#milanononsiferma, è l’hashtag che ha percorso i social nella prima settimana di gestione dell’emergenza dovuta al Covid-19, amichevolmente detto Coronavirus. È vero, Milano non si è fermata, ha rallentato parecchio, ma non si è fermata, e così anche le altre città in cui l’emergenza ha cominciato a far capolino.
Non ci si ferma, ma sono giornate strane: sospesi tra bollettini, statistiche e interventi più o meno rassicuranti di virologi ed esperti, non si sa bene quale espressione indossare sotto la mascherina. Alla ricerca di un equilibrio per non sottovalutare sprezzantemente l’emergenza, ma nemmeno farsene travolgere nella corsia di un supermercato.
Sempre meglio mantenersi al sicuro nel recinto della responsabilità civile, anche perchè in fondo è solo questo che si sta richiedendo a tutti: riconoscere le categorie più deboli e a rischio per proteggerle. Uno sforzo che può insegnarci molto, moltissimo. Per esempio che non solo gli anziani o gli immunodepressi subirebbero il contraccolpo di una (speriamo evitabile) epidemia. Loro sono i più palesemente esposti, ma a volte non basta sapere questo al cittadino interiore che è in ognuno di noi, a volte questo anzi diventa motivo di ulteriori prepotenze, come il non rispettare la quarantena perchè tanto, pensa lo stolto, io non sono a rischio.
Allora va mostrato al cittadino che nel recinto civile, da proteggere, non ci sono solo anziani e immunodepressi. Ci sono, per esempio, i precari e i liberi professionisti, per i quali perdere giornate di lavoro può avere un impatto decisivo perchè magari già economicamente esposti. Ci sono i genitori single, che se si ammalano non hanno aiuti nella gestione famigliare. C’è l’istruzione dei nostri figli, che malgrado i compiti assegnati non è detto che possano apprendere di più e meglio a casa di quanto farebbero a scuola. Ci sono categorie che non riterremmo fragili in sè, ma che nell’impatto di un’epidemia lo diventerebbero. Ci siamo tutti, a dire il vero. E questa è la prima lezione che ci sta insegnando il Coronavirus: la responsabilità civile può proteggerci tutti.
Un’altra lezione importante, è che lo smart working non solo è possibile, ma va incentivato. Un motivo su tutti: la riduzione dell’inquinamento in questi giorni riscontrata anche dall’Arpa, che annota “una probabile – per quanto di non immediata quantificazione – riduzione delle emissioni inquinanti dovuta alle azioni di contrasto al Covid-19”. Ma non è solo questo. Le organizzazioni che già sperimentavano forme di lavoro agile ben prima del Covid-19, ci hanno insegnato che i benefici di questa modalità lavorativa sono molti e trasversali: riduzione dell’assenteismo del personale, una minore fruizione del part-time o dei permessi per flessibilità oraria, nonché maggiore soddisfazione e motivazione dei lavoratori, come abbiamo già avuto modo di raccontare in Alley Oop.
Si aggiunga a tutto questo che il lavoro agile è sicuramente la forma che meglio si concilia con la gestione di una famiglia, soprattutto se fruito tanto dagli uomini quanto dalle donne, creando un terreno fertile per realizzare una concreta parità nel lavoro e nella quotidianità. Incentivarlo è, ancora una volta, una forma di responsabilità civile che non solo protegge, ma valorizza categorie di lavoratori altrimenti svantaggiate.
Certo, in queste giornate singolari lo smart working si sta accompagnando a una difficoltà gestionale non da poco: i figli a casa. A loro vengono in soccorso alcuni scrittori e scrittrici radunati dal Premio Andersen Matteo Corradini, per realizzare lezioni sui più disparati argomenti e raggruppate per età, in un sito realizzato in pochissimo tempo e con molta buona volontà. Gratuito. Si chiama Lezioni sul sofà, e non è l’unica bella iniziativa nata dai professionisti della cultura.
C’è stato per esempio il gruppo di comici guidato da Enrico Bertolino che ha offerto uno spettacolo di teatro e satira in diretta Facebook. C’è un gruppo di teatranti che si sta riunendo virtualmente per una maratona di lettura del Decameron che andrà avanti per dieci giorni, con lo scopo anche di richiedere un fondo speciale da destinarsi ai lavoratori dello spettacolo colpiti duramente da questa emergenza. Una regista milanese, Marianna Esposito, ha proposto agli spettatori di non chiedere il rimborso o lo spostamento dei biglietti per gli spettacoli saltati in questo periodo. Una richiesta di aiuto e un segnale, di nuovo, di responsabilità civile in cui tutti sono chiamati in causa, per proteggere le categorie più colpite.
Scrive la giornalista premio Pulitzer Anne Applebaum: “Le epidemie rivelano la verità sulle società che colpiscono. Anche se questo non è il peggior tipo di epidemia immaginabile, è un bene che stiamo imparando queste cose adesso”. Credo che il vero significato della frase “Milano non si ferma” vada annotato in questo. Non è tanto che si continua a lavorare e produrre, nonostante il virus. È che si può vedere la responsabilità civile in azione, grazie al virus. Ed è bella, proprio bella da vedere, dove c’è.