Una proposta di legge a tutela delle donne molestate sul lavoro

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«Si avvicinava nel retro del negozio, mi metteva le mani addosso, diceva cose sporche. Io gli chiedevo di smetterla, e allora lui mi disse: da domani, al lavoro, non ti presentare più».

«La mattina, prima di arrivare nei campi, il padrone si ferma al bar, compra il cornetto e il caffè, li porta in auto e li mette vicino al volante. Se tu li prendi, significa che vuoi andare con lui. Se invece ti compri la colazione da sola, lui capisce che non ci stai e il giorno dopo a lavorare non ti chiama più».

Si potrebbe andare avanti all’infinito con testimonianze come queste. Tutte uguali, alla fine, per dinamica e conclusioni. E allora lasciamo parlare i numeri: secondo l’Istat, in Italia una donna su due ha subito una qualche forma di molestia fisica o ricatto sessuale sul lavoro. Ma il dato che fa più impressione è un altro: l’81 per cento di loro non presenta denuncia. Continua a subire le attenzioni subdole del molestatore perché fa più paura quello che potrebbe accadere dopo: l’essere giudicate, il rischio di perdere quell’impiego costato fatica, la cui privazione le renderebbe ancora più fragili in una società dove lavora soltanto il 50 per cento delle donne. E quindi amen: stringono i denti nella speranza che il molestatore prima o poi la smetta.

Ma in situazioni drammatiche come queste non si può rimanere appese alla speranza. Bisogna che lo Stato intervenga con misure specifiche ed efficaci per perseguire penalmente i molestatori e garantire la protezione delle lavoratrici abbattendo il muro del silenzio.

A giugno 2019, l’International Labour Organization (ILO) ha approvato una Convenzione storica che definisce le molestie e le vessazioni – sia nei luoghi di lavoro sia laddove si svolgano attività collegate al lavoro – come violazione dei diritti umani, ed estende le tutele anche a chi non ha un contratto formale d’impiego (tirocinanti, volontarie, apprendiste, stagiste, eccetera). La Convenzione dispone una serie di raccomandazioni che ogni singolo Stato deve mettere in atto per combattere questo umiliante fenomeno dalle pesanti ricadute personali, sociali ed economiche. Ora spetta ai Paesi membri dell’Onu darsi da fare per ratificarla.

In Italia ci stiamo già muovendo. L’11 dicembre 2019, alla Camera dei deputati, è iniziato in commissione Esteri l’iter di una mia proposta di legge che ne prevede la ratifica. L’auspicio è quello di approvare quanto prima una Convenzione che rappresenta una vera pietra miliare per la tutela della dignità di chi lavora.