioniera. A svegliare le coscienze spesso sono eventi non prevedibili, come un volantino incartapecorito dalla pioggia e dal sole che resiste aggrappato al suo lampione. Ma anche una conversazione origliata in sala d’attesa aspettando il proprio turno. Oppure, come è successo a me, scorrendo l’elenco dei corsi di formazione on line. Tra i titoli del portale di formazione professionale dell’Ordine dei Giornalisti la corsa dell’occhio si è fermata su: “Violenza contro le donne: le regole dell’informazione”.

Quattro video da 20 minuti circa con relativo test finale di autovalutazione per poter ottenere l’attestato finale di partecipazione. Da subito i numeri, le statistiche e le storie di donne vittime di maltrattamenti e molto spesso uccise dai loro partner hanno iniziato a formare una spirale, risucchiandomi al centro di un gorgo. In testa hanno preso a vorticare dati che fino a quel momento suscitavano certamente sdegno e indignazione, ma sentivo ancora distanti da me. Poi quei nomi di madri, mogli, fidanzate, figlie, bambine hanno iniziato ad assumere sempre più familiarità fino a suscitare un senso di appartenenza. Così quella cronaca giudiziaria è diventata una questione personale che mi ha portato a chiedermi: cosa posso fare per fermare tutto ciò?

Informarsi, studiare e approfondire e poi condividere, divulgare e diffondere. Sono le azioni per contribuire a dire stop alla violenza contro le donne. Ma qual è il modo giusto per farlo? Bisogna agire con competenza e rispetto di chi da anni se ne occupa con professionalità. A questo proposito sono state rivelatrici le parole di Andrea Santoro, uno dei fondatori di “Cerchio degli uomini”, associazione il cui scopo è la costruzione di una società dove uomini e donne possano vivere insieme nel reciproco rispetto, riconoscendo le proprie differenze ma con gli stessi diritti e gli stessi doveri, nella sfera pubblica come in quella privata:

“Mi piacerebbe che non passasse l’idea che siamo uomini che vogliono proteggere le donne, le donne si proteggono benissimo da sole”, ha detto Santoro su Radio24, “non vorrei che mentre testimoniamo l’importanza di un impegno maschile riconfermiamo degli stereotipi che le donne hanno bisogno di protettori, come una sorta di pentimento cattolico. Quello che ci muove è la necessità e l’urgenza per essere felici come uomini, felici nelle nostre relazioni, guardare quando siamo prevaricanti e farci un bell’esame di coscienza. Solo così possiamo essere più liberi e felici tutti e tutte”.

Questa consapevolezza è maturata in concomitanza di una nuova fase della mia vita: da poco più di un anno infatti sono diventato papà di una bambina e questa esperienza ha cambiato per sempre il mio punto di vista sulla vita. La paternità è parte integrante della questione femminile perché proprio superare gli stereotipi che schiacciano uomini e donne in ruoli troppi rigidi contribuisce alla parità e alla condivisione.

La nostra piccola rivoluzione silenziosa è cominciata quando mia moglie Chiara ed io abbiamo deciso di dare entrambi i nostri cognomi a Teresa. Con questa scelta abbiamo voluto dare la stessa dignità alle due famiglie di origine, superando la tradizione patriarcale che prevede il passaggio generazionale in linea maschile in cui non ci riconosciamo. Teresa oggi porta un doppio cognome importante perché simbolo di una nobiltà, d’animo.

Lorenzo Morelli

***

La newsletter di Alley Oop

Ogni venerdì mattina Alley Oop arriva nella tua casella mail con le novità, le storie e le notizie della settimana. Per iscrivervi cliccate qui.