Maggioranza di donne iscritte all’ordine professionale, minoranza di posizioni di prestigio e inferiori livelli medi di retribuzione. Anche tra gli psicologi e le psicologhe in Italia si ripropone quel gender gap tipico del nostro mercato lavorativo. Gli iscritti all’Ordine degli psicologi, nel 2020, erano poco meno di 118mila, di cui 98.500 donne e 19.500 uomini. Nel Consiglio nazionale dell’Ordine gli incarichi sono ripartiti al 50%: nove consiglieri sono uomini e nove donne, il presidente nazionale è David Lazzari, presidente dell’Ordine umbro, mentre la vicepresidente è Laura Parolin, che guida l’Ordine lombardo. Non c’è mai stata una presidente dell’Ordine nazionale, mentre molte e prestigiose sono state le psicologhe che hanno guidato gli Ordini regionali, al momento le presidenze si dividono equamente tra uomini e donne.
L’Ordine degli psicologi, quindi, non soffre di quella mancanza di parità di genere che si riscontra in altri contesti ma il problema, secondo Parolin, è che i riflettori sono comunque puntati sempre più sugli uomini che sulle donne anche in un settore in cui le donne sono non solo più numerose, ma anche molto attive nella produzione di contributi teorici, clinici e scientifici. Da quando è stata nominata, un anno fa, Parolin sta lavorando sulle pari opportunità, per garantire alle iscritte uguali possibilità, pari diritti che si riverberano sull’accesso al lavoro, agli impieghi pubblici, sulle prestazioni previdenziali e di assistenza, sulle retribuzioni, un ulteriore “efficace strumento – dice –per il contrasto alle discriminazioni”.
A proposito di riflettori puntati, ha fatto rumore, scatenando un vivace dibattito sui social sul presunto maschilismo nella professione degli psicologi, un evento a pagamento pubblicizzato come l’evento dell’anno della psicologia. Cinque nomi, di quelli che erano descritti come i maggiori esponenti della psicologia e della relazione terapeutica: tutti uomini. Le critiche ricevute e le polemiche hanno portato gli organizzatori, dopo qualche giorno, a modificare il parterre dei nomi eccellenti inserendo quelli di tre terapeute. Le polemiche sono state uno spunto per discutere tra colleghi di quote rosa, parità di genere e pari opportunità, con posizioni a volte anche estreme che mostrano come il tema della parità resti assolutamente trasversale e soggettivo all’interno della categoria.
Ma se le polemiche sui social danno solo un’idea e molto parziale della realtà di un’intera professione, ci sono alcuni dati oggettivi che fanno riflettere. Perché se in seno all’ordine la parità, nelle cariche, viene mantenuta con un attento 50 e 50, più delicato si fa il tema del gender pay gap. L’Enpap, l’Ente nazionale di previdenza degli psicologi, dice che le psicologhe sono l’83% degli iscritti e osserva che la media dei redditi percepiti nel 2019 tra gli uomini (media totale) è 19.389,35 euro, tra le donne 13.880, 38. Nel 2018 il reddito medio delle psicologhe si attestava sui 12.820 euro contro quello dei colleghi di 18.403, cioè 31% in meno.
“Il rischio maggiore – commenta Laura Parolin – è che le donne vengano colpite molto più degli uomini nella fase di recessione in cui stiamo già navigando” E questo vale certamente per le psicologhe come per tutte le altre lavoratrici, come ci hanno mostrato i dati sull’occupazione femminile. Parolin si dice “certa che sia necessario un profondo ripensamento, che investa la società e le istituzioni così come i singoli che in contesti più fragili sono alle volte gli unici a poter innescare la miccia del cambiamento. Parte della soluzione per una concreta parità di genere sono smart working, flessibilità dei congedi, parità di remunerazioni, monitoraggio delle carriere”.
Certamente, la parità fra i generi passa anche attraverso l’autonomia economica. Lo dice Fortunata Pizzoferro, vicepresidente dell’ Ordine delle psicologhe e psicologi del Veneto: “Le donne devono sentirsi capaci di gestire le proprie finanze, o imparare a farlo”, perché spiega la psicologa “spesso sono anche vittime di stereotipi che vengono trasmessi da secoli e che fanno propri: ovvero essere meno portate per le materie economiche, meno interessate al denaro e più alla relazione”. Come Ordine delle psicologhe e degli psicologi del Veneto portano avanti una battaglia anche culturale sul linguaggio: nominare entrambi i generi serve a ricordare sempre che le donne sono presenti nelle professioni. “Abbiamo apportato anche una modifica al nostro Regolamento – conclude Pizzoferro – per incentivare la presenza di relatori di entrambi i generi agli eventi. Come istituzione cerchiamo di contribuire ad una diversa presenza femminile nella società. E soprattutto sappiamo che le 10mila psicologhe e psicologi del Veneto fanno la loro parte nei diversi servizi, nei centri antiviolenza, nei consultori familiari, ma anche negli studi professionali per sostenere e accompagnare le donne ad uscire da situazioni di violenza come da costrizioni psicologiche che ne limitano il potenziale».
“Sicuramente – dice ancora Parolin – investire su una corretta educazione finanziaria può essere un punto di partenza importante a supporto delle colleghe, ma anche delle donne in generale. Il discorso è però strutturale e parte non solo dal mettere in atto azioni di empowerment per le donne, ma anche dal fornire incentivi e mettere in campo regolamentazioni che aiutino nella gestione del carico familiare, la cosiddetta conciliazione dei tempi di vita”. La disparità di reddito tra psicologi e psicologhe è un tema che ha ben presente anche Felice Damiano Torricelli, presidente dell’Enpap, che lo ha messo in evidenza già diversi anni fa. “Esiste una grande differenza di reddito tra maschi e femmine – dichiara Torriccelli ad Alley Oop – una media dell’83% degli iscritti sono donne, i nuovi iscritti donne all’86%, quindi è in diminuzione ulteriore la categoria degli uomini tra gli psicologi, e le donne si portano dietro una sperequazione di reddito del 30%”.
In questo contesto l’Enpap si è impegnato in una serie di azioni di welfare: ha introdotto delle forme di sostegno, un pacchetto maternità che consente alle psicologhe di utilizzare un cassetto di 2000 euro per fare controlli, analisi, riabilitazione post-partum attraverso colloqui psicologici; ha attivato un contributo per coloro che hanno un congiunto disabile e bisognoso di assistenza; ha realizzato numerose convenzioni pensate per la famiglia (asili nido con centri di assistenza sociosanitaria, vacanze studio e aiuto nello studio per i ragazzi). Ma anche di agevolarle nella loro capacità di produrre reddito attraverso l’offerta di formazione su competenze trasversali per essere competitive sul mercato e sviluppare l’imprenditorialità.
“In questa fase di lockdown a fisarmonica – aggiunge Torriccelli – abbiamo proposto di attivare dei voucher che facilitassero i servizi al sostegno piscologico delle famiglie. E’ necessario fare emergere le nostre capacità migliori, la creatività, i talenti che abbiamo messo da parte”.
Il Comitato Pari opportunità del Consiglio nazionale degli psicologi (Cnop) è stato istituito nel 2019 ed è formato da 25 componenti, tra cui ci sono delle esperte e rappresentanti di tutti gli ordini territoriali degli psicologi e psicologhe. L’obiettivo è riflettere, elaborare, ricercare, operare perché la parità, le pari opportunità siano qualcosa di consapevole e reale. “Una consapevolezza – afferma Angela Quaquero che lo presiede (ed è presidente dell’Ordine della Sardegna) – perché le discriminazioni che esistono nella realtà sociale e si riflettono nella categoria professionale sono diverse, articolate. La più eclatante è quella di genere, ma . Attraverso una ricerca abbiamo visto che gli stessi atteggiamenti discriminatori e penalizzanti del gender gap esistono all’interno della psicologia sia da dipendente pubblico sia da professionista”.
Sul tema della disparità di genere è attiva l’associazione “Donne Psicologhe”, che lavora per creare una comunità femminile che si dedichi alle donne, in particolare nell’area del lavoro e dell’empowerment. “Vogliamo aiutare la nostra categoria – afferma Stefania Vecchia, presidente dell’associazione e consigliera di amministrazione di Enpap, al cui guadagno delle psicologhe ha dedicato un approfondimento – ma soprattutto le donne nel riuscire a realizzarsi professionalmente. Spesso non si rendono conto di essere vittime di pregiudizi, di essere trattate in maniera diversa. Mediamente guadagnano dal 20% al 40% in meno degli uomini, ed è un fenomeno che coinvolge anche la libera professione”.
La psicologa fa notare come ci siano molte colleghe che soffrono della sindrome dell’impostore: “Non si sentono sufficientemente preparate – spiega – o non hanno sufficiente autostima, la consapevolezza di potercela fare. Non sentono di avere l’abilità professionale, dovuta a insicurezze interne che dipendono da quello che la società ci comunica: un depotenziamento culturale, perché noi donne non abbiamo la stessa forza per riuscire a sfondare anche nel mondo del lavoro”.
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