La giornata a Casa Combo inizia verso le 9. I piccoli ospiti fanno colazione, provano la febbre e poi si comincia con le attività quotidiane: compiti, giochi, letture. Piccoli rituali di casa che casa non è, ma che lo è diventata grazie all’impegno di educatori, tutor, psicologi e volontari della Croce Rossa.
Casa Combo infatti è una casa di accoglienza temporanea dedicata ai figli dei pazienti Covid-19 ricoverati in ospedale. Bambini e adolescenti che non possono restare nella loro abitazione ma nemmeno contare sull’ospitalità di parenti o amici. Così Casa Combo diventa un luogo che garantisce loro la quarantena in isolamento e dove possono sentirsi al sicuro.
L’iniziativa è ospitata da Combo, l’ostello ex caserma dei vigili del fuoco di recente apertura a Torino e vede collaborare anche Opera Torinese del Murialdo con la sua cooperativa Educare a Liberitutti. I quattro soggetti insieme hanno risposto all’affidamento di urgenza disposto dal Comune di Torino e garantito lo spazio di sette stanze.
I piccoli ospiti, che hanno cominciato a popolare Casa Combo dal 9 aprile, hanno tra i 6 e i 18 anni e la loro permanenza nella struttura è in media di 15-20 giorni. Diverse le attività progettate per intrattenere i ragazzi il cui scopo è riuscire a organizzare un programma che restituisca loro una routine, che li faccia sentire meno soli e che dia conforto, ascolto e strumenti per superare questo momento complesso.
“La giornata è strutturata con proposte coordinate dallo staff educativo messo in campo da Liberitutti ed Educare che segue i ragazzi nella loro nuova quotidianità. Il tempo viene scandito con diversi interventi come le attività dei tutor di ‘XKé? Il Laboratorio della Curiosità’, che propongono nelle stanze degli ospiti momenti laboratoriali con focus scientifici e di supporto alla didattica. Non mancano le attività gestite direttamente dallo staff di Combo in remoto in cui i bambini fanno yoga, ginnastica, laboratori creativi, ascoltano musica e letture. I volontari della Croce Rossa sono preziosi e supportano il progetto entrando anche loro nelle stanze con giochi“, racconta l’educatrice Chiara Puleo della cooperativa Liberitutti.
All’interno di ogni stanza ci sono un pc e una cassa che sono diventati la finestra sul mondo dei piccoli ospiti. I bambini infatti potrebbero essere positivi al coronavirus essendo stati vicino ai genitori malati e quindi svolgono le attività quotidiane singolarmente nelle loro stanze. “Sono momenti di condivisione importanti quelli organizzati da Combo Radio e, anche se attraverso uno schermo, diventano un modo per conoscere meglio chi c’è dall’altra parte del muro e a sentirsi meno soli“, spiega Puleo. Sempre con il pc di cui sono dotati, bambini e ragazzi si tengono in contatto con la propria rete di relazione e continuano il percorso scolastico.
La soglia di attenzione per contenere i contagi è molto alta e fare fronte a queste necessità senza rendere l’esperienza troppo ospedalizzata diventa una sfida educativa. “Tutti hanno un’alta percezione di ciò che accade attorno a loro – racconta l’educatrice – conoscono la malattia e ne hanno visto gli effetti da vicino. Affrontando la situazione possono avere dei momenti di sconforto: volere la mamma o sentire la nostalgia di casa, ma è normale“.
Come fare quindi a essere vicini ai bimbi e i ragazzi nonostante le accortezze e le distanze che il virus impone? “Abbiamo modificato il nostro modo di essere educatori: se un ospite ha una difficoltà emotiva dobbiamo riuscire a superare insieme quel momento limitando al minimo il contatto. È come se al posto di un abbraccio lanciassimo un salvagente. Per garantire comunque la relazione e la presenza anche senza potersi toccare. La sfida a livello relazionale è proprio questa: trovare nuove strategie personalizzate per fare sentire i bambini al sicuro. Le relazioni si basano il più delle volte sul contatto fisico, oggi invece usiamo il gioco, il disegno e la pittura per raccontarci, esprimerci e alleggerire un po’ i pensieri ma quello che funziona da supporto a uno non è detto che funzioni per un altro. È un adattamento continuo“.
Torino non è l’unica città che sta sperimentando metodi di accoglienza per bimbi e ragazzi i cui genitori sono ospedalizzati per coronavirus. A Milano, in via Zumbini 6 ha preso vita Zumbimbi, una casa per minori dai 6 ai 14 anni che si è trasformata per l’occasione in un pianeta extraterrestre: “grazie a dei disegni che ci hanno donato alcuni illustratori abbiamo addobbato la struttura con una ventina di cartelloni che rappresentano un ipotetico viaggio nello spazio. L’idea ci venuta perché gli operatori con i loro dpi assomigliano a dei marziani tra tute, visiere e calzari. Volevamo alleggerire una situazione potenzialmente traumatica e così, giocando sul filo rosso del viaggio nello spazio, un kit di psicologi ha anche creato una fiaba che potesse accompagnare i più piccoli nell’esperienza“, racconta Claudio Bossi, presidente della cooperativa La Cordata che insieme al comune di Milano ed Emergency ha dato vita a questa realtà.
La struttura è stata aperta il 28 marzo e attualmente accoglie otto minori ma sono circa una ventina quelli che finora vi hanno soggiornato. La Cordata è una cooperativa sociale presente a Milano da più di 30 anni e con diverse strutture di residence offre ospitalità temporanea a studenti, lavoratori ma anche a soggetti fragili come mamme con bambini, stranieri o persone in emergenza abitativa. Proprio in via Zumbini l’ente ha una delle sue sedi: una struttura che si articola su tre piani e che con l’inizio della pandemia si è trovata con un tasso di occupazione di circa il 30% delle sue potenzialità.
“Generalmente lì ospitiamo 120 persone ma a marzo erano rimasti solo 35 occupanti. In questa emergenza pandemica abbiamo chiesto come potevamo essere d’aiuto al Comune che proprio in quei giorni era stato allertato dal tribunale di possibili criticità: bambini rimasti soli con genitori ricoverati. A quel punto abbiamo messo in sicurezza e isolato un intero piano del palazzo di via Zumbini, riposizionato gli altri ospiti e organizzato tutto seguendo i protocolli di Emergency che nel progetto è partner e cura la parte della tutela sanitaria“.
La struttura è dotata di 16 camere, spazi comuni e terrazzi all’aperto. Tre delle stanze sono destinate alle necessità e alle operazioni quotidiane degli operatori – anche qui infatti i bambini sono potenzialmente positivi e i rapporti con loro non possono prescindere da questa criticità – mentre le restanti sono destinate alla quarantena dei minori. I bambini che non presentano sintomi, tenendo le distanze e le mascherine, possono anche uscire dalle loro stanze, condividere alcuni momenti liberi e sfidarsi a giochi di società.
“L’organizzazione della giornata è abbastanza articolata“, dice Bossi anche perché: “molti volontari si offerti per tenere compagnia agli ospiti con attività da remoto. La generosità con cui il progetto è stato accolto ci ha lasciati a bocca aperta. Si sono fatti avanti un’ottantina di volontari e tutti i bambini sono muniti dei tablet in modo che possano tenere i collegamenti non solo con loro ma anche con tutti i punti di riferimento esterni: genitori, parenti, amici, compagni di scuola o di sport“. In attesa di tornare alla normalità e a vivere gli affetti quotidiani. A volte basta un abbraccio di mamma e papà per sentirsi a casa.