La pandemia ci ha fatto riscoprire il valore della scienza, ma anche l‘importanza della buona politica. Quella capace di guardare lontano, di ascoltare, di valorizzare competenze e talenti, di assumere decisioni tempestive nell’interesse collettivo. Mai come nell’ultimo anno la politica è stata chiamata a dimostrare di essere all’altezza di affrontare la sfida della complessità. Mai come nell’ultimo anno la qualità delle donne e degli uomini alla guida delle istituzioni è stata determinante per la vita e la salute delle persone.
Sul rapporto tra donne e politica abbiamo voluto accendere i nostri riflettori. Per capire se e come possiamo essere motori di cambiamento, se e come possiamo fare la differenza nella vita pubblica.
Le crisi “chiamano” le donne?
La chiamano glass cliff, scogliera di vetro: quando si presenta un momento difficile, gli uomini lasciano campo libero alle donne per risolvere i problemi. Poi rientrano e tornano al comando. D’altronde, lo diceva Margaret Thatcher: “In politica, se vuoi che qualcosa venga detto, chiedi ad un uomo. Se vuoi che qualcosa venga fatto, chiedi ad una donna”. Sta succedendo anche adesso davanti all’epidemia di Covid-19? Secondo uno studio dell’Università di Liverpool nei Paesi a guida femminile le misure anti-virus sono state prese più tempestivamente e i decessi sono stati in media la metà rispetto a quelli guidati da uomini. Che però restano la stragrande maggioranza. Come spiega Letizia Giangualano, negli oltre 200 Stati del mondo solo 20 sono capeggiati da donne. Ma l’Europa nordico-baltica ha appena segnato un record: con la nomina di Kaja Kallas a prima ministra dell’Estonia, le donne leader sono salite a sei. E nel cuore del Vecchio Continente la cancelliera tedesca Angela Merkel è unanimemente riconosciuta come quella che sta gestendo meglio la pandemia. L’Europa in crisi si affida alle donne.
L’Italia aspetta la sua Harris
Con il voto di fiducia lunedì alla Camera e di martedì al Senato, il premier italiano Giuseppe Conte ha superato il primo tornante della crisi politica aperta dal leader di Italia Viva, Matteo Renzi. Una crisi muscolare, in cui le donne non hanno quasi parola: il palcoscenico è tutto occupato dagli uomini, tanto nei palazzi romani dove fervono le trattative quanto nei talk show.
Nelle stesse ore è andata in scena negli Stati Uniti la cerimonia di insediamento del presidente Joe Biden e della sua vice Kamala Harris: la prima donna, sangue indiano e giamaicano nelle vene, a ricoprire la carica nella storia degli Usa. Ha giurato, non a caso, nelle mani della prima giudice latina della Corte Suprema, Sonia Sotomayor. E in un tweet qualche ora prima dell’Inauguration Day aveva voluto rendere il suo tributo alla genealogia femminile che ha reso possibile la sua ascesa: “I’m here today because of the women who came before me”.
Innegabile la rivoluzione, il passaggio da First Lady a protagoniste. A quando la Harris italiana?
Esserci per ricostruire il Paese
Le “Donne per la salvezza-Half of it”, che avevano scritto al premier Conte per chiedere che la dote del Recovery Plan salita a 222 miliardi sia gestita in modo paritario, sono tornate a farsi sentire sollecitando da subito al governo un segnale concreto: trasformare la delega in Pari opportunità in un ministero con portafoglio adeguatamente finanziato. Se rimpasto deve esserci, è il messaggio implicito, che sia al passo con i tempi.
Anche perché la pandemia ha annullato anni di conquiste sul terreno della parità tra donne e uomini. E rischia di provocare una “she-cession”, tanto più grave in Italia dove i divari sono più ampi che altrove e dove lavora meno di una donna su due. Snocciolando punti di debolezza e punti di forza del nostro Paese, ai microfoni di Rosalba Reggio lo ha ricordato Paola Profeta, docente di Scienza delle finanze all’università Bocconi di Milano e direttrice dell’Axa Research Lab on Gender Equality.
La scuola ha bisogno di ascolto
Alla politica i ragazzi si sono rivolti nelle ultime settimane, scendendo in piazza per rivendicare il diritto a una scuola in presenza e in sicurezza. I danni della pandemia sulla socialità di bambini e giovani rischiano di acuire le disuguaglianze sociali, comprese quelle di genere. Ecco perché la scuola in presenza e la salute mentale dei più giovani sono proprio le priorità indicate dalla nuova Garante per l’infanzia e l’adolescenza, Carla Garlatti. Che a Simona Rossitto ha segnalato come il piano di ripresa del Paese debba necessariamente mettere i ragazzi al centro dell’ascolto. Finora, sottolinea Anna Zavaritt, non è avvenuto: eppure sono loro che stanno chiedendo agli adulti di guardare al futuro e di saper essere coraggiosi e coerenti.
Meglio le aziende delle università
Il pericolo di risvegliarsi dopo il Covid-19 con enormi passi indietro è reale, anche guardando alle università, i luoghi dove si formano le future classi dirigenti. Il Glass door index, come racconta Greta Ubbiali, certifica che in Italia le professoresse ordinarie sono appena 2.592 contro 12.303 professori, le associate 7.575 contro 19.676. Uno svantaggio che l’aumento del carico di lavoro di cura provocato dall’emergenza sanitaria ha accentuato: il conseguente calo di pubblicazioni femminili era stato già denunciato ad aprile e a maggio su Nature in due diversi studi pubblicati da ricercatrici italiane.
Sembrerebbe andare meglio nelle aziende. Secondo lo studio europeo appena presentato da Ewob, l’associazione European Women on Boards di cui fa parte Valore D, l’Italia è sesta in Europa per presenza femminile nei board delle società quotate. Merito della legge Golfo-Mosca del 2011, prolungata per altri tre rinnovi di mandato che ora prevede una quota del 40% del genere meno rappresentato. Anche se le donne ceo sono ancora poche. Perché tra le quote e un cambiamento culturale profondo ce ne corre.
E fare impresa al femminile resta un percorso non semplice: Enza Moscaritolo ci guida alla scoperta di WomenUp, un evento digitale che si terrà da oggi al 1° marzo per sostenere le donne che vogliono voltare pagina.
Imparare a pensare in grande
Senza visione la politica si riduce a mero contenitore di ambizioni personali. Bisogna saper allargare lo sguardo per osare, mettersi in gioco, farsi portatrici di cambiamento. “Quando una prospettiva si allarga è sempre una grande emozione. Lo spazio offre sempre un’opportunità perché qualcosa accada per la prima volta”. Ce lo insegna l’astrofisica Ersilia Vaudo Scarpetta, chief diversity officer dell’Agenzia spaziale europea, fautrice di molte iniziative per accostare le ragazze alle materie Stem e ospite d’onore dell’evento “Guardiamo in alto e pensiamo in grande” promosso da Alessia Mosca.
Pensano sicuramente in grande le quattro finaliste del programma Fia Girls on Track-Rising Stars, che sostiene l’avvicinamento delle più giovani all’automobilismo femminile: oggi sarà annunciata la vincitrice, come ricorda Flavia Carletti. Sarà la prima ragazza a entrare nella Ferrari Driver Academy.
Determinata quanto Danielle Madam, pluricampionessa italiana di getto del peso: di origini camerunensi, per un errore burocratico la sua residenza non risulta essere mai stata registrata. Ma lei, protagonista di un Alley Talk con Jacopo Pasetti, sogna di vincere da italiana. E aspetta.
Muse ribelli e donne di editoria
Per esserci e contare negli spazi della politica, dove si negoziano le decisioni che incidono sulle nostre vite, bisogna prendere parola pubblica. Un insegnamento che arriva forte e chiaro dalle scrittrici che con i loro libri stanno riscrivendo i miti dalla parte delle donne. Da Calliope a Elena, da Briseide a Penelope: un coro che dà voce all’altra metà della storia della guerra di Troia e che affianca i vissuti delle eroine a quelli degli eroi.
Ma chi sono le italiane che lavorano intorno ai libri, contribuendo a disegnare il nostro immaginario e a “fabbricare” cultura? Per scoprirlo, da questa settimana abbiamo cominciato un viaggio tra le “donne di editoria”. Mila Campisi Agosti ha incontrato Samanta Romanese, la libraia che a Trieste legge storie al telefono: la bellezza della letteratura contro la piaga della solitudine.
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