Ogni volta che una persona inizia a lavorare, a meno che non apra una propria azienda, ha sicuramente un capo. Potrebbe non avere colleghi o collaboratori, ma ha sicuramente un superiore. Magari qualcuno che non si è potuto scegliere o che non piace e con cui il rapporto potrebbe risultare particolarmente delicato. Ma allora perché il focus in quasi tutte le organizzazioni è puntato maggiormente sulla gestione dei collaboratori? Perché non si parla più frequentemente di gestione del proprio capo? Non è possibile pensare ad una modalità di coordinamento dei propri boss?
Non so a quante persone potrebbe sembrare inusuale o strana la frase “gestisci il tuo capo”, qualcuno potrebbe quasi percepirla come una contraddizione, ma credo che questo sia dovuto soprattutto alla abituale enfasi “top – down”, che si riscontra nella maggior parte delle imprese. Osservando la relazione lavorativa più storica e tradizionale appare in effetti impossibile e poco produttivo che nella relazione capo-collaboratore possa essere il secondo a condurre.
Oggi però il contesto è mutato e il business è sempre più popolato dai knowledge workers, ovvero da portatori di conoscenza. Queste figure si caratterizzano per un elevato grado di specializzazione e per la ricerca di un aggiornamento costante che permette di portare conoscenze fresche e rinnovate a chi li guida. Questo approccio porta a vedere il proprio superiore come il proprio cliente più importante e porta a ricercare la possibilità di instaurare una relazione con lui che consenta di ottenere i massimi risultati per tutti.
Le recenti teorie della leadership e la crescente attenzione alla followership permettono di capire come i tradizionali modelli di relazione tra capo e collaboratore, basati su autorità e gerarchia, oggi fatichino a rappresentare la realtà. Il rapporto con il cliente più importante richiede di instaurare una relazione di partnership e di costante feedback reciproco, che possa migliorare il clima e consentire ad entrambi il raggiungimento di obiettivi più sfidanti.
Certo la cultura che serve, e che dobbiamo far crescere, è quella di un confronto capo-collaboratore che sia a due vie e che consenta uno scambio reciproco privo di personalizzazione dei riscontri negativi e di attacchi alla persona. Il feedback da cercare è quello in cui tutti gli attori in gioco sanno vivere la naturale fase di dialogo come un momento professionale e professionalizzante che diventi la base della crescita, sia per chi lo propone sia per chi lo riceve.
Di sicuro lo stress che accompagna la frenesia degli ultimi anni è spesso amico delle reazioni accese da parte dei capi che accolgono più frequentemente gli errori dei collaboratori con dura autorità piuttosto che con costruttiva autorevolezza. Questo non aiuta la relazione! Ma è proprio in questi frangenti di scontro che, passata la tempesta, anche i collaboratori devono provare ad agire la loro leadership costruendo una relazione che possa evitare ulteriori conflitti.
Per poter davvero sviluppare questo tipo di rapporto i suggerimenti possono essere tantissimi, ma da due non si può proprio prescindere:
- Impara tutto ciò che puoi riguardo al tuo capo: molti collaboratori sono convinti di conoscere il proprio superiore ma in pochi lo conoscono a sufficienza! Appare facile comprendere i suoi obiettivi, i risultati che si prefigge, i punti di forza e di debolezza che mette in gioco con noi. Ma sappiamo realmente quali sono le pressioni che anche lui/lei subisce? Abbiamo idea di quale sia il modo di lavorare che preferisce? Si aspetta di ricevere molti dettagli o solo una visione generale? Come ama ricevere le informazioni? Usa il telefono o le mail? È più disposto a parlare al mattino o alla sera? Evita i conflitti o li ama? Se non possediamo informazioni di questo tipo abbiamo fatto una riflessione a metà e rischiamo di interfacciarci con il nostro capo senza sapere veramente a cosa andiamo incontro.
- Comprendi te stesso e le tue necessità; il boss è solo una delle metà coinvolte nella relazione! Non è possibile pensare di instaurare un rapporto a due vie/reciproco dedicando tempo solo a conoscere gli altri; è altrettanto importante prendere consapevolezza delle nostre caratteristiche e delle nostre particolarità. Bisogna riconoscere quando si è più reattivi e in quali circostanze si è più predisposti al confronto; quando più pronti al dialogo e quando impreparati a ricevere un riscontro. Soltanto avendo chiari i propri punti deboli e sapendo dar voce ai propri punti di forza si riuscirà a rendere solida la relazione e ad impostare un rapporto alla pari.
Quando pensiamo alla gestione dei nostri boss dobbiamo aver chiaro il significato della parola “gestire”, ben diverso dal modificare. Non è possibile pensare di cambiare il modo di essere di chi ci guida a nostro piacimento, mentre è possibile trarre il meglio da questa relazione. Il risultato che possiamo ottenere mediante la consapevolezza acquisita in noi stessi e la più ampia conoscenza del nostro primo cliente è quindi quello di facilitare il raggiungimento degli obiettivi comuni attraverso una “gestione” che renda più produttivo e più piacevole il nostro lavoro.