“Potendo avere il sorriso dell’amore, mi condanno alla sua smorfia”.
Quella dell’ossessione amorosa diventa morbosa, schizofrenica, manifestazione malata di chi è indifesa da se stessa. Trapela, si intravede anche in questo verso, parte dello scambio epistolare di “Pazza d’amore” di Adèle Hugo, a cura di Manuela Maddamma (Fandango, 2020).
La protagonista della vicenda è Adèle, secondogenita del grande scrittore francese Victor Hugo. Nella poesia del padre “Mes deux filles” che apre il libro, Adèle appare come una colomba delicata e fragile accanto alla sorella Didine (Léopoldine), di cinque anni più grande, che nel 1843 a 19 anni muore annegata insieme all’uomo che aveva sposato.
L’originalità di Adèle si manifesta già dall’adolescenza, quando a sedici anni si innamora del fratello del cognato che ne ha 27, Auguste Clèsinger. A 22 anni cerca di contrastare la noia divertendosi a sedurre e conquistare altri uomini. La sua tattica è “Esserci senza esserci; farsi amare senza amare!”, lei che si considera “la figlia regina di Victor Hugo”, che tutti devono vedere radiosa e bella.
La passione si insinua come un sogno quando il suo fluido, la sua radiante unicità di figlia fragile di un genio colpiscono Pinson, un giovane tenente inglese, mentre è seduta su una panchina a leggere. Dopo un periodo di frequentazione, in una prima lettera drammatica dice all’innamorato che farà la sua infelicità se non la sposerà. Da questo momento inizia a manifestarsi il dolore del cuore con un’espressione come “Mi spedite sul campo della disperazione, mi costringerete a battermi; può darsi che io ritorni viva; oppure ferita oppure che non torni mai più!”.
Adèle fa credere al padre che Pinson voglia chiederla in sposa. Hugo acconsente alle nozze (anche per paura delle conseguenze sulla sua reputazione) quando Adèle e Pinson sono amanti a Londra, dove lei per tenerlo con sé gli fa credere di aver messo al mondo segretamente un suo bambino. Poi lui parte per il Canada, e lei matura la fuga dicendo che crede fermamente nella religione dell’amore, una fede talmente cieca da farle conoscere giorno dopo giorno un castello di fantasia.
Il padre le paga il mantenimento mentre lei viaggia, prova angoscia, continua a descrivere lo stato della figlia come l’immersione in un sogno, ma in potere di un uomo disonesto. Adèle dice di essersi sposata, ma i genitori non hanno le prove. Confida in una lettera al fratello di non averlo fatto, perché Pinson non la vuole, ma cade nel disonore di scrivere a chiunque di questo matrimonio inesistente. Ed è sempre dalle lettere del poeta Hugo che si delinea il ritratto di una figlia che gode a farsi del male, che è infelice, ama ma non è amata.
L’ossessione d’amore di Adèle si manifesta nello smarrimento nell’irrealtà per via della passione, vive nel sogno continuo: di rapire Pinson in Scozia, di sposarlo anche contro la sua volontà. Parte per l’America e lo insegue, ma lui la rifiuta.
Nessuno riesce a strapparla da quello che diventa un sogno orribile, un incubo che è la follia, ma per lei è amore.
Dalla lettera di una affittacamere in America spedita al padre, si comprende che trascura la sua salute, perché il tenente la ha abbandonata. E mentre la famiglia escogita una strategia per farla ritornare, Adèle è sempre attufata nel suo sogno che dura da dieci anni: in una stanza buia di Halifax in Canada, trasandata, denutrita, disperata, a lume di candela si rivolge alla sorella morta comunicando con gli spiriti:
“Léopoldine, se ci sei batti un colpo, Léopoldine aiutami. Mi batto per l’amore grande, per l’amore nel sacrificio e nell’abnegazione, nella devozione”.
Assalita dagli incubi, sogna di annegare come la sorella, soffocare il vestito da sposa di una morta conservato in casa come la reliquia di una martire. Successivamente dalla nota del diario del poeta Hugo si apprende che lei si è trasferita in campagna in una piccola fattoria, dove conduce una esistenza da reclusa. Rifiuta il cibo, fa a meno della stufa, si trova in una situazione prossima alla bestialità. La “povera smarrita” la chiama il padre, risucchiato in una spirale diventata voragine quando lei segue le truppe di Pinson anche alle Antille.
Ritornata finalmente in Europa e trasferita in una casa di cura, il poeta si rivolge a lei come a “la mia povera malata, più morta dei morti, ahimé”. L’idea fissa di persone che le parlano, non abbandona mai Adèle. Dopo che muore il padre nel 1885, lei cambia casa di cura e viene affidata a un tutore, a cui sono spedite le lettere del manicomio.
La follia d’amore diventa schizofrenia: con ossessioni morbose, sta chiusa nel suo silenzio, o pronuncia con voce metallica rare parole, brevi, ostili, risvegli frequenti la notte, durante i quali Madame Adèle parla a voce bassa e fa gesti che esprimono idee di origine superstiziosa, come colpire la parete e assumere strani atteggiamenti. Conversazioni con interlocutori immaginari, strappa fogli o libri e mette pezzettini di carta nella borsa.
Il racconto inquietante è reso memorabile dalla traduzione poetica di Manuela Maddamma, che risente della pubblicazione di “Anime estreme” (2011), raccolta di saggi sulle grandi figure tormentate dell’Ottocento e del Novecento. Commuove nel ricostruire una corrispondenza che va dal 1861 al 1882 (Victor Hugo morirà nel 1885), grazie al carteggio tra il poeta, la moglie, il figlio e le rare notizie di Adèle, che morirà in manicomio il 21 aprile 1915, dopo tanti anni di reclusione.
Tante scrittrici hanno provato a raccontare la morsa in cui le donne possono finire per amore. Dell’ossessione femminile che arriva a divorare una donna pura, che si strugge per un uomo contraddittorio, cinico e incapace di amare, racconta ad esempio “Il colpo di grazia” di Marguerite Yorcenar. Lo scrisse nel 1938 ispirandosi a un fatto reale.
Il romanzo è ambientato in Curlandia (l’attuale Lettonia) nel 1919, durante la guerra civile. Eric von Lhomond vive con l’amico tanto amato, Corrado, e Sofia, sorella di Corrado. Lei (“Sofia era stata violentata da un sergente lituano…”) è innamorata del protagonista-narratore, che non solo non la corrisponde, ma si rapporta a lei in modo spietato.
Le cause del rifiuto di Eric sono psicologiche (“Perché le donne vanno proprio a invaghirsi degli uomini che non sono loro destinati, costringendoli così a scegliere fra lo snaturarsi e il detestarle?”). Sottopone Sofia a una serie di crudeltà, fa in modo che venga a sapere dei suoi incontri mercenari (“La prodezza di Riga torturò Sofia senza sorprenderla”): le provocazioni prevalgono sull’affetto (“Eric ti secca che io muoia?”).
Ottenuto l’ennesimo rifiuto da Eric, Sofia reagisce malamente (“Mi sputò in faccia”), fugge di casa e si unisce al nemico. Entra a fare parte di un gruppo di rivoluzionari nascosti in un granaio. Vengono tutti giustiziati: solo Sophie chiede espressamente che sia Eric a darle “il colpo di grazia”.
Anche ne “La femmina nuda” di Elena Stancanelli, pubblicato da La nave di Teseo, l’ossessione amorosa della protagonista Anna è una discesa all’inferno, che lei racconta in prima persona. Dopo cinque anni la sua storia d’amore con Davide affonda nei tradimenti, bugie, aggressioni. Diventa isterica, non dorme, non mangia, fuma, beve. Presa di una sofferenza demente, fruga nel telefonino di lui, nelle chat, sui social. Per un anno è prigioniera di quello che chiama “il regno dell’idiozia”.
Il suo racconto è la confessione, sotto forma di lettera, a Valentina, la sua più cara amica, che l’ha vista distruggersi. Anna le confida tutto, senza pudore, senza più vergogna: l’umiliazione, l’ossessione, la morbosità. L’ossessione scatenata dal comportamento di Davide, e la presenza dell’altra (Cane) è l’innesco per l’elaborazione del lutto, attraverso l’autolesionismo, il trauma della caduta, il dolore: “Ecco. Quando arrivavo lì ero al centro perfetto del dolore. Lì faceva male come nessun’altra cosa. Potevo solo sfiorarlo, quel pensiero. Poi dovevo abbandonarlo, in fretta. Centellinarlo. Solo un po’, fin quando non crollavo”.
L’ossessione della protagonista nel romanzo di Stancanelli è un “rimestare”, un ragionamento che si rigira intorno, è la parola “femmina”. L’unica cosa su cui possiamo contare, rivela l’autrice, l’unica capace di indicare i confini, i bisogni, è il corpo. Il corpo di Anna cambia mentre combatte la guerra paradossale dell’amore, ma poi riesce ad aggrapparsi a lui, e la porta in salvo. “C’è un’ idea salvifica della fisicità”, dice l’autrice. “E’ come se lì dentro lei trovasse suo malgrado un principio in cui la vita esiste e consiste a differenza della virtualità che ha praticato in modo selvaggio”.
E in questo viaggio nell’ossessione d’amore attraverso il tempo, i libri diventano la presenza di una fisicità salvifica.
Titolo: “Pazza d’amore”
Autrice: Adèle Hugo
Traduttrice: Manuela Maddamma
Editore: Fandango Libri
Prezzo: 12 euro
Titolo: “Il colpo di grazia”
Autrice: Marguerite Yourcenar
Editore: Feltrinelli
Prezzo: 7,60 euro
Titolo: “La femmina nuda”
Autrice: Elena Stancanelli
Editore: La nave di Teseo
Prezzo: 12 euro