Tra precariato, sogni infranti e voglia di ricominciare. “Una storia al contrario”, la sfida di Francesca De Sanctis


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Le certezze svaniscono in un secondo. Giusto il tempo di capire che il giornale non uscirà più e il pezzo in scrittura rimarrà appeso. E quel contratto a tempo indeterminato a L’Unità a Roma, arrivato a 25 anni,  diventa carta straccia. Il sogno durato 17 anni  si trasforma in un incubo. Ma si deve uscire.  Ricominciando daccapo. E superando le difficoltà che si presentano all’improvviso, compresa una malattia dormiente che si risveglia.

Immagini, frammenti di vita, speranze e sogni infranti, ma anche il coraggio e la forza di dire che “non è finita”.  Francesca De Sanctis, giornalista de l’Unità nel suo “Una storia al contrario”, edito da Giulio Perrone editore, racconta questo viaggio in cui la felicità si alterna a rabbia e sconforto. E la sua storia personale e familiare si intreccia con quella del giornale fondato da Antonio Gramsci e rilanciato da Furio Colombo. Una storia personale che, con sfumature diverse, accomuna tanti suoi coetanei.

Di solito si inizia a collaborare e poi, dopo un percorso non sempre agevole, arriva il contratto e la stabilità – dice Francesca – a me è successo il contrario. Sono stata assunta a 25 anni e sono rimasta senza lavoro a 38 anni incinta al quinto mese e con una bimba di cinque anni a casa”.  Poi la riapertura, la riassunzione e dopo 36 mesi di nuovo, a 41 anni con una bimba di 8 e una di due,  lo stop alle pubblicazioni. E’ il salto nel vuoto.

Oggi mi ritrovo a 44 anni senza alcuna certezza, perché anche se formalmente, così come i colleghi, sono ancora dipendente dell’azienda che non paga gli stipendi per andare avanti devo fare la collaboratrice di altri giornali”. Che significa rimettersi in gioco facendo i conti una concorrenza spietata. “La nostra generazione è quasi schiacciata, perché da una parte ci sono i ventenni disposti a lavorare quasi gratis dall’altra ci sono i pensionati che non vogliono mollare o lasciare spazio. In mezzo ci siamo noi, appesi. Eppure dobbiamo fare qualcosa, non possiamo arrenderci”.

Francesca non si arrende. E combatte anche quando le proposte inviate alle redazioni cadono nel vuoto. E combatte come una guerriera quando si presentano, di punto in bianco, i sintomi che conosce bene e che dicono una cosa: “Mia è tornata”. “Mia”, così la chiama, è la miastenia gravis, una malattia autoimmune invalidante, con cui si accompagna da quindici anni. Nel suo viaggio ci sono le visite e l’idea di un intervento per l’asportazione del Timo “che tutto comanda”. E l’emergenza Covid 19 che stravolge e annulla l’intervento chirurgico.

Ma c’è anche il libro, la sua terapia, dove riesce a incanalare la rabbia e la tenacia di chi non si arrende nonostante tutto. Il sole della primavera regala qualche speranza perché c’è l’intervento e qualcosa, seppure in un mare di incertezze, comincia a migliorare. Il finale però non è ancora scritto.  Se è vero che il timo – dalla parola greca thymos rappresenta il nostro spirito, io mi stavo preparando, estirpandolo, a diventare una donna senz’anima – scrive alla fine del libro -. Non sapevo esattamente cosa sarebbe accaduto subito dopo. Il mio corpo avrebbe perso una parte importante, ma sarei sopravvissuta anche senza la mia ghiandola della felicità.  In fondo siamo capaci di compensare, di ritrovare l’equilibrio. Questo mi hanno insegnato le storie al contrario”. 


“Una storia al contrario” di Francesca De Sanctis. Pagine: 192 Prezzo: 17 euro

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