I bambini sono traumatizzati dalla pandemia?

Photo by thom masat on Unsplash

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La pandemia ci ha stravolto, ne stiamo uscendo (forse) e dobbiamo prendere le misure di questa nuova mortalità. Intanto, però, bambini e adolescenti non hanno ripreso la scuola e la loro, di normalità, appare lontana. Il lockdown dei bambini ha significato niente scuola, niente amici, niente giochi all’aperto, niente relazioni se non quelle familiari. Un isolamento molto delicato, soprattutto per quelle età (adolscenza e pre-adolescenza) in cui le relazioni sociali sono fondamentali (degli effetti psichici e fisici del lockdown abbiamo parlato qui).

Come ricorderanno questo periodo i bambini e gli adolescenti? Il Covid-19 sarà per loro un trauma?  “La prima cosa è non generalizzare, se parliamo di trauma: certo che ci sono situazioni in cui questa situazione si presenta come traumatica. Penso ai bambini le cui famiglie hanno vissuto un lutto per Covid, soprattutto nelle Regioni più colpite, alla disperazione che possono aver sentito nei loro familiari“, ci spiega la dottoressa Magda Di Renzo, psicoteraputa di lunga esperienza, responsabile del Servizio Terapia dell’Istituto di Ortofonologia (IdO) di Roma, che si occupa prevalentemente di bambini e adolescenti. Analoga situazione può essersi verificata per quelle famiglie in cui magari entrambi i genitori si sono trovati senza lavoro o in grave difficoltà per le conseguenze della pandemia. “Queste sono ovviamente tutte situazioni da monitorare”, spiega Di Renzo.

La pandemia, la gestione del virus, il controllo e l’isolamento hanno provocato in maniera generalizzata sensazioni di paura, più o meno forti a seconda delle singole situazioni (e delle zone geografiche) e ovviamente se la razionalità degli adulti permette una maggiore elaborazione dello stato emotivo, per i bambini l’impatto può essere più forte. Questo significa che saranno traumatizzati?Assolutamente no – dice la psicoterapeuta – va detto che per avere un trauma che crea conseguenze serve una percezione del trauma, bisogna essere stati dentro una atmosfera vissuta come traumatica. Altrimenti possiamo osservare manifestazioni diverse, ma non parliamo di condizioni traumatiche“.

Per esempio, “in case con un’atmosfera molto ansiogena, con angosce profonde, in cui magari sono state trasmesse tante regole di protezione, i bambini hanno percepito e introiettato un allarme, che rimane come un grande allarme dentro di loro. Il problema di regolazione emotiva del bambino – spiega – è determinato dall’atteggiamento dei genitori. Laddove i genitori sono riusciti a elaborare, si sono fatti aiutare, si sono confrontati, hanno fatto un ottimo lavoro anche con i bambini che non avranno nessuna conseguenza irreversibile, nonostante le mancanze temporanee dell’amichetto o della festa“, secondo Di Renzo.

Anzi, non dobbiamo dimenticare che per molti bambini questa situazione ha portato benefici enormi. “Abbiamo visto bambini più vulnerabili e sensibili che stanno uscendo molto bene da questo periodo, per alcuni è stato molto importante passare più tempo con i genitori. Ed è stata un’occasione per molti adulti di riscoprire aspetti importanti, che la vita quotidiana porta a trascurare. Questo è stato un momento anche tanto costruttivo“, secondo la dottoressa Di Renzo.

L’attitudine e la capacità di contenere emotivamente gli stati d’animo propri e dei propri figli si è rivelato quindi il fattore protettivo più importante in questa crisi. “Ci confrontiamo da anni – dice la psicoterapeuta –  con bambini molto evoluti dal punto vista cognitivo e poco maturi dal punto di vista affettivo. Questo è un effetto dei ritmi e delle necessità della vita che conduciamo, con genitori super affannati che faticano a star dietro a tutto, abbiamo disatteso la necessita dei bambini di avere i loro ritmi, di essere contenuti“. La pandemia, quindi, il lockdown e lo stop forzato alle nostre vite potrebbe essere l’occasione per recuperare quello che di positivo abbiamo vissuto o riscoperto con la maggiore lentezza.

Si chiede molto ai genitori, che hanno fatto da insegnanti, si sono occupati della casa, hanno lavorato e gestito la pandemia nelle loro famiglie. “Certo, è importante che l’adulto in primo luogo sappia regolarsi, sappia chiedere aiuto se ha bisogno. Un adulto non può aiutare nella regolazione emotiva se non ha fatto una regolazione dentro di sé… Non possiamo urlare a un altro di stare calmo, per capirci“, dice Di Renzo.

In sostanza, cautela nel parlare di bambini traumatizzati, il che non vuol dire però ignorare le conseguenze psichiche della pandemia, per gli adulti e per i bambini. “Tutti quanti siamo stai invasi da un contagio psichico – sottolinea Di Renzo – tenendo conto che il contagio è un meccanismo pre-cognitivo e pre-verbale che passa senza una immediata consapevolezza“. Se il contagio biologico ha richiesto importanti misure di protezione, come ci proteggiamo dal contagio psichico? “E’ stato veicolato un grande senso di paura, che vedo un po’ po misconosciuto e che ha creato reazioni diverse a seconda dell’età“. E questa paura va gestita, riconosciuta, ascoltata. E non ce la siamo lasciata del tutto alle spalle, la troviamo nella paura di ricominciare.

Per i bambini fino all’età scolare, Di Renzo dice di aver notato sopratutto quella che si chiama una disregolazione nelle condotte di base, cioè una certa frequenza di disturbi del sonno e dell’alimentazione, oppure nella presenza di rituali, che sono un meccanismo che aiuta a gestire l’ansia: “Per esempio un bambino voleva sapere esattamente che ora fosse prima di addormentarsi, con i minuti e i secondi, un altro ogni sera voleva fare il giro della casa e controllare tutte le finestre. Sono rituali di controllo, naturalmente per chi già li aveva si sono intensificati“.

Per i bambini in età scolare parliamo di altre realtà: “Alcuni bambini della scuola primaria ha mostrato segni di iperattività per questo forzato star fermi – dice Di Renzo – alcuni hanno faticato con le lezioni online, hanno mostrato forti difficoltà di concentrazione”. Discorso a parte quello riservato agli adolescenti: “A tanti ragazzi ha fatto anche bene, li ha aiutati a ritrovare uno spazio interiore. A parte quelle famiglie con forti conflittualità, in cui gli adolescenti hanno molto patito la convivenza, in altre situazioni lo stare fermi ha permesso maggiore riflessione, favorendo grandi progressi interiori“, dice la psicoterapeuta.

In conclusione, possiamo dire che richiederanno molta attenzione quelle situazioni in cui per vari motivi – lutti, difficoltà familiari, elevata conflittualità, depressione dei genitori – la pandemia ha provocato vissuti di disperazione, angoscia e mancanza di regolazione emotiva. Laddove gli adulti hanno “retto” o hanno potuto garantire un contenimento adeguato, i bambini non hanno subito grandi danni, mostrando una forte dose di resilienza e non avranno grandi ripercussioni, ricorderanno questo come un periodo particolare, a tratti difficile, ma senza un vissuto di tipo traumatico. “Nei sogni – spiega la dottoressa – abbiamo sicuramente notato molti elementi di ansia, ma anche molti fattori di protezione, di soluzione, con elementi salvifici e questo è molto importante“.