La scorsa primavera nel mondo il 91% degli studenti ha smesso di andare a scuola. Ancora oggi si avanza con riapertura parziali e didattica online. Cosa significano questi provvedimenti in termini di emancipazione, salvaguardia dell’infanzia e opportunità paritarie? Oltre ai limiti di apprendimento, quanto si pagherà in termini di erosione dei01 traguardi raggiunti?
A metà 2020 il Global Education Monitoring Report dell’UNESCO lanciava l’allarme: stiamo perdendo velocemente molto del terreno conquistato. Se erano evidenti i passi avanti fatti in questi 25 anni dalla Dichiarazione di Pechino e dall’istituzione della piattaforma di Azione per l’empowerment femminile, la pandemia ha segnato uno stop altrettanto evidente. Quando non ha spostato indietro le lancette in tema di diritti.
Maggiormente impegnate a sopperire alle necessità di cura legate alle chiusure prolungate, le donne e le ragazze sono le più colpite. Sono tendenzialmente più occupate in settori molto colpiti dalle misure di sicurezza sanitaria, continuano a essere vittime di pay gap limitanti anche in professioni meno “a rischio”, e vengono sorpassate dai colleghi quando provano a fare carriera. Senza contare poi che, in generale, abbandonano gli studi prima dei loro compagni.
Scrive Audrey Azoulay, direttore generale dell’UNESCO: “Abbiamo bisogno di una mobilitazione senza precedenti per la parità. Dobbiamo assicurarci […] che milioni di bambine possano scegliere il loro futuro senza lasciare che altri lo scelgono per loro. Dobbiamo fare leva sull’incredibile potenziale dell’istruzione per le ragazze: questo trasforma efficacemente le società, le rende più eque e più prospere”. E serve farlo con uno sforzo comune dei leader mondiali e delle politiche nazionali – come ancora non si è visto fare.
Ci troviamo sul bordo di un burrone, ma è anche chiara la validità di alcuni interventi per evitare la caduta. Negli anni i progressi di apprendimento delle bambine sono stati più veloci di quelli dei bambini, anche se sono bastati pochi mesi per far emergere nuovi preoccupanti divari di genere – ad esempio in ambito di conoscenze digitali. Nonostante i passi in avanti le ragazze si trovano ancora troppo spesso vittime di gravi forme di esclusione – basti pensare che i tre quarti degli studenti delle scuole primarie che non mettono piede in classe sono bambine. Molte materie, soprattutto tecnico-scientifiche, restano tuttora appannaggio maschile – ulteriore freno all’accesso a molte delle professioni che saranno sempre più cruciali nel post-pandemia.
Un quadro della situazione preoccupante, quello tratteggiato dal report UNESCO, anche guardando alla situazione della rappresentazione delle donne nei libri di testo. Per esempio nei testi di introduzione economica statunitensi analizzati, le immagini femminili rappresentano solo 18%. In Spagna delle 12mila immagini scrutinate solo un quinto mostrano donne. In Turchia i libri delle scuole elementari conservano ruoli sociali non egualitari. Anche in Italia le donne continuano a risultare sotto rappresentate, nonostante la partecipazione del Paese al progetto europeo del 2017 in cui gli editori di testi scolastici hanno accettato un codice per migliorare la qualità della rappresentazione paritaria.
Il mondo che ci troviamo davanti è completamente stravolto, ma questo ci offre anche l’occasione ricostruire il presente. Dopotutto abbiamo un sempre maggior numero di esempi sotto gli occhi: quelle tantissime donne che oggi finalmente hanno l’occasione di dimostrare l’efficacia di stili di leadership diversi. E un terreno più pronto ad accogliere il cambiamento.