Un nuovo modello di leadership “a misura di vita”

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photocredit: Emanuela Colombo

Vorrei essere chiamata direttrice“. Comincia così l’intervista a Beatrice Costa, direttrice della Fondazione dell’Ordine degli Architetti Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Milano. Con buona pace del recente dibattito scatenatosi intorno alla declinazione al femminile del termine ‘direttore’. La Fondazione, senza fini di lucro, è nata nel 1998 con lo scopo di ampliare il dibattito sui temi dell’architettura e diffondere la consapevolezza del ruolo professionale dell’architetto nella società. Beatrice Costa, 39 anni, la guida da maggio 2018.

Per quattordici anni ho lavorato nel settore sociale della cooperazione internazionale, ero responsabile del programma Action Aid Italia, con un focus particolare sulla questione femminile e sui diritti delle donne“, racconta Costa e prosegue: “Ho voluto continuare nel solco del no profit e ho potuto farlo perché la Fondazione dell’Ordine degli Architetti stava cercando una figura che fosse più legata alla gestione di progetti che alla disciplina architettonica“.

In effetti, la figura di direttrice della Fondazione è stata istituita proprio quando è arrivata lei. “La Fondazione cercava nuovi sviluppi e io ho portato la mia attitudine e la mia esperienza nella costruzione di partnership, con l’obiettivo di far conoscere l’architettura anche ai non addetti ai lavori“, racconta ancora la direttrice.

Tra le iniziative intraprese ce ne sono anche sulle pari opportunità e la valorizzazione di donne progettiste. Tra queste Ciclo O/A – Altri sguardi, nuove opportunità, serate dedicate all’Architetto Franca Helg nel centenario della sua nascita (2020), serate di dialogo su progetti di architettura contemporanea con architette finlandesi e svizzere, danesi, britanniche.

Ma la valorizzazione dello sguardo femminile passa anche da una visione che ha un impatto immediato sulla quotidianità della Fondazione stessa. Spiega Beatrice Costa: “La mia idea è quella di portare avanti uno stile di conduzione dell’ente che valorizzi la collaborazione più che la competizione, che generi valore aggiunto. Penso che il come nella gestione delle risorse umane e delle relazioni personali sia un gesto politico. Perché l’inclusione passa innanzitutto da questo“. Per esempio, dall’integrazione del ruolo di cura, da sempre appannaggio delle donne, nel modello di gestione.

L’attenzione al tema della conciliazione vita familiare o personale e lavoro non dovrebbe essere legata alla questione di genere. Il vero punto di partenza dovrebbe essere mettere al centro la vita che si svolge anche al di fuori del mondo della professione, perché questa è la condizione imprescindibile per la vita produttiva e riproduttiva“. E’ un discorso che vale indifferentemente per uomini e donne, ma che la direttrice interpreta portando avanti in prima persona un modello di leadership al femminile.

Mi riferisco a uno stile di lavoro partecipativo, dove si discute insieme il budget dell’anno, organizzato per gruppi orizzontali“, commenta. Infine, la questione oggi diventata di grande attualità e che conclude idealmente l’inizio di questo post: architetta o architetto donna?Dal linguaggio passa il riconoscimento. Non dimentichiamoci che lavoriamo ancora in un contesto in cui l’architetto viene chiamato architetto e all’architetta ci si rivolge spesso con l’appellativo di signora “, ricorda la direttrice. Su questo tema, il consiglio dell’ Ordine ha stabilito che su richiesta si può avere anche il timbro femminile con la qualifica ‘architetta’.

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