Lo sblocco dei 30 milioni destinati alla lotta alla violenza è positivo. Ma per i centri anti violenza non basta, non è sufficiente. La violenza contro le donne, l’emergenza nell’emergenza pandemia, purtroppo non si ferma, e anzi assume connotati diversi e preoccupanti. Le donne vittime di violenza, infatti, a differenza delle altre persone che trovano nella casa un rifugio in questi giorni di paure, nell’ambito domestico sono doppiamente in pericolo.
E i centri anti violenza, che si occupano di loro, sono ancora in affanno. Mancano i fondi per la sanificazione, mancano mascherine e presidi sanitari di base, ci sono i costi vivi di gestione delle strutture da affrontare, bisogna organizzare nuovi tipi di contatti con le donne, attivare nuove linee telefoniche, distribuire volantini informativi nelle farmacie e nei supermercati per far conoscere alle donne i loro diritti anche in questa situazione emergenziale. Il risultato è che alcuni centri, come dice Antonella Veltri, presidente di D.i.Re che raccoglie 80 centri anti violenza, “rischiano la chiusura”. Un problema fondamentale resta inoltre la ripartizione dei fondi sbloccati visto che, come ricorda Vittoria Tola dell’Udi, hanno ancora in arretrato finanziamenti da distribuire del 2018: considerata la disomogeneità nell’operato delle varie realtà, occorrerebbe una norma che consenta una procedura più snella proprio in relazione all’emergenza coronavirus.
D’altro canto la ministra per le Pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti, nell’annunciare lo sblocco dei fondi, ha sottolineato già come per il riparto 2019 il recente decreto consente “che i fondi dovuti ai centri anti violenza e alle case rifugio giungano alle Regioni senza che queste abbiano inviato la necessaria programmazione. L’attività di pianificazione, così come quella di monitoraggio, è un elemento necessario nella corretta gestione dei fondi pubblici e dei servizi sul territorio. Tuttavia, questo tempo drammatico in cui continuano a raggiungerci notizie di violenza domestica, fino al femminicidio, ha reso doveroso e necessario un intervento straordinario”.
D.i.Re: “Sblocco 30 milioni positivo se non fossimo in emergenza”
“Lo sblocco dei 30 milioni, prosegue Veltri, “sarebbe stata una notizia positiva se fosse avvenuta senza l’emergenza coronavirus, ora ci troviamo di fronte a grandi problemi di liquidità. Inoltre i fondi sbloccati sono quelli del 2019 che erano dovuti ai centri anti violenza, secondo il piano nazionale, e che non sono stati ancora distribuiti per ritardi legati a problemi indipendenti dalla rete dei centri anti violenza”. L’emergenza, prosegue Veltri, è sotto gli occhi di tutti. Servirebbero “circa 10 milioni di euro in più, ma non spetta all’associazionismo proporre l’entità dei finanziamenti necessari”. Un’altra cosa che abbiamo chiesto alla ministra è di “bypassare le regioni. Una delle ragioni è che le 20 regioni non sono tutte uguali, le procedure di sblocco avvengono nella migliore delle ipotesi in uno-due mesi, in altre i procedimenti vanno a finire in pastoie burocratiche che lasciano inermi. La ministra giustamente ci ha fatto presente che per titolo quinto della Costituzione non si possono bypassare le Regioni. Il rischio però è che si frammentino le risorse, si disperdano in mille rivoli, e quando arriveranno, mi auguro, saremmo già fuori dal coronavirus. Per tutti questi motivi non mi sento di poter festeggiare positivamente la misura di sblocco”. Intanto, prosegue Veltri, “le case rifugio sono piene, i centri anti violenza, che in genere lavorano da remoto, a seconda delle situazioni che si presentano, possono avere la deroga di riaprire il centro con tutto quello che comporta”.
Udi: per superare nodo Regioni prevedere nel prossimo Dpcm norme ad hoc
“Essere costretti a casa – le fa eco Vittoria Tola dell’Udi- ha creato un aumento degli episodi di violenza domestica, com’era scontato”. Va bene “lo sblocco dei fondi, “ma bisogna sottolineare che erano fondi del 2019. Inoltre altri nodi critici si incontrano nella distribuzione alle regioni e nella necessità che i fondi siano utilizzati non per la fase normale ma in condizioni di emergenza. Condizioni che presuppongono velocità e spese diverse da quelle usuali per centri anti violenza e case rifugio”. Per superare l’impasse dei fondi che spesso non vengono spesi velocemente e in modo efficace dalle Regioni, Tola sottolinea che “bisogna fare qualcosa in più per capire come spendere immediatamente questi fondi in deroga alla normativa vigente, è necessario”. Servirebbe, cioè, “una norma nel prossimo Dpcm che consenta alle regioni di bypassare i vari regolamenti”.
Fondazione Pangea:”bene fondi ordinari, ora chiarezza su quelli straordinari”
Fondazione Pangea plaude allo sblocco dei fondi del 2019, considerato un aspetto positivo, e chiede chiarezza su quelli straordinari attesi e previsti per le case rifugio. “I fondi ordinari andavano dati a prescindere, non sono straordinari, sono ordinari, ma la cosa positiva è che intanto ci sono”, afferma Simona Lanzoni, vicepresidente di Fondazione Pangea e coordinatrice della rete Reama. “Il vero problema – aggiunge – sono le regioni attraverso le quali i fondi verranno distribuiti. Le associazioni della rete Reama e in generale i centri anti violenza e le case rifugio in Italia, che lavorano sui territori, in momenti ordinari, spesso hanno vissuto l’inerzia burocratica delle regioni, anche se non di tutte. Ora, in un momento di emergenza non vogliamo morire di burocrazia, e il monitoraggio deve essere stretto!”. Quanto ai fondi straordinari per l’emergenza “si deve invece guardare ai due milioni per le case rifugio annunciate dal Dipartimento per le pari opportunità. Ci aspettiamo come Pangea e Rete Reama che i due milioni vadano a integrare le spese extra di chi, come centri anti violenza e case rifugio, ha già sostenuto costi specifici per il Covid 19! Non è ancora chiaro come questi due milioni saranno distribuiti, ma spero che il Dpo faccia chiarezza a breve”. In una prospettiva generale “non possiamo dire che non ci sia stato un ascolto a livello nazionale, del Dpo e del governo anche rispetto all’azione congiunta con la ministra dell’Interno per trovare nuovi alloggi per case rifugio. Mi auguro che l’emendamento della commissione femminicidio di aumentare/integrare i fondi destinati alle case rifugio per l’ emergenza Covid sia incluso nel prossimo Dpcm e che la velocità sia il motto di tutte le istituzioni coinvolte in questa emergenza”.